Nasce la prima biblioteca dei ghiacci
Una “biblioteca dei ghiacci” per documentare uno dei capitoli più importanti della storia della Terra: un modo per raccontare il riscaldamento globale alle generazioni future, quando questi ghiacciai non esisteranno più.
I ghiacci sono costantemente minacciati dal riscaldamento globale. E c’è chi ha ben pensato di iscriverli in un archivio, una sorta di prima biblioteca dei ghiacci di respiro mondiale. E’ quanto ha in mente di fare una équipe internazionale di glaciologi e ingegneri francesi, italiani, russi e americani. La quale inizierà la sua iniziativa il 15 agosto proseguendola fino ad inizio di settembre, scegliendo come prima meta proprio l’Italia: il Col du Dôme, 4.300m sul Monte Bianco.
Gli esploratori cominceranno con estrarre tre carote di ghiaccio di 130 metri ciascuna, per poi trasportarle con l’elicottero fino a Grenoble, al Laboratorio di glaciologia e geofisica dell’ambiente (Lgge) dell’Università di Grenoble Alpes e del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica, Il tutto, ovviamente, garantendo una rigorosa catena del freddo.
La prima carota sarà analizzata nel 2019 per costituire una base dati a disposizione di tutta la comunità scientifica mondiale. Le altre due carote saranno portate sugli altipiani antartici nel 2020, per essere conservate a -54°C nella base Concordia gestita dall’Istituto polare francese “Paul Emile Victor” e dal suo partner italiano, il Programma Nazionale Ricerche in Antartide (Pnra).
Qui resteranno per secoli, diventando di fatto un patrimonio inestimabile per la scienza. Infatti, tramite esse, sarà possibile comprendere l’evoluzione ambientale locale. Tale progetto ha avuto anche il beneplacito di Jean Jouzel, climatologo, vicepresidente della commissione scientifica del Giec dal 2002 al 2015, Premio Nobel per la Pace 2007.
L’anno prossimo l’equipe partirà alla volta della Bolivia, dove il ghiaccio sarà estratto sulle Ande. Il cosiddetto ghiaccio Illimani. Negli anni tanti altri saranno i Paesi interessati al progetto: Germania, Austria, Svizzera, Brasile, Stati Uniti, Russia, Cina, Nepal, Canada. I ricercatori vogliono così preservare per sempre ghiacciai quasi sicuramente destinati alla sparizione, dato che la temperatura sta aumentando. Ad esempio, sulle Ande boliviane è salita di 1,5/2 gradi.
Carlo Barbante, promotore italiano del progetto, esprime così la responsabilità della sua generazione di scienziati, essendo “testimone del riscaldamento globale, ha una grande responsabilità verso le generazioni future. Per questo – prosegue – doneremo campioni di ghiaccio provenienti dai più fragili ghiacciai alla comunità scientifica dei decenni e dei secoli a venire, quando questi ghiacciai saranno scomparsi o avranno perso la qualità dei loro archivi”.
Il progetto contribuisce altresì anche al Programma Idrologico Internazionale dell’Unesco, nel quadro del Programma Internazionale d’Idrologia Ihpviii (2014-2021), dedicato ai cambiamenti delle nevi, dei ghiacciai, dell’acqua e delle risorse idriche. E’ stato possibile realizzarlo grazie a donatori privati, come: la Fondazione Alberto II di Monaco, la società Findus France, Claude Lorius, glaciologo francese pioniere delle perforazioni glaciali, la società Petzl, Aku e la società Pressario.
Infine, al progetto sarà dedicato anche un lungometraggio: “La glace et le ciel”, per opera del regista francese Luc Jacquet, già premio Oscar per il bellissimo “La marcia dei Pinguini”. Del resto, Jacquet è biologo prima ancora che regista.
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Ultimo aggiornamento il 29 Gennaio 2024 da Rossella Vignoli