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Economia della felicità: che cos’è e esiste veramente?

Da cosa dipende la felicità? Questo argomento sta diventando oggetto di studi approfonditi, soprattutto perché sempre di più ci si chiede, in questa difficile congiuntura storica di crisi economica, quale sia il vero ‘segreto’ per essere felici.

Economia della felicità: che cos’è e esiste veramente?

Istruzione, salute e relazioni sembrano essere i principali indicatori della felicità. Ma anche vivere in un paese democratico e libero incide molto sulla serenità di un individuo. Invece disoccupazione e mancanza di mezzi hanno molta responsabilità nell’infelicità delle persone.

E’ vero anche che reddito e la felicità non sono direttamente proporzionali. Aumentando il reddito spesso aumenta anche la voglia di raggiungere nuovi obiettivi economici e il confronto della ricchezza con la rete di relazioni porta a un continuo stress da invidia’. Il reddito nazionale si traduce in felicità quando facilita l’accesso ai servizi e ai beni comuni dei cittadini: diversamente diventa fonte di scontento e sfiducia.  Ma, ancora più interessante parlare della felicità a livello globale.

Ad esempio, globalizzazione e felicità: l’una esclude l’altra?

Un tema complesso, di cui spesso è difficile fare un’analisi lucida perché il momento storico è ‘ora e adesso’, mentre scriviamo, mangiamo, facciamo, viviamo. In genere si è sempre più saggi ‘dopo’, quando un fenomeno lo si può avere oggettivamente davanti, spezzettarlo, così da capirlo e analizzarlo.

Problema che non sembra toccare Helena Nordberg-Hodge, analista economica e autrice de Il futuro nel passato, un documentario che mostra bene da dove parte la crisi mondiale che stiamo attraversando, chi sono i responsabili, quali possono essere le soluzioni.

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Il paradigma è una piccola realtà, il Ladakh, un paese che si è retto sulla sua economia sfruttando i prodotti del suo territorio per cibarsi e reggendosi sui suoi legami sociali. A un certo punto, la globalizzazione (e chi l’ha promossa: banche, affaristi, azionisti, professionisti della finanza) ha fatto entrare le multinazionali all’interno di questa economia così bastevole a se stessa e tranquilla. Il risultato è stata povertà acquisita, conflitti, disoccupazione.

Con un solo mercato mondiale, sono le grandi potenze industriali trans-nazionali a dettare il potere. Così, il burro importato costava la metà del burro prodotto nel Ladakh. Il prezzo da pagare per questo è stata una folle accelerazione dei trasporti delle merci, che ha portato inquinamento, diminuzione della biodiversità, caduta della qualità e della genuinità.

FOCUS: Arriva in Italia il film L’economia della felicita, di Helena Norberg Hodge

Questo, naturalmente, è ben lontano dal concetto di felicità. Un concetto che è invece semplice, immediato, forse disarmante: vivere in modo sereno, nutrendosi di quello che l’angolo a cui siamo stati destinati nel mondo, ci dà.

Dalla globalizzazione a una visione locale, fatta di ricchezza da ritrovare nella propria comunità, con i legami sociali, con un’economia che investa nella propria terra, rispettandola. “Per le tre lettere Pil non si può sacrificare il futuro nostro e dei nostri figli”, dice Helena.

Una donna come tante che vuole (può?) cambiare il mondo.

Questo non stupisce: se avremo la fortuna di vedere invertirsi la macchina del denaro e ritornare a una forma di solidarietà genuina che non escluda il processo tecnologico ma lo renda sostenibile, saremo anche sicuri che ciò è nato nella testa di una donna.

SCOPRI: Le regole per essere felici

Per finire in bellezza, vi postiamo anche un paio di video del Professor Leonardo Becchetti, massimo esperto del campo, mai banale e sempre interessante da ascoltare: buona visione!

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