Mangiare sano

Cibo a km zero: cosa significa, benefici e come farlo davvero

La filiera corta per ridurre il proprio impatto ambientale e dare sostegno ai produttori locali

Mangiare ‘a km 0’ è più di uno slogan: è una scelta concreta per chi vuole dare valore alla trasparenza, ridurre l’impatto ambientale, sostenere i produttori locali e valorizzare la biodiversità. Ma cosa significa davvero cibo a km? Quali sono i vantaggi reali secondo la scienza? E come fare la spesa in modo pratico, usando GAS, mercati, piattaforme locali? Vi porto in un viaggio completo tra studi internazionali, esempi pratici e strumenti d’azione.

Cibo a km zero: cosa significa, benefici e come farlo davvero

Cos’è il cibo a km zero

Il cibo a filiera corta indica alimenti che percorrono un numero limitato di passaggi (raccolta, confezionamento, distribuzione locale) tra produttore e consumatore. Non esiste una definizione legale unica in tutti i Paesi, ma in genere implica:

  • Distanza geografica ridotta: in genere entro 50-100 km, ma dipende dal contesto
  • Riduzione degli intermediari: meno passaggi, meno costi aggiuntivi
  • Trasparenza dei processi: dal produttore visibile, alla tracciabilità
  • Non è sinonimo di cibo biologico per forza: spesso le due pratiche si combinano

Vantaggi del cibo a filiera corta: evidenze scientifiche

Ci sono evidenti benefici nell’acquistare alimenti che sono prodotti a corto raggio.

Ambiente & emissioni

Uno studio comparativo ha stimato che il trasporto su lunghe distanze (food miles) può contribuire da 10% fino al 50% delle emissioni totali in alcune filiere, specialmente se il trasporto è via aereo. Alimentazione locale riduce queste “miglia alimentari”. (J. Clean. Prod., “Food-Miles” Studies, vari anni)

Freschezza e valori nutrizionali

Alcune ricerche mostrano che la perdita di nutrienti (vitamine, antiossidanti) accelerata dopo la raccolta può essere limitata con tempi brevi tra raccolta e consumo. Più il cibo è locale e venduto rapidamente, meno i nutrienti si degradano.

Economico & sociale

A livello economico, tutti ci guadagnano, sia il produttore locale, che la distribuzione, che il cliente finale:

  • Taglio dei costi di imballaggio, trasporto e stoccaggio per il consumatore.
  • Destinazione maggiore del prezzo al produttore locale (minor margine agli intermediari).
  • Valorizzazione del territorio, sviluppo rurale, identità locale.
  • Incentivo alla biodiversità e varietà locale (varietà antiche meno industriali).

Limiti e considerazioni critiche

Per alcuni prodotti fuori stagione nell’area di prossimità, la produzione locale può essere meno efficiente energeticamente perché va fatta un coltivazione in serra.

Occorre che il modello sia scalabile e ben organizzato per non risultare elitario. Il trasporto locale può essere fatto con mezzi inefficienti; serve ottimizzazione logistica.

Dove trovare il cibo a filiera corta

Per acquistare a km 0 si può andare presso:

  • Mercati contadini locali e mercati agricoli presenti in molte città, che hanno giornate dedicate
  • GAS – Gruppi di Acquisto Solidale: gruppi di cittadini che ordinano collettivamente da produttori vicini e dividono costi di consegna
  • Piattaforme online ortofrutta locali e cooperative digitali: consegne a domicilio da produttori vicini.
  • Fattorie che effettuano vendita diretta: in genere aderiscono a reti come Campagna Amica ed hanno un negozio in azienda o comunque dei punti di ritiro.
  • CSA (Community Supported Agriculture): abbonamenti stagionali a cassette di prodotti dal contadino locale.

Come organizzare la spesa locale

Ecco alcune strategie pratiche da applicare per fare la spesa di cibi a filiera corta:

  • Mappa i produttori locali nella tua zona (10-50 km)
  • Iscriviti a un GAS o piattaforma locale, confronta i prezzi e la qualità
  • Pre-ordine settimanale per ottimizzare consegne
  • Raggruppa acquisti in gruppo con vicini per dividere costi di trasporto
  • Alterna filiera corta e acquisti convenzionali per ciò che non è disponibile localmente
  • Supporta chi pratica trasparenza: visita il produttore, chiedi come coltiva, come raccoglie, come confeziona

Tabella sui benefici e caratteristiche del cibo a filiera corta

Un alimento a km zero può avere numerosi vantaggi, che elenchiamo in breve qui:

