La CO2 imprigionata nell’Artico potrebbe uscire a causa del riscaldamento globale
I 44 miliardi di tonnellate di azoto e gli 850 miliardi di tonnellate di carbonio immagazzinati nel permafrost artico potrebbero essere rilasciati nell’ambiente a causa del surriscaldamento globale.
Ecco quanto sostiene il nuovo studio condotto dal US Geological Survey. Per intenderci, la quantità di azoto e di carbonio imprigionata al di sotto dei terreni ghiacciati dell’Artico è pari alla quantità attuale di carbonio presente nell’atmosfera.
Secondo gli scienziati dell’USGS e secondo i loro collaboratori nazionali e internazionali, il rilascio di carbonio e azoto dal permafrost potrebbe aggravare il fenomeno del riscaldamento e avere un impatto grave sugli ecosistemi marini e terrestri.
“Questo studio quantifica l’impatto sulla Terra dei due cicli chimici più importanti, quello del carbonio e dell’azoto, dallo scioglimento del permafrost agli scenari futuri del riscaldamento climatico” ha dichiarato Marcia McNutt, direttrice dell’USGS. “Se il permafrost polare può sembrare distante e scollegato dalle attività quotidiane della maggior parte di noi, il suo potenziale di alterare l’abitabilità del pianeta, se destabilizzato, è molto reale“.
FOCUS: Scioglimento Polo Nord: gli esperti sono preoccupati
Per generare le stime, gli scienziati hanno studiato come una delle tipologie di terreni contenenti il permafrost, noti come Gelisol, si sciolgano in scenari climatici diversi. Essi hanno scoperto che tutte i Gelisol non sono uguali: alcuni hanno composizioni a base molto torbosa e sono perciò ricchi di materia organica in decomposizione che brucia facilmente – e questi, pertanto, una volta decongelati, rilascerebbero azoto nell’ecosistema e nell’atmosfera. Altri Gelisol sono composti da materiali molto nutrienti – e anche questi rilascerebbero azoto nell’ecosistema.
Tutti i Gelisol, come risultato del loro scioglimento, libererebbero anidride carbonica e probabilmente metano nell’atmosfera e questi gas contribuirebbero al riscaldamento globale: ciò che è stato congelato per migliaia di anni nel sottosuolo entrerebbe nei nostri ecosistemi e nell’atmosfera come un nuovo elemento, alterando equilibri già precari.
“La comunità scientifica, occupandosi di questo fenomeno, ha fornito dati utili a livello internazionale per poter programmare interventi intergovernativi efficaci contro i cambiamenti climatici” ha dichiarato infine Jennifer Harden, scienziata dell’USGS.
Non ne parla nessuno, ma questa potrebbe essere la vera, grande crisi ambientale che si troverà a fronteggiare l’umanità nei prossimi decenni.
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Ultimo aggiornamento il 24 Marzo 2024 da Rossella Vignoli