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Come il telelavoro può salvare l’ambiente

Il telelavoro può essere un’alternativa lavorativa sostenibile? Per rispondere basta pensare a quante persone la mattina prendono l’auto per recarsi in ufficio, per poi iniziare un’attività che potrebbero svolgere direttamente da casa propria.

Come il telelavoro può salvare l’ambiente

Quanti, infatti, per lavorare necessitano soltanto di internet e computer?

Il telelavoro (se il tipo di mansione lo consente) permette di lavorare dalla scrivania della propria abitazione e comunicare con l’azienda attraverso internet, senza doversi spostare in un’altra sede e, quindi, senza dover utilizzare mezzi di trasporto sia privati che pubblici.

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Se si considera che gli spostamenti casa-lavoro-casa sono uno dei principali motivi per cui le strade si riempiono di traffico e che il traffico a sua volta è una delle maggiori cause di inquinamento, si capisce come questa pratica possa apportare un grosso beneficio ambientale.

Ma non solo. I vantaggi ambientali derivanti dal telelavoro sono diversi. Oltre ad azzerare il costo energetico del carburante, permette una riduzione degli spazi e dei ‘consumi d’ufficio’ (come riscaldamento, illuminazione, aria condizionata, ascensore…), i quali spesso avvengono anche quando i locali sono vuoti o semi-vuoti.

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Il telelavoro è dunque un modo per razionalizzare i consumi e ridurre significativamente gli spostamenti.
In Italia è ancora poco diffuso. Le aziende sono scettiche quando si parla di telelavoro: pensano di non poter controllare i propri dipendenti, i quali in realtà devono comunque rendere conto, seppur a distanza, del proprio operato.

Anche i lavoratori potrebbero essere titubanti: le relazioni con i colleghi non sarebbero più dirette ma remote, lo spazio utilizzato sarebbe quello domestico, lo stipendio potrebbe essere inferiore. Ci sono certamente pro e contro ma resta il fatto che a volte la presenza dei lavoratori in ufficio è superflua.

In certi casi, infatti, per confrontarsi con colleghi e superiori, basterebbe recarsi in azienda saltuariamente: fare una riunione settimanale o mensile e svolgere il restante lavoro da casa.

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Per non parlare delle donne che rientrano al lavoro dopo la maternità. La loro presenza in casa garantirebbe una maggiore continuità nell’inserimento del piccolo in una struttura educativa e aiuterebbe la mamma a gestire le emergenze in caso di malattia del bambino, che spesso comportano un forzato giorno di ferie e quindi un calo di produttività.

Ci auguriamo, complice la crisi economica, che questa realtà ancora così poco diffusa cominci a prendere piede anche in Italia, partendo da un discorso puramente di taglio ai costi forse potrebbe avere un duplice vantaggio: aiutare i lavoratori a conservare il posto e proteggere l’ambiente!

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Simona Treré

Classe 1984, si è laureata a Bologna in Scienze della Comunicazione (con una tesi su Green Marketing e Green Communication) e ha conseguito il master in Comunicazione Ambientale a Roma. Dal 2009 lavora nel settore della sostenibilità ambientale seguendo la comunicazione e la progettazione ambientale per aziende del territorio. Grazie ai suoi studi e al suo lavoro si è potuta dedicare a una delle passioni: l’ecologia e il rispetto per la natura (nei suoi vari, complicati e meravigliosi aspetti). Per divertimento ha sfilato come modella di abiti green e per hobby si è avvicinata all’affascinante mondo dei “rifiuti-non rifiuti” attraverso il riciclo creativo, creando e vendendo oggetti realizzati con materiale di recupero.

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