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Anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti: l’isola di Thilafushi

Dietro l’immagine da cartolina di questo apradiso sperduto, c'è un'isola artificiale che ospita i rifiuti

Sapete che anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti? Si tratta dell’isola di Thilafushi, che, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, non è un angolo di paradiso, come siamo soliti associare alle Maldive. Qui si nasconde pure uno scandalo ambientale che investe questo luogo sperduto nell’Oceano Indiano. Thilafushi è un’isola artificiale la cui caratteristica principale è quella di essere una vera e propria discarica a cielo aperto!

Anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti: l’isola di Thilafushi

Nell’Oceano indiano c’è un paradiso sommerso dai rifiuti

Acque turchesi, sabbie bianche, bungalow sospesi sul mare. Ma, dietro l’immagine da cartolina che milioni di turisti occidentali rincorrono ogni anno, esiste un lato nascosto e inquietante: Thilafushi, un’isola artificiale costruita non per gli ospiti, ma per l’immondizia.

Cos’è Thilafushi

Nata da un progetto del 1991 del governo locale per gestire il problema dei rifiuti, l’isola riceve attualmente la spazzatura di tutto l’arcipelago.

Portati via mare da apposite imbarcazioni, i rifiuti che raggiungono l’isola corrispondono a circa 400 tonnellate al giorno.

Perché è  nata Thilafushi

A pochi chilometri da Malé, la capitale delle Maldive, è sorta Thilafushi, nel 1992, come risposta all’incremento esponenziale dei rifiuti prodotti dall’industria turistica.

Con oltre 1,5 milioni di visitatori l’anno e una popolazione in crescita, l’arcipelago non aveva un sistema efficace per la gestione dei rifiuti. Così, è stata creata un’isola artificiale, colmando una laguna con tonnellate di spazzatura.

Com’è costruita Tilafushi

Inizialmente concepita come discarica controllata, l’isola è poi cresciuta rapidamente, oltre ogni previsione. Ogni giorno vengono riversate sull’isola fino a 400 tonnellate di rifiuti, tra cui plastica, vetro, metalli, residui organici e perfino scarti tossici come batterie e apparecchi elettronici.

Si creano delle celle di contenimento delimitate da muri in calcestruzzo, e qui i rifiuti vengono depositati e coperti con sabbia e calce. L’obiettivo? Ricavare nuovi lotti di terra da destinare a uso industriale. Ma nella realtà, gran parte della spazzatura rimane esposta o viene bruciata all’aria aperta, generando fumi tossici e percolato che minacciano l’ecosistema marino.

Anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti: una bomba ecologica attiva

Nonostante alcune misure di contenimento, Tilafushi è ancora attiva. Le autorità maldiviane hanno avviato negli ultimi anni progetti di collaborazione internazionale per modernizzare la gestione dei rifiuti e ridurre l’impatto ambientale, ma il problema resta colossale.

Molti scarti continuano ad accumularsi senza un trattamento adeguato, forse anche per pressioni dell’eco-mafia. Quando il vento cambia direzione, la nube tossica prodotta dai rifiuti bruciati si sposta verso Malé, suscitando proteste della popolazione locale.

Quali sono i problemi dell’isola discarica rifiuti

Innanzitutto, i rifiuti che giungono dalle imbarcazioni sono smistati a mano dai lavoratori della discarica, tramite operazioni che non sempre rispettano la sicurezza ambientale e sanitaria. In aggiunta, a Thilafushi si ammassano rifiuti di ogni tipo: dai semplici rifiuti solidi urbani a quelli più nocivi, contenenti sostanze pericolose come amianto, piombo, cadmio.

Anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti
L’Isola e l’impianto che ospita – Foto di Fizan

La minaccia risiede anche nella natura stessa della discarica: gli ambientalisti temono una dispersione nel mare e nel suolo delle sostanze tossiche, le quali potrebbero andare a danneggiare l’ecosistema e a contaminare la catena alimentare, fino a giungere nelle cucine locali!

Rifiuti pericolosi come quelli elettronici, chimici e tossici sono tutti accumulati insieme, in un quadro altamente inquinante. Quelli che non sono ammassati vengono bruciati negli appositi inceneritori dell’isola.

