Ambiente

Gli hippy erano già eco-sostenibili!

Uno stile di vita rispettoso della natura, a ridurre gli sprechi e al consumo consapevole, al fai da te e all'agricoltura bio

La controcultura hippy nata negli anni ’60 è passata alla storia per i suoi ideali di libertà sessuale, uno stile di vita libero da costrizioni, l’amore per il rock psichedelico e le droghe leggere. Oltre a quest’aspetto di superficie però c’era un’importante filosofia alla base, che privilegiava un rapporto sano e rispettoso con la natura, tanto che molte delle pratiche green che oggi stiamo riscoprendo erano in realtà già  in uso presso le comunità di questo movimento.

Gli hippy erano già eco-sostenibili!

Perché gli hippy sono eco-sostenibili

Mentre il mondo iniziava a confrontarsi con le prime grandi crisi energetiche e ambientali, gli hippy, che molti identificano ancora con i ribelli dai capelli lunghi, vestiti colorati e spirito libero, rano già avanti anni luce nel vivere in maniera eco-sostenibile.

Non lo chiamavano così, certo, ma il loro stile di vita era intrinsecamente orientato al rispetto della natura, alla riduzione degli sprechi e a un consumo consapevole, anticipando molte delle pratiche che oggi consideriamo fondamentali per salvare il pianeta.

Vivere con poco (e vivere meglio)

Per gli hippy, la sostenibilità non era una scelta consapevole dettata dalle emergenze climatiche, ma una filosofia di vita. Credevano nella semplicità volontaria, nel vivere con meno e nel disconnettersi dal consumismo sfrenato che caratterizzava l’epoca.  L’attitudine ad una vita più frugale, che rigettasse il consumismo esasperato che viveva allora il suo boom, era dunque parte della loro filosofia.

Vita comunitaria

La vita in comune, in alloggi ispitati alla natura, e spesso auto-costruiti, per usufruire dell’aiuto reciproco, a volte improntate al baratto delle risorse e dei prodotti disponibili era un altro dei principi ispiratori di questo movimento.

Gli hippy preferivano in effetti abitare in comuni autogestite o piccoli ecovillaggi autosufficienti, dove coltivavano il proprio cibo, condividevano risorse e costruivano case con materiali naturali. La loro idea di felicità non era accumulare oggetti, ma creare connessioni profonde: con la terra, con gli altri e con se stessi.

Agricoltura biologica e autoproduzione

Mentre il mondo industrializzato faceva largo uso di pesticidi e fertilizzanti chimici, gli hippy riscoprivano i metodi di agricoltura biologica, coltivando orti e campi in modo naturale. Compost, rotazione delle colture e semi non trattati, erano tutte cose all’ordine del giorno nei loro orti collettivi.

La filosofia alimentare era altrettanto rivoluzionaria: molti seguivanmo una dieta vegetariana  prima che diventasse una moda, e alcuni addirittura mangiavano secondo una dieta vegana.

Credevano che ogni pasto dovesse rispettare non solo il corpo umano, ma anche la terra da cui proveniva. Il cibo “locale e di stagione”, che oggi troviamo nei mercati chic delle città, era il pane quotidiano degli hippy.

Oggi mangiare cibo biologico è un trend diffuso da pochi anni, anchr se dominano ancora i prodotti confezionati dell’industria.

Riciclo e riuso: il do it yourself

Gli hippy sono stati i precursori del riciclo creativo. Vecchi jeans? Diventavano gonne lunghe o borse. Camicie logore? Perfette per creare patchwork o coperte. Persino i mobili venivano recuperati e trasformati. Niente veniva buttato via se poteva essere riparato, riutilizzato o reinventato.

E poi c’era il mantra del fai da te: saponi, candele, vestiti, gioielli. Tutto era fatto a mano, con materiali naturali o di scarto. Non solo era sostenibile, ma permetteva loro di esprimere creatività e unicità, in netto contrasto con la produzione di massa.

Energia alternativa: gli hippy e il sole

La crisi energetica degli anni ’70 portava il mondo occidentale a interrogarsi sul futuro dei combustibili fossili, ma gli hippy erano già passati oltre.

