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Viaggiare in Islanda con uno skateboard: due ragazzi si raccontano

Una longboard (uno skateboard con tavola più lunga, ruote più grandi e truck  -parte meccanica che fa da raccordo tra ruote e tavola-  più flessibili, facilitando l’esecuzione di curve) sotto ai piedi, una tenda e poco altro sulle spalle e via, alla scoperta dell’Islanda.

Viaggiare in Islanda con uno skateboard: due ragazzi si raccontano

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Questo è il viaggio compiuto da Ottavio Calabrese e Matteo Cappa, insegnanti di snowboard a Champoluc, in Valle d’Aosta, e turisti non convenzionali in Islanda per un mese. 1400 sono i km che i due hanno percorso lo scorso giugno, con una media di 60 km al giorno (“Ma spesso la pioggia e il vento ci hanno costretto a rallentare parecchio“), dormendo in tenda o trovando occasionalmente ospitalità presso gli abitanti locali.

Un’avventura decisamente più impegnativa, quindi, di quella affrontata da Ottavio due anni prima, quando la sua meta estiva è stata la più e popolata e climaticamente accogliente San Sebastian.

Siamo sempre stati accolti con calore, solo in un’occasione ci hanno mandato via in malo modo, ma in generale abbiamo sempre incontrato persone estremamente ospitali“, racconta Matteo, sottolineando come l’aspetto umano sia tra quelli più preziosi di questo viaggio.

L’aspetto più divertente è stato l’essere accolti come delle vere e proprie star: l’Islanda è davvero piccola e non è esagerato dire che si conoscono tutti: in pochi giorni la notizia del nostro viaggio si era già sparsa per tutta l’isola e spesso ci chiedevano di fare foto insieme, oppure di vedere le foto che abbiamo scattato nei giorni precedenti. Spesso negli scatti le persone riconoscevano amici e parenti della cittadina vicina. Anche i turisti ci fermavano per fare delle foto e conoscere i due pazzi in tour in longboard, offrendo cibo e passaggi: il primo era sempre ben accetto, per il secondo, invece, abbiamo preferito portare a termine il viaggio sulle tavole sulle quali lo abbiamo cominciato“.

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Anche se, in realtà, i due viaggiatori hanno avuto un piccolo aiuto che ha facilitato la loro accoglienza: “Proprio un paio di giorni dopo l’inizio del nostro viaggio, abbiamo incontrato un giornalista locale che ha raccontato la nostra storia in un lungo articolo; una guida turistica, quando ci ha incontrati, ci ha dato una copia del giornale, quindi è stato facile far capire chi eravamo ed essere ben accolti“, racconta Ottavio.

Questo viaggio ci ha lasciato molte esperienze positive, ma anche una profonda malinconia. Malinconia del nulla, dello spazio e del silenzio: se qui ti affacci vedi campi, case, cascine – spiega Ottavio, indicando le colline del Monferrato che si dispiegano di fronte ai nostri occhi durante l’intervista – mentre là, sulle montagne, per chilometri e chilometri non c’era nulla“.

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Anche ciò di cui i due hanno sentito fortemente la mancanza, e che li ha riaccolti al loro ritorno, è altrettanto semplice e dimostra come sono le piccole cose alle quali si è più abituati e alle quali nemmeno si fa caso a mancare di più: in questo caso, il buio.

Non abbiamo visto la notte per un mese e questo ha influito molto anche sui ritmi della vita. Ci ritrovavamo a spostarci con i longboard fino a tarda serata, perchè il sole non calava mai, e nonostante la stanchezza a volte addormentarsi era difficile“.

L’accoglienza calorosa degli islandesi non sempre si riflette in condizioni ambientali altrettanto facilitanti: il freddo notturno, la pioggia, i forti venti e l’assenza di centri abitati per chilometri e chilometri hanno reso a volte difficile affrontare il viaggio, le cui tappe dovevano essere programmate di giorno in giorno.

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“Sì, qualche volta, al freddo e in mezzo al nulla, ci siamo dati dei cretini e ci siamo chiesti chi ce l’ha fatto fare“, ammette Matteo. Ma di fronte allo splendore della natura islandese e al senso di libertà, tutto passa e l’esperienza è tale che i due non esitano a consigliarla, purché venga affrontata da persone che “conoscono bene il longboard e non abbiano troppi problemi in termini di adattamento: se fare una doccia calda alla fine di una lunga giornata di spostamenti è per voi un’esigenza irrinunciabile, allora questo viaggio non fa per voi”.

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Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2018 da Rossella Vignoli

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