L’isola si trova a soli 7 km di distanza dalla capitale Malé. Per cui questo disastro ecologico avviene a pochi passi dagli abitanti locali e dai resort dei turisti. Tra l’altro, questi ultimi aggravano più o meno inconsapevolmente la condizione di Thilafushi: secondo le statistiche infatti ogni visitatore produce circa 3,5 kg di rifiuti al giorno, ossia il doppio di quelli di un abitante della capitale.

Poi c’è la contraddizione evidente: le Maldive, icona della bellezza naturale e della biodiversità marina, sono costrette a convivere con una discarica a cielo aperto. È etico ospitare resort di lusso che generano enormi quantità di rifiuti, senza una reale strategia di sostenibilità a lungo termine?

Gli impatti ambientali sono molteplici:

  • Inquinamento del mare da percolato e microplastiche
  • Rischi per la salute pubblica dovuti ai fumi tossici
  • Perdita di biodiversità marina nelle lagune circostanti

Lo scandalo dell’isola di Tilafushi

Già nel 2009, quando il Guardian pubblicò la notizia, la situazione degradante dell’isola fece scandalo. Eppure la Rubbish Island (“Isola Spazzatura”, questo è il soprannome affibbiatole), è ancora oggetto di polemiche. Nonostante le campagne di sensibilizzazione di Blue Peace, l’associazione locale che lotta per proteggere l’ecosistema maldiviano, l’isola continua a essere letteralmente colma di rifiuti, i quali ricoprono oltre 50 ettari di superficie.

Tant’è che la film maker Alison Teal, 27 anni, insieme ai fotografi Mark Tipple e Sarah Lee, ha deciso di creare un reportage per documentare il crescente degrado ambientale di Thilafushi.

Le foto di denuncia, realizzate per Milestone Media, mostrano chiaramente fino a che punto l’isola sia sommersa dalla spazzatura: in numerosi punti, la spiaggia e le acque sono ricoperte da vere montagne di rifiuti!

Quali sono le alternative per gestire i rifiuti delle Maldive

Nel contesto di isole remote come questo arcipelago, che hanno a disposizione spazi limitati, la gestione sostenibile dei rifiuti è una sfida complessa, ma non è impossibile.

Alcune soluzioni praticabili includono:

  • Raccolta differenziata su tutti i rifiuti
  • Compostaggio per la frazione organica
  • Riciclo decentralizzato con impianti di piccola scala sulle isole principali
  • Imballi biodegradabili e riduzione della plastica monouso nei resort
  • Trasferimento controllato dei rifiuti verso impianti esterni, mediante accordi internazionali
  • Un termovalorizzatore moderno, chiuso e filtrato, in sostituzione della combustione all’aperto
Anche le Maldive hanno la loro discarica rifiuti
Montagne di rifiuti sull’Isola di Thilafushi – Foto di International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies

Anche alle Maldive serve un turismo consapevole

Thilafushi rappresenta il rovescio della medaglia di un turismo spesso inconsapevole. La bellezza delle Maldive va preservata anche fuori dai cataloghi patinati.

La transizione verso un turismo sostenibile a impatto zero, che passa anche dalla gestione dei rifiuti e da scelte consapevoli da parte dei viaggiatori: preferire resort eco-certificati, ridurre i consumi superflui, chiedere trasparenza sulle pratiche ambientali.

Quest’isola ci ricorda che anche il paradiso può diventare discarica, se ci si dimentica del suo equilibrio fragile.

Crediti foto di copertina di Fizan

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Ultimo aggiornamento il 29 Maggio 2025 da Rossella Vignoli

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Simona Treré

Classe 1984, si è laureata a Bologna in Scienze della Comunicazione (con una tesi su Green Marketing e Green Communication) e ha conseguito il master in Comunicazione Ambientale a Roma. Dal 2009 lavora nel settore della sostenibilità ambientale seguendo la comunicazione e la progettazione ambientale per aziende del territorio. Grazie ai suoi studi e al suo lavoro si è potuta dedicare a una delle passioni: l’ecologia e il rispetto per la natura (nei suoi vari, complicati e meravigliosi aspetti). Per divertimento ha sfilato come modella di abiti green e per hobby si è avvicinata all’affascinante mondo dei “rifiuti-non rifiuti” attraverso il riciclo creativo, creando e vendendo oggetti realizzati con materiale di recupero.

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