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Commercio illegale di animali esotici: a che punto siamo?

La situazione è critica e i risultati non promettono bene. La savana africana sta iniziando a sentire tutto il peso dello sfruttamento che ha dovuto subire negli ultimi quindici anni, nonostante divieti locali e appelli internazionali, e si sta svuotando. Ma in pericolo, non ci sono soltanto i Big Five, ovvero i cinque animali simbolo del continente africano, bensì anche altre specie, meno conosciute, che risentono del bracconaggio e del commercio illegale dei loro prodotti, spesso a scopi, oltretutto, frivoli.

Commercio illegale di animali esotici: a che punto siamo?

Afferma Davide Bomben, Presidente di AIEA, l’Associazione Italiana Esperti d’Africa: “Sapete quanti rinoceronti sono rimasti in Uganda? Soltanto sei. Solo in Sudafrica, dove vive l’80% degli esemplari censiti, l’anno scorso ne sono morti più di 1.000 e nel 2012 quasi 700“. Di questo passo non avremo più un rinoceronte.

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A guadagnarci sono ovviamente i bracconieri, che possono arrivare a ottenere da 500 a 2.000 dollari per un corno. Stesso discorso per gli elefanti. La moratoria internazionale che è in vigore da 15 anni non ha sortito nessun effetto: oggi, sono 15.000 gli elefanti che vengono abbattuti ogni anno per un calo di ben il 60% degli esemplari!

E sono proprio gli elefanti i principali protagonisti del traffico clandestino di corni, il cui avorio viene usato per gli scopi più disparati e neanche tanto raffinati; per cimeli religiosi, per la medicina tradizionale e come sostanza per tagliare la coca.

Dal Kenya al Monzabico e fino al di fuori dal confinente africano, in Malesia, il traffico clandestino di parti di animali selvatici, non si arresta; e in pericolo ci sono anche leopardi, ghepardi e tigri, per le loro zampe e le loro pelli. E spesso il commercio clandestino ha a che fare con i desideri opulenti degli Occidentali.

La Etis (Elephant Trade Information System) dichiara che solo nel 2013, il business illegale di corni d’elefante è cresciuto di ben il 20%!

Senegal, Benin, Niger, Nigeria e Burkina Faso invece, sono le cinque regioni a soffrire dell’abbattimento dei leoni; ne sarebbero infatti rimasti soltanto 400. In Tanzania e Kenya in particolare, fanno uso di unghie e zampe da vendere al mercato nero della Cina, presso cui si guadagna fino a 180 dollari al litro per una bevanda-viagra.

Fortunatamente però, non è tutto marcio.

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In regioni come il Botswana o la Namibia, salvaguardare gli animali è diventato parte del programma politico della regione; tant’è che in Sudafrica, che confina con luoghi di bracconieri e trafficanti, si stava pensando di porre in atto una migrazione forzata di alcuni esemplari presso Stati più piccoli, o addirittura fino all’Australia.

Alcuni studiosi hanno suggerito di privatizzare la salvaguardia degli animali, un po’ come si fa con la prostituzione: sensibilizzare i cittadini locali significa punire i cacciatori illegali; creare una Borsa Valori per zanne, zampe e corni favorirebbe le denunce, un po’ come accadeva nel vecchio West con la taglia che prevedeva la ricompensa. Ciò dovrebbe far precipitare il prezzo delle materie primericavate dagli animali, in modo da disincentivare i comportamenti criminali. In fin dei conti è semplice, ed è un metodo che si potrebbe utilizzare anche per i canili e i gattili, e lo smantellamento di circhi e zoo in favore di aree effettivamente protette e vantaggiose per gli animali.

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Forse non ci pensiamo abbastanza spesso, ma ogni essere vivente su questa Terra ci è necessario. Ci viene facile pensare di salvaguardare le piante perché ci forniscono l’ossigeno di cui abbiamo bisogno per respirare, ma senza animali la catena alimentare subirebbe gravi conseguenze, che si rifletterebbe anche sulle piante, e su di noi.

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La Ica

Web editor freelance per portali e siti che si occupano di viaggi, lifestyle, moda e tecnologia. Districatrice di parole verdi per TuttoGreen dal maggio 2012, nello stesso anno ha dattiloscritto anche per ScreenWeek. Oggi, pontifica su Il Ruggito della Moda, scribacchia di cinema su La Vie En Lumière, tiene traccia delle sue trasvolate artistiche su she)art. e crea Le Maglie di Tea, una linea di magliette ecologiche.

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