L’Italia esporta tonnellate di rifiuti perché non sa riciclarli
Tra i tanti paradossi che funestano il nostro Paese, non può mancare uno riguardante la ancora farraginosa gestione dei rifiuti italiana. Infatti, se è vero che da un lato il nostro Paese importa quasi 6 milioni di tonnellate dagli altri paesi europei, dall’altro ne esporta quasi 4. Cerchiamo di capirne di più su questro fenomeno apparentemente contraddittorio.
Quanto a quelli importati, il fenomeno riguarda soprattutto il Nord, in particolare rottami ferrosi (77% del totale) e legni (11%), scartati dai tedeschi in primis. Quanto ai secondi, li esportiamo da tutta la Penisola in Europa ma anche verso l’Asia. Inoltre, tra il 2009 e il 2014 i rifiuti importati sono aumentati del 60%. Ma qual è il motivo di questa duplice e opposta direzione?
I rifiuti metallici presi dall’estero sono infatti utilizzati per ovviare alla mancanza di materie prime nel nostro paese, appannaggio dell’industria siderurgica italiana. Tra i principali vantaggi di questa corposa importazione c’è il fatto che comporta un risparmio non indifferente di energia. E quindi una diminuzione delle emissioni di CO2. La contraddizione però sta nel fatto che importiamo una quota di 450mila tonnellate di rifiuti del tutto equivalenti, per volume e tipologia, a quelli che esportiamo all’estero.
FOCUS: Come fare la raccolta differenziata in casa dei rifiuti
Allora perché non tenere quelli che produciamo in casa? Semplice. Perché nel nostro Paese mancano impianti adeguati per il trattamento di quelli non metallici e pericolosi.
E’ quanto emerge dallo studio annuale «L’Italia del Riciclo», promosso e realizzato da «Fise Unire» (l’associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Così, un terzo dei rifiuti che mandiamo all’estero non è destinato al recupero, mentre solo un quarto del totale, all’incirca, è formato da materiali riciclabili come plastica e carta. Infine, il 60% ha un’alta incidenza di materiali pericolosi
Comunque a parte ciò, in generale, il riciclo dei rifiuti nel nostro Paese funziona molto bene. C’è stato ad esempio nell’ultimo anno un sostanzioso aumento del 9,5% della quantità di frazione organica raccolta in modo differenziato. Per quanto concerne il riciclo degli pneumatici e dei rifiuti tessili, sono entrambi aumentati del 12% dal 2013 al 2014.
Sebbene ci siano ancora 4mila cassonetti per la raccolta non autorizzati. Il tasso di reimpiego e riciclo dei veicoli fuori uso, poi, si avvicina agli obiettivi europei e raggiunge l’80,3% (mentre il recupero energetico manca l’obiettivo). Gli olii e grassi vegetali e animali esausti raccolti e avviati a riciclo sono aumentati del 14%. Cresce anche la raccolta di apparecchiature elettriche ed elettroniche (+3%).
Infine, buone notizie giungono dal riciclo degli imballaggi e dei rifiuti urbani. Quanto ai primi, con 7,8 milioni di tonnellate trattati nel 2014 (+2% rispetto all’anno precedente) si è arrivati al 66% di materiali riciclati sul totale. Per quelli in carta all’80%, alluminio e acciaio al 74%. Dei 29,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che abbiamo prodotto nel 2013, secondo l’Ispra, ne è stato avviato al riciclo circa il 42%.
Insomma, forse non siamo messi così male. Anzi. Dovremmo comunque superare il paradosso di cui sopra.
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