Rinnovabili

Avremo riserve di petrolio per quanti anni ancora? Ce n’è per 100 anni…

Negli ultimi anni abbiamo letto e sentito di allarmismi relativi alla fine dei giacimenti di combustibile fossile, ed in articolare quante riserve di petrolio per quanti anni ancora saranno disponibili. Ma una voce fuori dal coro, seppure autorevole, ci dice che non è così e che di oro nero ce n’è ancora per un altro secolo.

Avremo riserve di petrolio per quanti anni ancora? Ce n’è per 100 anni…

Si tratta di Aldo Vesnaver, ricercatore all’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste, sebbene con un passato nella principale compagnia petrolifera mondiale (Saudi Aramco). Intervistato da La Stampa, ha illustrato come vede lui la situazione.

«Saremo tranquilli per un altro secolo, se non di più. Ci sono zone in cui c’è ancora un discreto stock e altre inesplorate: da lì, contando sulle nuove tecnologie, presto si comincerà a estrarre ulteriore petrolio. Già sei anni fa, prima della crisi, si stimavano riserve sufficienti per 130 anni. Ora che i consumi sono calati, i tempi potrebbero aumentare.

Dal 1980 ad oggi la produzione mondiale di greggio è sempre in crescita sebbene quasi tutto venga estratto da compagnie di Stato aderenti all’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio. I soliti Stati arabi, insomma. Tuttavia, anche le stesse aziende petrolifere sanno che la loro ricchezza potrebbe finire e sono già da tempo alla ricerca di nuove risorse, perché la prima cosa che potrebbe consumarsi è la loro quota di petrolio.

Interessante, secondo il professor Vesnaver, è il ruolo dei territori ancora inesplorati, come il deserto del Rub al-Khali, 6.000 km di sabbia tra l’Azerbaigian e l’Oman, oppure il mare di Barents, conteso tra Stati Uniti, Norvegia e Russia.

Anche la nuova tecnica del fracking per portare alla luce gas intrappolato negli strati rocciosi più profondi è una risorsa che aumenta la quita produttiva degli idrocarburi, sebbene in Italia  sia inutile, dal momento che sul nostro territorio non c’è traccia della roccia in cui è presente il gas, gli scisti, argille tenere impregnate di idrocarburi. Le conseguenze di questa tecnologia estrattiva poi, sono tutt’altro che definite, e se ne cominciano a conoscere alcuni effetti negativi potenzialmente devastanti: negli Stati Uniti è stato notato un inquinamento delle falde acquifere nei punti in cui il fracking è stato messo in atto troppo in superficie, aumento del sollevamento e delle frane del terreno.

Il professor Vesnaver ha inoltre escluso che essa possa causare terremoti, parlando di bufala da smentire: «I sismi nascono dove ci sono faglie attive. E dove ci sono faglie attive il petrolio viene fuori: come l’acqua da una bottiglia di vetro che va in frantumi. I terremoti e il petrolio, dunque, non possono coesistere».

Sulla ricerca di petrolio nel nostro Paese a suo dire c’è troppa prudenza perché è noto che nell’alto Adriatico ci siano diversi giacimenti che non possono essere sfruttati per via dell’opposizione ambientalista, ipotizzando che città come Venezia possano subire cedimenti. In realtà – dice il professore – il motivo dello sprofondamento della città lagunare andrebbe ricercato nell’estrazione di acqua potabile dai campielli: da quando è stata sospesa, Venezia non sprofonda più.

Non certo un ambientalista, il nostro professore, eppure una lancia a favore delle rinnovabili, la spezza pure lui, considerando positiva la strada imboccata dall’Italia per lo sfruttamente dell’energia solare, eolica, e geotermica a bassa temperatura. Lo sfruttamento di fonti energetiche alternative più a buon mercato, nonostante il fatto che di petrolio ne avremo per un altro secolo, permetterà, come suggeriscono le leggi economiche, di trascurare gli idrocarburi.

Dunque il petrolio non finirà presto, ma potrebbe fare la fine del carbone: ce n’è ancora a sufficienza, ma chi lo utilizza più?

Di qui la necessità di trovare energie alternative, nonostante il fatto che di petrolio ne avremo per un altro secolo. Del resto, come ci suggeriscono le leggi economiche, più il bene diventerà raro e si avvicinerà all’esaurimento, più costerà.

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Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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