Salute

Scopriamo cosa è la tripofobia e quali sono i sintomi

Come si chiama la fobia dei buchi? Tripofobia!

Tra le fobie dei nostri tempi c’è anche la tripofobia, ovvero la paura dei buchi e dei pattern geometrici e ripetitivi ad esempio come le cellette delle api: il favo può dare l’idea precisa di cosa voglia dire pattern ripetitivo.

Scopriamo cosa è la tripofobia e quali sono i sintomi

Ma il tripofobico in assoluto teme il ripetersi di piccoli buchi ravvicinati. Un esempio pratico è la spugna da bagno. Cosa succede a chi soffre di tripofobia dinnanzi ad un oggetto o una immagine del genere? Stati di ansia disagio e panico che possono sfociare in nausea, agitazione e brividi.

Non avete mai sentito parlare della fobia dei buchi? Leggete allora quali sono le cause primordiali secondo gli studiosi della patologia psicologica, e come si possono riconoscere i sintomi e placarli.

Cosa è tripofobia

La tripofobia è la paura o repulsione incontrollata alla vista di qualsiasi pattern costituito da figure geometriche ravvicinate, in primis dinnanzi a susseguirsi di buchi ravvicinati, ma anche rettangoli o qualsiasi altra forma geometrica che si ripete.

Non è una patologia psichiatrica ufficialmente riconosciuta quindi non la troviamo nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), ma in fase di studio e approfondimento da parte degli studiosi della materia.

Coloro che soffrono di questa fobia sono detti tripofobici e i sintomi che la fobia può causare sono comuni ad altre fobie: alterazioni della lucidità, panico, ansia fino a tremore, battito cardiaco accelerato o tachicardia, sudorazione eccessiva, nausea e vomito.

Origini del nome e studi

Il nome alla patalogia fu coniato nel 2005, tripofobia deriva dal greco “trýpa” che significa “buco” e “phóbos” che significa “paura”. Il disturbo mentale fu inserito nella lista delle fobie solo nel 2013 ma ad oggi non è ancora stata riconosciuta come patologia mentale.

I primi studi su questo terrore dei buchi e dei patterns geometrici furono condotti dopo il 2000 da alcuni ricercatori dell’Università dell’Essex che en hanno pubblicato una ricerca sulla rivista Psychological Science spiegandone le origini e le cause.

Ciò che ne emerge è davvero interessante: secondo gli psichiatri che hanno studiato il fenomeno infatti, la fobia dei buchi trae origine da un meccanismo di sopravvivenza primordiale, insito in ognuno di noi.

Cause della tripofobia

La paura dei buchi secondo gli scienziati che hanno studiato la patologia, potrebbe derivare da una istintiva reazione di difesa primordiale, ereditata in maniera inconscia dai nostri antenati, verso pattern geometrici esistenti in natura ad esempio sul corpo di alcuni animali velenosi come i serpenti o le macchie o i buchi presenti su piante e animali velenosi come alcuni ragni o il polpo dagli anelli blu o lo scorpione giallo, da cui l’uomo doveva difendersi in natura. Questo terrore sarebbe rimasto nella nostra eredità biologica e in alcune persone emerge più che in altre.

Ma questa non è l’unica spiegazione che viene fornita dagli scienziati.

Una seconda ipotesi è che la tripofobia scaturisca dalla repulsione o paura verso le malattie in particolare malattie infettive e parassitaria che sfociano con eruzioni cutanee. Un esempio è il morbillo, il vaiolo, la rosolia oppure pelle irritata da parassiti o insetti.

Più recentemente alcuni psichiatri della Kent University hanno dimostrato che la tripofobia provoca una sensazione di disgusto non di paura vera e propria e la loro spiegazione sta nel fatto che ogni cavità rappresenta un luogo di scambio fra il mondo interno e quello esterno, quindi sede di una possibile contaminazione.

Cosa teme chi soffre di tripofobia

I tripofobici, cioè coloro che soffrono della paura dei buchi, provano un inconscio timore alla vista di aggregati di oggetti, naturali o artificiali, in grado di creare pattern con buchi o figure geometriche vicine tra loro. Un esempio pratico è dato dai seguenti oggetti di uso quotidiano:

