Arriva l’ora solare e ogni autunno, nella notte dell’ultimo weekend di ottobre, le lancette dei nostri orologi devono essere spostate indietro e fino alla primavera segneranno un’ora in meno.
Il ritorno dopo l’ora legale, in Italia in vigore da marzo, a quella all’ora convenzionale segna ufficialmente la fine dell’autunno e l’inizio della stagione invernale.
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Si chiama così perché in alcuni Paesi coincide con il fuso orario, come in Italia, ma è anche detta ‘ora civile convenzionale’. Il suo ripristino in Europa è nell’ultimo fine settimana di ottobre, mentre negli Stati Uniti è fissato per il primo fine settimana di novembre.
Il motivo di queste ‘forzature’ delle leggi astronomiche è ormai noto a tutti: recuperare un’ora di preziosissima luce (e calore) per risparmiare energia.
Ma siamo sicuri che tutto questo equivalga a un reale risparmio? E quali sono gli effetti negativi indotti da questo astuto ‘accorgimento’? Esperti ed opinione pubblica sono decisamente divisi su questo argomento.
Come avviene per l’ora legale, in questo caso si seguono le stesse convenzioni stabilite per tutti i Paesi europei, con un décalage legato ai vari fusi orari.
L’ora di riferimento è sempre l’1 di notte del meridiano di Greenwich, un orario che impatta il meno possibile sulle attività quotidiane e sui trasporti (pensate cosa succederebbe all’orario dei treni in pieno cambio di ora!), per cui:
Si guadagnerà così un’ora di sonno!
Un articolo comparso sulla rivista scientifica americana National Geographic esponeva i risultati di alcuni studi condotti negli USA da ambientalisti ed economisti dell’Università di Washington secondo i quali l’ora di luce recuperata a sera veniva praticamente annullata da un consumo maggiore di energia durante le prime ore del mattino quando l’illuminazione naturale è più scarsa.
Molto diversa la posizione dell’analista del Dipartimento di Energia degli Stati Uniti che, dopo un’indagine condotta su 67 aziende del Paese per un periodo di 4 settimane, decretò che la variazione dell’ora aveva permesso di risparmiare lo 0,5% di energia giornaliera nazionale, per un totale di 1.300 miliardi di watt/ora.
Al di là delle posizioni contrapposte e dei dati scientifici raccolti dagli esperti, l’alternanza dell’ora legale a quella solare ha degli effetti negativi, oggettivi e inconfutabili, sulla vita umana.
Il più evidente è quello sulla vita rurale, vale a dire sull’attività di tutti coloro che lavorano in ambienti naturali dove l’applicazione forzata di un orario diverso da quello ‘astronomico’ comporta effettivamente delle difficoltà pratiche non indifferenti.
E se i cicli biologici della vita nei campi continuano ad essere gli stessi (si munge, zappa, irriga sempre alla stessa ora) l’organizzazione pratica delle attività al di fuori della azienda devono essere riprogrammati con tutte le difficoltà del caso.
Ci sarebbe poi un problema sanitario, determinato da tutti i disturbi psico-fisici derivanti dalla perdita di sonno, dalla variazione delle abitudini alimentari e dalla relativa ‘asincronia’ che si crea tra i ritmi biologici dell’organismo – che non avverte la necessità di attuare cambiamenti per via di una variazione astronomica che non c’è – e quelli della realtà circostante.
Ma anche su questo fronte gli esperti si dividono, nonostante molti di noi abbiamo già ‘sperimentato’ sulla propria pelle i piccoli (o grandi?) disturbi indotti da questa sorta di effetto jet-lag.
Insomma, che corrisponda o no ad un reale risparmio economico per le casse dello Stato, molti continuano a considerare l’applicazione dell’ora legale un espediente furbesco per forzare i cittadini a cambiare abitudini di vita.
E voi? Cosa ne pensate?
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