Ambiente

Tra i mestieri a rischio anche l’ambientalista!

Circa 700 morti in 10 anni fanno dell'attività una delle più pericolose

In molti Paesi, specie nel Sud America, tra i mestieri a rischio anche l’ambientalista: chi s’impegna nella salvaguardia delle risorse naturali rischia seriamente la vita. Secondo l’organizzazione Global Witness si tratterebbe addirittura di 1 morto a settimana, con 711 casi nell’ultimo decennio.

Tra i mestieri a rischio anche l’ambientalista!

Tra i mestieri a rischio anche l’ambientalista

Se c’è un mestiere pericoloso, è quello di ambientalista. Nel solo 2014 sono state uccise ben 116 persone che cercavano di difendere la loro terra o proteggere l’ambiente dagli interessi di chi vuole sfruttare le risorse naturali in maniera indiscriminata.

Ma, purtroppo, negli ultimi 20 anni, numerosi ambientalisti hanno perso la vita a causa della loro attività di difesa dell’ambiente. È importante ricordare che ottenere dati precisi e completi su questo tema è difficile per diversi motivi:

  • Difficoltà di attribuzione: non sempre è facile stabilire con certezza se un omicidio sia direttamente collegato all’attivismo ambientale della vittima
  • Sottostima del fenomeno: in molti casi, soprattutto in aree remote o con governi poco trasparenti, potrebbero non essere documentati o venire insabbiati
  • Definizione di ambientalista: la definizione stessa di ambientalista può essere ampia e includere persone impegnate in diverse attività, dalla difesa delle foreste alla lotta contro l’inquinamento, rendendo la raccolta dati più complessa

Organizzazioni come Global Witness, Amnesty International e Human Rights Watch monitorano e documentano questi casi. I loro report mostrano che i paesi più colpiti sono spesso quelli con risorse naturali preziose, dove gli interessi economici si scontrano con la protezione dell’ambiente.

Per ottenere informazioni più dettagliate e aggiornate, consiglio di consultare i report pubblicati dalle organizzazioni menzionate sopra. Questi report spesso includono i nomi delle vittime, le circostanze della loro morte e il contesto in cui operavano. Ricordare e onorare il sacrificio di questi attivisti è fondamentale per continuare la lotta per la protezione del nostro pianeta.

Le organizzazioni hanno posto tali dati anche all’attenzione dei leader mondiali nei diversi vertici sull’ambiente, chiedendo loro misure per contrastare crimini che spesso coinvolgono funzionari pubblici e grandi gruppi multinazionali.

Sud America il posto più pericoloso per gli ambientalisti

Gli indigeni sono tra quelli più in pericolo mentre l’Honduras risulta la nazione più pericolosa per chi fa attivismo ambientale. I rischi del mestiere di attivista ambientalista sono dunque elevati. I risultati-shock del report, chiamato non a caso Deadly Environment, elaborato dalla ong Global Witness per il 2014, esamina la situazione da diversi anni.

E se questo fenomeno è purtroppo in crescita esponenziale, il luogo più pericoloso resta il Sud America.

Inoltre, i numeri potrebbero tuttavia essere al ribasso, poiché mancano a livello internazionale informazioni sistematiche sul fenomeno.

Tra i Paesi più a rischio figurano dunque quelli del Sud America:

  • Brasile: in particolare nella regione amazzonica, dove gli attivisti che difendono la foresta pluviale sono spesso vittime di violenza da parte di allevatori, minatori e trafficanti di legname.
  • Filippine: anche qui, la difesa delle risorse naturali e il contrasto allo sfruttamento minerario sono attività ad alto rischio.
  • Colombia: gli ambientalisti che si oppongono alle colture illecite e al traffico di droga sono spesso minacciati e uccisi.
  • Honduras: la difesa dei diritti delle comunità indigene e la protezione delle risorse idriche sono spesso causa di conflitti violenti.
  • Messico: gli attivisti che lottano contro la deforestazione e l’inquinamento sono spesso vittime di intimidazioni e aggressioni.

I dati devono essere ben interpretati. Se è vero che il maggior numero di omicidi è stato commesso in Brasile (con oltre la metà dei delitti), Perù e Colombia, è altrettanto vero che questi sono i Paesi dove maggiore è la trasparenza e dove i gruppi per i diritti civili, la stampa e le organizzazioni religiose trovano minori ostacoli nel loro lavoro di denuncia.

I motivi del rischio degli ambientalisti

Secondo un rapporto ONU del 2007, quello degli attivisti ambientali sono il secondo gruppo più vulnerabile tra i difensori di diritti umani, dopo quelli in favore dei diritti delle donne. Il loro numero è triplicato tra il 2007 ed il 2011.

Gli attivisti ambientali, come detto, trovano la duplice difficoltà di trovarsi in aree povere e in condizioni sociali marginali da un lato e di dover contrastare potentati molto più forti dall’altro. Questi ultimi ingaggiano facilmente cecchini e persecutori per sopprimerli. Auguriamoci che le loro istanze trovino maggiore vita facile.

Pertanto registrare il numero di omicidi è più facile rispetto ad altri paesi nei quali le comunità o i testimoni sono vittime di intimidazioni, violenze ed espropri forzati che li scoraggiano dal parlare. In altri casi ancora i crimini sono perpetrati in posti dove la l’informazione è più controllata, come nel Laos, in Cambogia o in Cina.

Altra nemica delle statistiche è l’impunità. Come nelle Filippine dove lo scorso novembre fu colpito il missionario italiano padre Fausto Tentorio, che probabilmente aveva ricevuto informazioni scottanti o aveva toccato interessi economici di grossi imprenditori e potentati locali. E nel solo mese di maggio di quest’anno sono stati 4 gli attivisti filippini uccisi.

Infine, giusto ricordare alcuni omicidi eccellenti, tutti rimasti impuniti. Quello di ChutWutty, un’attivista cambogiano ucciso dalle forze di sicurezza mentre svolgeva ricerche sui contrabbandieri di legname e sugli espropri forzati, il cui caso fu aperto e chiuso dalla polizia inappena 3 giorni.

Nisio Gomes, leader di una comunità indigena nello stato brasiliano del MatoGrosso do Su, freddato nel novembre dello scorso anno da un’incursione di 40 uomini armati nelsuo villaggio. Si trattò probabilmente di sicari di grandi latifondisti che sfruttano le terre considerate ancestrali dalle comunità locali. Fecero inoltre scalpore gli omicidi di José Cláudio Ribeiro da Silva e Maria do Espirito Santo, figure di spicco tra gli attivisti per la salvaguardia dell’Amazzonia.

E noi che credevamo che i mestieri pericolosi fossero altri!

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Ultimo aggiornamento il 26 Novembre 2024 da Rossella Vignoli

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Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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