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Polemica sull’olio tunisino: il vero problema è la tracciabilità

L'autorizzazione all'import senza dazi rischia di non garantire la salute del consumatore italiano

In questi mesi c’è polemica sull’olio tunisino per via del provvedimento che dovrebbe facilitare le importazioni dell’olio di oliva dalla Tunisia. Perché rappresenta un autentico danno per la produzione di olio italiano. Ad approvarlo definitivamente in seduta plenaria il Parlamento europeo, che ha rettificato a metà marzo il Regolamento UE che consente – fino al 2017 – di incrementare l’importazione di 35mila tonnellate di olio di oliva senza dazio. Quantità che si aggiungono agli oltre 56mila già importati.

Polemica sull’olio tunisino: il vero problema è la tracciabilità

Cosa dice il provvedimento dell’olio dalla Tunisia

Lo scopo di questo provvedimento, già in discussione dallo scorso settembre in Commissione europea, è quello di sostenere l’economia della Tunisia in un momento di difficoltà e garantire la stabilità del suo regime democratico.

Il turismo – principale risorsa del paese – è calato drasticamente per via degli attacchi terroristici. Si tratta di un Paese che rappresenta un importante baluardo contro l’Isis.

Ma oltre a queste motivazioni politico-economiche, il provvedimento risponde alla necessità di sopperire a un fabbisogno interno del nostro Paese e non solo.

Quali sono i consumi italiani di olio

In Italia infatti tra i consumi interni e le esportazioni la quantità di olio nazionale non è sufficiente (il fabbisogno totale è di 800mila tonnellate medie contro 400mila prodotte, dunque solo la metà).

In questo modo si importerebbe anche ad un prezzo inferiore e ciò diminuirebbe il prezzo finale dell’olio per i consumatori.

I problemi di import di olio tunisino

Si levano le proteste degli agricoltori italiani e dello stesso Ministro dell’Agricoltura. Il vero problema, di cui si parla poco, è la scarsa tracciabilità che si verrebbe a creare in chi esporterebbe poi dall’Italia questo olio tunisino spacciandolo per made in Italy.

Del resto, il rischio di frode è dietro l’angolo e può essere fatto nella piena legalità: sull’etichetta, cartina di tornasole di un prodotto alimentare, l’obbligo di indicare da dove proviene, può essere raggirato con diciture che dicono che si tratta di una miscela di oli di oliva originari e non dell’Unione Europea, ma senza specificare oltre e mettendo un marchio italiano ben in vista a garantire il tutto.

Questo in realtà è il vero problema dell’importazione senza dazi dell’olio tunisino. Non è solo in termini di produzione sottratta ai nostro produttori del settore.

Davanti a situazioni di adulterazione, come lo scandalo che ha coinvolto sette note case produttrici di olio italiano tempo fa, le quali spacciavano olio d’oliva per olio extravergine, facendolo pagare in egual modo, visto che le quantità per sopperire alla domanda interna del mercato italiano sono insufficienti.

Il problema vero è la gestione delle eventuali falsificazioni dei prodotti esportati perchè manca la tracciabilità. Il tutto, ovviamente, a danno dei consumatori finali. Ignari di cosa stiano acquistando e, soprattutto, consumando.

Leggi anche: Come smaltire olio di frittura esausto

Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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