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Cinghiali radioattivi in Piemonte: ma ci sono veramente?

Prima l’allarme, poi le frettolose smentite seguite da uno strascico di polemiche, poi un nuovo allarme: la vicenda dei cinghiali radioattivi contaminati da tracce di ‘cesio 137’, dopo Vercelli arriva a Verbania, ed esattamente nella valle Vigezzo, dove alcuni ricercatori hanno isolato degli esemplari ‘radioattivi’ della stessa sostanza sprigionata dal reattore di Chernobyl in seguito alla sua esplosione.

Cinghiali radioattivi in Piemonte: ma ci sono veramente?

La storia inizia circa 2 mesi fa, quando alcuni animali sottoposti ad analisi presentavano valori ‘anomali’. I controlli sulle carcasse di esemplari morti (abbattuti dai cacciatori o coinvolti in incidenti stradali) sono stati effettuati dall’Asl locale che, allertata dagli altri casi di contaminazione segnalati nel territorio, ha inviato campioni biologici all’Istituto zooprofilattico di Torino per far luce sulla vicenda.

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Il risultato non  lascia spazio a nessun dubbio: in entrambi casi,  tutti i campioni hanno evidenziato tracce rilevanti di ‘cesio 137’.

Ma perché il pericoloso isotopo è presente nei tessuti dei cinghiali del nostro arco alpino e a distanza di 30 anni dall’incidente nucleare? Una domanda alla quale gli esperti non sanno ancora dare risposta, tanto più che nessun altra specie animale sembra essere contaminata da sostanze radioattive.

I cinghiali, si sa, sono abituati a scavare e grufolare, e forse il contatto con strati più profondi del terreno potrebbe spiegare la contaminazione.

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Ma c’è chi attribuisce ogni responsabilità ad alcuni allevamenti non autorizzati della zona (alcuni dei quali recentemente sequestrati) che utilizzano mangimi sospetti provenienti dall’est europeo per alimentare cinghiali che successivamente vengono liberati in aperta montagna a scopo venatorio.

Fatto stà che nell’attesa di conoscere l’origine del cesio rinvenuto negli animali, le autorità sanitarie locali si apprestano ad estendere i controlli anche in prodotti alimentari come latte e verdure.

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Nonostante questo, gli esperti rassicurano sul fatto che i livelli di contaminazione non sono affatto preoccupanti e, al momento, non costituiscono un pericolo per la salute umana.  Si resta dunque in attesa di ulteriori esami che, si spera, possano fornire risposte esaurienti e confortanti a questo nuovo, inquietante, fenomeno.

Erika Facciolla

Giornalista pubblicista e web editor free lance. Nata nel 1980, si trasferisce a Bologna dove si laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 è pubblicista e cura una serie di collaborazioni con redazioni locali, uffici stampa e agenzie editoriali. Nel 2011 approda alla redazione di tuttogreen.it per occuparsi di bellezza e cosmetica naturale, fonti rinnovabili e medicine dolci.

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