Aspetto Caratteristiche filiera corta / km 0 Benefici principali
Trasporto Distanza breve, meno passaggi intermedi ↓ emissioni, costi più bassi, maggiore freschezza
Freschezza / Nutrienti Raccolta vicino al momento di consumo Minore degradazione di vitamine e antiossidanti
Valore economico Intermediazione ridotta Quota maggiore al produttore locale
Trasparenza / tracciabilità Produttore vicino visibile, contatti diretti Conoscenza del metodo agricolo e fiducia
Sostenibilità ambientale Minore uso di imballaggi, logistica locale Riduzione rifiuti, promozione biodiversità
Resilienza locale Produzione locale variata, varietà antiche Autonomia alimentare e identità territoriale

Considerazioni sugli aspetti negativi della filiera corta

La globalizzazione ha profondamente modificato le nostre abitudini alimentari, così come le modalità di produzione e distribuzione del cibo. Lo sviluppo delle multinazionali alimentari, la progressiva concentrazione dei gruppi di distribuzione e la creazione di punti vendita di sempre maggior dimensione, hanno aumentato notevolmente l’import-export delle materie prime e dei prodotti finiti, accrescendo così le distanze dal produttore al consumatore.

Ma allora, in tema di cibo a Km 0, ma è tutta colpa della distribuzione?

Contro il modello della grande produzione e distribuzione, accusato di aumentare l’inquinamento e ridurre la genuinità e la convenienza dei prodotti, negli ultimi tempi stanno prendendo sempre più piede le varie forme di vendita diretta, volte a promuovere le produzioni locali, abbattendo così le distanze tra i campi e le tavole.

Il cibo a Km 0 (che logicamente non può mai esser realmente tale) propugna così un’idea affascinante, dove il produttore realizza maggiori guadagni saltando l’anello della distribuzione, il consumatore può degustare prodotti sani, freschi e di qualità a prezzi convenienti, mentre l’ambiente tira un sospiro di sollievo, grazie alle minori emissioni di CO2 dovute alla diminuzione dei trasporti legati ai prodotti alimentari.

Il riavvicinamento dell’agricoltore al cittadino all’insegna di un rapporto di  conoscenza e fiducia e la promozione della produzione agroalimentare locale sono aspetti sicuramente da non trascurare: se quindi la vendita diretta merita il massimo rispetto e non possiamo altro che augurarci una sua intensificazione anche negli anni a venire, vi sono però alcuni studi che mettono in dubbio alcuni vantaggi sbandierati dai suoi stessi sostenitori, primo su tutti la reale riduzione dell’inquinamento.

Ma l’equazione cibo a Km 0 =prodotto a basso impatto ambientale risulta semplicistica. Vediamo i suoi limiti.

  • Impatto legato al trasporto degli alimenti: tra tutti i prodotti alimentari, solo i prodotti alla base della piramide alimentare, quelli cioè che provengono da una certa distanza, hanno hanno dei costi di trasporto rilevanti ai fini dell’impatto economico e sull’emissioni di CO2
  • Emissioni di CO2 del trasporto molto più basse di quelle delle produzione : quelle relative alla fase di trasporto si sono dimostrate sempre molto basse rispetto a quelle legate alla fase di produzione, fatta eccezione per la frutta, dove un trasporto per lunghe distanze (5-10.000 Km) può comportare un impatto veramente rilevante sul totale.
  • Quantità di merce trasportata abbatte i costi e le emissioni: se è alta, ad esempio nel caso dei camion di per sé altamente inquinanti, l’impatto per Kg di prodotto è comunque piuttosto limitato.
  • Produzioni a Km 0 veramente hanno un minor impatto ambientale rispetto a quelle tradizionali: può accadere che siano più efficienti nella fase di produzione delle materie prime e di processo.
  • Reddito agricoltori sulla produzione, non sulla vendita diretta: anche se la vendita diretta si è ritagliata da tempo uno spazio prezioso (6-8% delle vendite totali), è pur sempre vero che il reddito degli agricoltori si basa prevalentemente sulla restante quota, superiore al 90%.

Anche il Ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura britannico (DEFRA) ha recentemente stilato un rapporto al fine di verificare l’utilità del cibo Km 0 come indice di sostenibilità ambientale, rilevando che il solo parametro della distanza percorsa dai prodotti alimentari non può essere attendibile per stimare l’impatto ambientale totale. Questo anche per il semplice fatto che quasi la metà del chilometraggio percorso va attribuita proprio al compratore.

L’integrazione tra le diverse culture alimentari può esser quindi considerata anche come una ricchezza e non è detto che debba risolversi sempre in un danno per la nostra salute, le nostre tasche e l’ambiente. Al di là dell’importanza della filiera corta, la nostra sicurezza alimentare passa attraverso la reale conoscenza dei produttori, seppur lontani, e la necessaria verifica della trasparenza nei vari anelli della filiera stessa.

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Ultimo aggiornamento il 25 Settembre 2025 da Rossella Vignoli

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