Credevano nel sole, nel vento e nell’energia della terra. Alcuni villaggi hippy pionieristici iniziarono a installare pannelli solari rudimentali e turbine eoliche artigianali per alimentare le loro comunità. Certo, non si trattava di tecnologie avanzate, ma l’idea che l’energia potesse provenire da fonti naturali era già nel loro DNA

Moda sostenibile

Erano maestri nell’indossare la sostenibilità. Tessuti naturali come il cotone e la canapa erano i preferiti, spesso tinti a mano con coloranti naturali, come curcuma, barbabietola o fiori. I loro vestiti, con le tipiche fantasie tie-dye, non erano solo un simbolo di libertà, ma anche un antidoto alla moda usa e getta.

E non dimentichiamo i sandali artigianali e gli accessori fatti di legno, corde o pietre trovate in natura: veri precursori della moda etica di oggi.

Rispetto per la natura e spiritualità

L’ecologia per gli hippy non era solo pratica, ma anche spirituale. Credevano che l’essere umano fosse parte integrante della natura e non il suo dominatore. Questo si traduceva in una cura quasi religiosa per l’ambiente: raccoglievano i rifiuti, evitavano prodotti chimici e vivevano seguendo i ritmi della terra.

Le loro pratiche di meditazione, lo yoga e i rituali comunitari all’aperto non erano solo un modo per rilassarsi, ma un richiamo alla connessione con la Madre Terra. Una spiritualità diffusa in cui si fondeva uomo, animali e natura.

L’eredità degli hippy

Oggi molte di queste pratiche sono diventate pilastri del movimento ambientalista moderno. Dal biologico al plastic free, dalla moda sostenibile alle energie rinnovabili, gran parte di ciò che consideriamo green ha radici nella loro cultura.

Gli hippy erano visti come sognatori e utopisti, ma la loro visione del mondo era sorprendentemente lungimirante. in un’epoca in cui il mondo occidentale affondava nell’era dell’iperconsumo. Loro piantavano orti, costruivano case di legno e cantavano lodi al sole. Oggi, più che mai, il loro messaggio risuona forte: vivere in armonia con la natura non è solo possibile, ma indispensabile per il futuro del pianeta.

Oggi si sta verificando una inversione di tendenza a favore del recupero di questi valori. La cultura ecologica hippy degli anni ’60-’70 sembra dunque trovare nuove forme sotto diverse e numerose iniziative che spuntano, dal food e car sharing al baratto di oggetti e abiti usati.

Si cercano rimedi naturali per prendersi cura del proprio corpo e della casa. Molti di noi leggono con attenzione l’etichetta degli alimenti ed sono attenti alla provenienza del cibo acquistato, alcuni prediligono gli alimenti biologici e c’è che si coltiva il proprio orto.

L’idea stessa di eco-quartiere ed eco-villaggio, in fondo non è che la visione più moderna dalle comuni degli anni ’70, in cui gli abitanti vivevano in una piccola comunità a misura d’uomo, spesso eco-sostenibile, energeticamente auto-sufficiente in cui la mobilità dolce era la regola, limitando così l’auto per privilegiare bici e mezzi pubblici.

Quello che conta è che l’uomo sta imparando a guardare indietro, recuperando valori che in un tempo non lontano erano bistrattati perché legati ad un mondo vecchio o fuori dalla società ‘civile’.

E forse, nel profondo, tutti noi abbiamo un po’ di hippy dentro di noi.

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Ultimo aggiornamento il 26 Maggio 2025 da Rossella Vignoli

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Alessia Fistola

Nata in Abruzzo nel 1982, si trasferisce a Roma per conseguire una laurea e un master in psicologia, ma dopo una decina d'anni rientra nel suo piccolo paese ai piedi della Majella, fuggendo dalla vita metropolitana. Attualmente coniuga l'attività di psicologa libero professionista con la passione per la scrittura, un hobby coltivato sin dalle scuole superiori. Collabora con la redazione di Tuttogreen dal 2011, cura un blog personale di taglio psicologico e scrive articoli per un mensile locale. Nel tempo libero ama passeggiare nei boschi e visitare i piccoli borghi, riscoprendo le antiche tradizioni d'un tempo.

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