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L’impianto di compostaggio più grande d’Europa non parte perché vicino ad area protetta

Uno dei tanti paradossi del nostro Paese giace sulla statale 96 che collega Bari a Matera, nella zona di Grumo. Trattasi di uno dei più grandi impianti di compostaggio d’Europa, però fermo. Motivo? E’ stato realizzato di fianco (praticamente ne è adiacente) al Parco nazionale dell’Alta Murgia, un’area protetta, oltre che vicino ad una polveriera, ad una linea ferroviaria e ad altri siti sottoposti a vincoli ambientali.

L’impianto di compostaggio più grande d’Europa non parte perché vicino ad area protetta

Eppure, è in grado di  trasformare 438 tonnellate al giorno di scarti organici, come il cibo, in fertilizzanti e compost. Ed invece, viene utilizzato come un mega capannone vuoto della Prometeo 2000, società satellite di un’altra azienda che opera in questo settore: la Tersan, della famiglia Delle Foglie. Non a caso, gli abitanti della zona ne hanno sempre contestato la realizzazione.

L’impianto di compostaggio viene tenuto fermo giacché, se attivato, farebbe fuoriuscire cattivi odori che svaluterebbero i terreni. Dunque, di conseguenza, i prodotti lì coltivati. Si pensi a quelli del comparto slow food e Dop, come la mandorla Filippo Cea di Toritto e l’olio. L’associazione formatasi contro di esso, denuncia poi anche problemi al turismo per i borghi limitrofi.

Ma come è stato possibile realizzare un impianto di queste dimensioni? La sua storia ha inizio alla fine degli anni ’90 e ce la racconta Il Fatto quotidiano. A quell’epoca la famiglia Delle Foglie inoltra le richieste per costruire l’impianto di compostaggio su un terreno di loro proprietà. Nel giro di poco tempo, la Regione Puglia fornisce la prima valutazione di impatto ambientale positiva e la Provincia di Bari dà il suo consenso. Ad agosto 2001, i proprietari chiedono una nuova variante in corso d’opera per l’accorpamento dei volumi edificati. Poi scartoffie e contro scartoffie, atti che non si trovano, responsabilità difficili da individuare.

Secondo gli esponenti del comitato Alta murgia “per legge la valutazione di impatto ambientale deve essere reiterata e deve riguardare l’intero impianto”. La parola finale spetta alla Regione Puglia, che, ufficialmente, sta “completando l’istruttoria e raccogliendo i pareri” come riferisce un dirigente del dipartimento ecologia. Risultato finale: i lavori per la variazione dell’impianto sono fermi e così l’impianto stesso. Nell’ottobre 2004, il gip del Tribunale di Bari pone sotto sequestro preventivo l’impianto, con l’accusa di abusivismo edilizio, oltre alla violazione di norme ambientali e urbanistiche. Tutti gli imputati vengono assolti nel 2014, quando la Corte d’appello di Bari annulla la confisca. A dicembre dello stesso anno il consiglio di Stato respinge infine il ricorso del comune di Grumo.

Lo scorso febbraio qualcosa ha mosso le acque. La Prometeo ha inoltrato nuove richieste alla Regione per apportare delle modifiche, che consentirebbero di ridurre l’impatto ambientale, dal cattivo odore ai rumori. Alcune opere saranno atte al trattamento delle acque reflue e meteoriche, altre al processo depurativo dell’aria. Il progetto prevede l’installazione di vasche, tettoie e scrubber, ossia torri di lavaggio da collegare ai biofiltri già esistenti.

I dubbi però restano e riguardano soprattutto il rischio che in questo mega-impianto non ci finiscano solo rifiuti organici. In un’interrogazione regionale, il M5S allude ad acque reflue sia urbane che industriali, agli scarti dei processi termici e a quelli dell’industria tessile e conciaria, tra cui i fanghi con cromo. Altro rischio, poi, è che nella struttura ci finiranno pure rifiuti provenienti da altre regioni. Anche il comitato Alta Murgia si domanda se la struttura sarà abilitata al trattamento del compost o una stabilizzazione pre-discarica dei rifiuti.

Un ridimensionamento dell’impianto potrebbe comportare problemi al trattamento dei rifiuti organici, per il quale la Puglia è autosufficiente. Dal canto suo, Leonardo Delle Foglie, amministratore unico della Prometeo, garantisce che la sua società produca ”fertilizzante utile agli agricoltori perché ricco di sostanza organica”; e che si ponga ”al servizio dei cittadini per la chiusura del ciclo dei rifiuti, come previsto dalle norme comunitarie”.

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Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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