Yoga e mente

La paura delle altezze: l’acrofobia impedisce di fare sentieri di montagna e persino salire sulla scala

Non c'entra nulla con il soffrire di vertigini e può essere risolta con una terapia psicologica

A chi non è capitato di dire, non faccio questo sentiero di montagna o non mi affaccio al balcone, perchè soffro di vertigini. Niente di più sbagliato. Si chiama acrofobia ed è la classica paura delle altezze, da non confondere invece con l’avere le vertigini. Questo disturbo di origine psicologica non c’entra nulla con i sintomi di nausea, tremore e giramenti di testa causati dalle vertigini. Si tratta invece di un meccanismo di origine ansiosa che crea paura e persino attacchi di panico davanti alle grandi o medie altezze.

La paura delle altezze: l’acrofobia impedisce di fare sentieri di montagna e persino salire sulla scala

Cos’è l’acrofobia: definizione e impatto

Questa forma di fobia specifica (secondo il DSM-5, manuale diagnostico dei disturbi mentali) caratterizzata da un’ansia marcata e persistente quando ci si trova in situazioni elevate o anche solo quando si immagina di essere in alto può limitare gravemente la vita quotidiana e le attività all’aperto, ma è ben trattabile.
Con terapia professionale, tecnologie come la realtà virtuale, e un approccio olistico, è possibile ritrovare fiducia e ricominciare a camminare in montagna.

L’acrofobia è un’effettiva paura intensa e irrazionale delle altezze, e può impedire perfino di salire su una scala o addirittura restare vicino a grandi finestre, non solo affrontare un sentiero in montagna.

Colpisce circa il 2–6 % della popolazione, con prevalenza doppia nelle donne. Più comunemente, fino a un terzo delle persone, soffre d’intolleranza visiva all’altezza, una forma meno grave di disagio

Da primo passo della montagna a salire su una sedia, l’ansia può manifestarsi ovunque il dislivello crei instabilità percepita.

Consiglio pratico: se ci si blocca su scale o sentieri, provate con la respirazione profonda per superare il blocco nell’immediato, ma poi considerate varie opzioni, tra cui la realtà virtuale, il supporto psicologico per impostare una terapia personalizzata cognitivo-comportamentale.

Soffire di vertigini vs acrofobia

È diversa dalle normali vertigini, un fastidio legato a una condizione

E non è neppure un disagio passeggero che molte persone provano in altezza: nell’acrofobia, la reazione è sproporzionata rispetto al pericolo reale e può interferire con la vita quotidiana.

Condizione Caratteristica principale
Acrofobia Paura irrazionale delle altezze, anche in condizioni sicure
Vertigine fisiologica Normale reazione all’altezza, legata all’equilibrio e al vuoto
Disturbo d’ansia Ansia generalizzata, non limitata alle altezze
Malattia vestibolare Problema fisico dell’equilibrio, non legato alla paura
Disturbo di panico Attacchi improvvisi anche senza altezza, ma possono coesistere

Quando si manifesta

L’acrofobia si manifesta in contesti che implicano una percezione di altezza o rischio di caduta, anche se il pericolo non è reale o è molto basso.

  • Salire su scale, scale mobili o tetti
  • Affacciarsi da un balcone o una finestra al piano alto
  • Camminare su ponti, sentieri di montagna, passerelle panoramiche
  • Guardare giù da un grattacielo, anche solo attraverso un video o realtà virtuale

Talvolta basta anche solo immaginare un luogo elevato per scatenare sintomi.

Come si manifesta

Ci sono 3 diversi set di sintomi da valutare.

Cosa succede nel cervello

Studi con fMRI e EEG mostrano che nei soggetti con acrofobia si attiva in modo anomalo sia l’amigdala, che è centro della paura, che la corteccia visiva.

Sopravvengono delle vere e proprie dlle alterazioni nei sistemi vestibolari e propriocettivi.

E la percezione alterata del corpo nello spazio contribuisce al senso di pericolo, anche quando non esiste un rischio reale.