  • fette di pane con buchini o semini
  • fori in un muro di mattoni, nell’alluminio o in altri materiali da costruzione
  • formaggio svizzero tipo emmentaler
  • frutti con semi ravvicinati e in evidenza (fragole, melograno, kiwi e così via, clicca qui per vedere un’immagine)
  • marciapiedi con pietrini nel calcestruzzo
  • motivi ripetuti sulla superficie degli strumenti musicali
  • spugne da bagno
  • tavolette di cioccolato aerato
  • tubi impilati
  • tessuti con motivi a pois o leopardati

oppure elementi presenti in natura come

  • alveare
  • baccello di un fiore di loto
  • coralli

oppure segni della pelle

  • follicoli piliferi
  • pori della pelle
  • segni delle malattie infettive

Sintomi di tripofobia

I sintomi della tripofobia possono variare da persona a persona però in generale si manifesta con stati d’ansia, disagio e malessere, repulsione e senso di disgusto alla vista di fori molto ravvicinati. Il malessere può provocare anche reazioni fisica vere e proprie come:

  • bocca secca
  • brividi e pelle d’oca
  • crisi di pianto
  • disturbi visivi anche illusioni ottiche
  • formicolio
  • nausea e vomito
  • palpitazioni
  • prurito
  • respirazione affannosa
  • senso di svenimento o vertigini
  • sudore freddo
  • tremori

Nei casi gravi i sintomi possono essere assimilabili agli attacchi di panico.

Chi è tripofobico purtroppo avrà sicuramente delle conseguenze sul piano lavorativo, sociale, scolastico ma purtroppo ad oggi la malattia non è stata certificata ed è sconosciuta.

tripofobia
I sintomi possono aiutare a diagnosticare piuttosto efficacemente la tripofobia.

Come capire se si è tripofobici

Per sapere se si soffre di paura dei fori è il caso di effettuare una visita da un medico psichiatra che potrebbe accertarne i sintomi. Oggi è diventato virale una sorta di test fai da te, che permette di mostrare come tutti noi siamo un po’ tripofobici.

Il test della tripofobia

Un test pubblicato di recente su YouTube che è diventato virale perché constata il fatto che gran parte della popolazione mondiale in fondo soffre di tripofobia.

Non tutti ovviamente reagiscno nello stesso modo dinanzi alla vista di alcune immagini, ma di certo tutti hanno una reazione più o meno intensa alla vista dei pattern geometrici esistenti in natura e nella nostra vita.

Il video pubblicato da un famoso youtuber ha ottenuto oltre 3 milioni di visualizzazioni e la maggior parte degli spettatori di questo video – circa l’80% -non è riuscita a completare il test a dimostrare che la tripofobia è presente in gran parte delle persone.

Come si esegue il test virale sulla tripofobia

Bisogna sedersi comodamente seguendo i consigli forniti all’inizio del test, avviare il video e cercare di guardare quante più immagini nel maggior tempo possibile. Il test ha evidenziato che le persone che guardano le immagini proposte interrompono dopo circa 2 minuti e 30 secondi.

Quale è il motivo? Per mancanza di attenzione o per fobia? Le immagini presenti nel video partono da semplici foto di frutta e fiori o animali come i rospi fino ad arrivare a malattie della pelle. Le reazioni alla vista delle immagini possono far intuire se si prova disgusto o indifferenza.

Attenzione. Non è in ogni caso un test scientifico.

Come si cura la tripofobia

Non è ancora riconosciuta patologia mentale, la tripofobia presunta va comunque trattata da uno specialista mentale identificandone i motivi che scaturiscono il disagio e l’intensità dello stesso.

La tripofobia si può trattare nel tempo con differenti terapie:

  • tramite tecniche di rilassamento e meditazione
  • psicoterapia
  • con l’assunzione di farmaci, se i sintomi sono gravi

Tutte terapie e percorsi che hanno l’obiettivo di portare a razionalizzare la paura e a reagire alle cause scatenanti, una procedura che viene utilizzata in genere anche per altre fobie. Pensiamo ad ad esempio alla paura di volare alla megalofobia o la claustrofobia.

La terapia farmacologica viene prescritta solo in casi estremi da un medico psichiatra per controllare i sintomi gravi che possono scaturire come la depressione e l’ansia.

Alessia Fistola

Nata in Abruzzo nel 1982, si trasferisce a Roma per conseguire una laurea e un master in psicologia, ma dopo una decina d'anni rientra nel suo piccolo paese ai piedi della Majella, fuggendo dalla vita metropolitana. Attualmente coniuga l'attività di psicologa libero professionista con la passione per la scrittura, un hobby coltivato sin dalle scuole superiori. Collabora con la redazione di Tuttogreen dal 2011, cura un blog personale di taglio psicologico e scrive articoli per un mensile locale. Nel tempo libero ama passeggiare nei boschi e visitare i piccoli borghi, riscoprendo le antiche tradizioni d'un tempo.

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