Sintomi fisici

Legati alla risposta ‘lotta o fuga’. Queste alterazioni neuro-vestibolari, evidenziate da EEG e fMRI, sono:

  • Vertigini o sensazione di perdere l’equilibrio
  • Palpitazioni o tachicardia
  • Sudorazione eccessiva e intensa, specialmente alle mani
  • Nausea o mal di stomaco
  • Affanno o iperventilazione
  • Tensione muscolare, tremori
  • Sensazione di stordimento o testa leggera

Sintomi cognitivi

Sono legato a pensieri e percezioni con deterioramento del controllo visivo quando le distanze sono eccessive:

  • Paura irrazionale di cadere, anche se protetti (es. dietro una ringhiera)
  • Pensieri catastrofici (‘sto per morire’, ‘perderò l’equilibrio’, ‘svenirei’)
  • Perdita della percezione della distanza o distorsione della prospettiva
  • Anticipazione ansiosa prima dell’esposizione

Sintomi comportamentali

Comportamenti che si mettono in atto:

  • Evitamento sistematico di luoghi elevati
  • Fuga immediata dalla situazione come lo scendere in fretta, inginocchiarsi
  • Irrigidimento, bloccarsi senza riuscire a muoversi
  • Aggrapparsi a qualcosa o a qualcuno per sentirsi più sicuri

Sintomi in base all’altezza

Ecco una tabella dei sintomi in base all’altezza.

Altezza Sintomi fisici Reazione psicologica
1–2 m (es. sedia) Vertigini, sudorazione Ansia crescente, sensazione di instabilità
3–5 m (es. scala) Tachicardia, tremore Pensieri catastrofici, evitare la scala
10–20 m (terrazze, ponte) Nausea, respiro affannoso Attacco di panico, evitamento persistente
>50 m (montagna) Vertigini estreme, tensione muscolare Paura incontrollabile, rinuncia all’escursione

Cosa dice la scienza

Il 28% degli adulti sperimenta intolleranza visiva alle altezze, in maniera più o meno forte, ma solo il 3–6 % sfocia in fobia clinica

Il disturbo sembra nascere da una combinazione di diversi motivi:

  • fattori evolutivi legati alla nostra paura innata di cadere da grandi e medie altezze
  • fattori genetici come studi su regioni cromosomiche finite, ad esempio in Finlandia
  • fattori neuro-sensoriali
  • squilibri visivi-vestibolari: le altezze creano conflitti sensoriali che sovraccaricano la corteccia visiva

Terapie efficaci

Per curare questo disturbo della sfera psicologica, si possono impostare alcune terapie:

  • Terapia di esposizione graduale (CBT). Considerata il gold‑standard: esposizione progressiva da bassa quota fino ad altezze significative, con una gerarchia di situazioni. Efficace fino al 90 %, resta valido oltre 1 anno
  • Realtà virtuale (VRET). Replicare scenari reali in ambiente sicuro. Studi mostrano riduzione significativa dell’ansia, anche dopo poche sessioni (Trial del Lancet Psychiatry), con oltre il 90 % di successo.
  • Desensibilizzazione in vivo e farmacologia. Tecniche classiche come rilassamento assistito ScienceDirect.
  • Farmaci: studio PNAS con cortisolo in VRET riduce l’ansia fino a 1 mese dopo. Scoperte promettenti, ma meno integrate nella pratica quotidiana.
  • Terapie complementari. CBT, mindfulness, tecniche di respirazione, e terapia vestibolare in caso di squilibri.

Fonti scientifiche

Per scrivere questo articolo ci siamo anche basati su queste ricerche:

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Ultimo aggiornamento il 21 Luglio 2025 da Rossella Vignoli

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Rossella Vignoli

Fondatrice e responsabile editoriale, è esperta di bioedilizia, design sostenibile e sistemi di efficienza energetica, essendo un architetto e da sempre interessata al tema della sostenibilità. Pratica con passione Hatha yoga, ed ha approfondito vari aspetti dello yoga. Inoltre, è appassionata di medicina dolce e terapie alternative. Dopo la nascita dei figli ha sentito l’esigenza di un sito come tuttogreen.it per dare delle risposte alla domanda “Che mondo stiamo lasciando ai nostri figli?”. Si occupa anche del sito in francese toutvert.fr, e di designandmore.it, un magazine di stile e design internazionale.

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