Ambiente

Sono 10 i parchi in pericolo in Italia

Scoprite cosa minaccia le nostre aree protette

Sono 10 i parchi in pericolo in Italia. Lo dice anche un dossier presentato da Italia Nostra sulle aree più pregiate e più insidiate del nostro Paese, vale a dire dieci grandi parchi nazionali. Stando al rapporto, i loro nemici principali sono derivati dall’opera dell’Uomo, ovviamente, e in misura molto minore da problemi naturali.

Sono 10 i parchi in pericolo in Italia

Quali sono le minacce dei parchi italiani

Cemento, asfalto, installazioni militari, impianti di fotovoltaico a terra, centrali eoliche e a biomasse, cave, deforestazione, trivellazioni petrolifere, erosione continua del territorio, mancata tutela delle presenze storiche contenute…

Sono le minacce che incombono su diversi parchi italiani e molte sono soprattutto legate ad attività illegali. Però, cosa ancor più grave, spesso sono proprio le Istituzioni stesse a violare le leggi.

La minaccia principale dei nostri parchi è il degrado ambientale, quindi parliamo di inquinamento, deforestazione e perdita di biodiversità, legate all’industrializzazione, all’urbanizzazione selvaggia e all’agricoltura intensiva.

Anche i fenomeni naturali, come incendi boschivi, siccità e inondazioni, spesso esacerbati dai cambiamenti climatici, sono pericolosi per le aree protette.

Un altro aspetto che si considera poco ma che è devastante è l’eccessiva affluenza di visitatori, che può disturbare la fauna selvatica e mette in pericolo gli ecosistemi. Basti pensare alle aree montane delle Dolomiti.

Inoltre, le autorità e la politica, invece di vigilare e proteggere, sono responsabili di autorizzare attività turistiche invasive, che compromettono l’integrità dei paesaggi naturali.

Attività industriali ed estrattive, progetti di costruzione e fenomeni naturali coinvolgono, dunque, e distruggono gli habitat naturali mettendo in serio perioldei parchi.

Per questo si invitano i cittadini sono invitati a segnalare i parchi e le aree insidiate da proteggere.

Chi deve proteggere i parchi italiani?

A livello nazionale la protezione del patrimonio naturalistico italiano è un onere del Ministero della Transizione ecologica, responsabile anche della politica e della regolamentazione dei parchi nazionali. L’Ente Parchi Nazionali supervisiona la gestione e la conservazione di questi siti.

A livello regionale, sono le autorità regionali che si occupano della creazione e della gestione dei parchi regionali, stabilendo piani di gestione e norme di protezione.

Localmente, i Comuni e le Comunità locali giocano un ruolo importante nella tutela degli spazi naturali di prossimità, come i parchi urbani.

Anche le associazioni ambientaliste, i volontari e i cittadini svolgono un ruolo cruciale nella sensibilizzazione, nella sorveglianza e nella partecipazione diretta alle azioni di conservazione.

Infine, le attività portate avanti dai gestori dei parchi (personale, guardie forestali, ecc.) contemplano anche la vigilanza sulle attività all’interno dei siti protetti.

Una collaborazione tra questi diversi attori istituzionali e della società civile è essenziale per affrontare le sfide che minacciano l’integrità dei parchi italiani e garantirne una protezione efficace.

In questo ambito l’attività del Corpo Forestale e dei Carabinieri per la tutela del paesaggio, e con la Guardia Costiera per le aree marine protette sono fondamentali per coordinare le segnalazioni e il controllo dei vari enti.

Quali sono i parchi italiani in pericolo?

Alcuni dei più importanti parchi nazionali in Italia sono minacciati. Ecco i dieci più in bilico, che vi elenchiamo di seguito con le relative problematicità:

  • Parco Naturale della Collina torinese. Istituito nel 1991, il Parco è esteso per circa 750 ettari, prevalentemente coperti da boschi. All’interno dell’area protetta ci sono anche alcuni giardini storici di notevole interesse. Gli attacchi a questo “polmone verde” sono però pesanti. Ogni anno vengono presentate decine e decine di progetti di interventi edilizi nella zona della riserva, sottoposte alla Commissione locale del Paesaggio, che cerca di mitigarne gli impatti. Poiché il PRG di Torino prevede volumetrie edificabili anche alle zone parco, a rischio costante di edificazione sono anche le zone pre-parco, che hanno un costruito ormai storicizzato.
  • Parco Sud Milano e Parco del Ticino. In spregio a tutte le leggi di tutela, violentando e depredando campi, boschi, aree protette, parchi, aziende agricole, la Lombardia sta per dare avvio alla realizzazione di 370km di nuove autostrade che si aggiungono agli oltre 70mila chilometri di strade già esistenti. Le nuove arterie autostradali fanno razzia di terreni pregiati, di campi agricoli e di una grande porzione dell’ultimo baluardo e polmone verde di Milano e dei comuni circostanti, il Parco Sud dove passeranno 85km di tangenziali. L’Ente Gestore del Parco Agricolo Sud Milano ha inoltre autorizzato la realizzazione di un campo fotovoltaico di 70.000 mq all’interno del Parco.
  • Parco Nazionale dello Stelvio. Da quasi 20 anni il Parco Nazionale dello Stelvio – esteso su una superficie di circa 130.700 ettari, distribuita su 4 province (Brescia, Sondrio, Bolzano e Trento) e 24 comuni – è amministrato in forma consortile. Fortunatamente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – a cui erano giunte non solo le preoccupazioni delle associazioni ambientaliste – non ha accolto la proposta di smembramento del Parco Nazionale nei diversi comuni di riferimento in cui esso ricade, avanzata dalle forze politiche di maggioranza della Provincia autonoma di Bolzano e recepita dalla Commissione dei Dodici e dal Governo Berlusconi.
  • Parco delle Cinque Terre. Di fronte al tracollo fisico di una delle zone più celebrate al mondo per le sue qualità ambientali, non è mai stato avviato un dibattito né eventuali denunce delle possibili cause della disastrosa alluvione del 25 ottobre 2011 e si oppone una altrettanto agguerrita linea di pensiero. Da luglio 2024 è riaperta via dell’Amore, messa in sicurezza, grazie alle opere di consolidamento, che unisce Riomaggiore e Manarola.
  • Parchi del Delta del Po. Un parco intrappolato in due Regioni: Emilia-Romagna e Veneto. Si sviluppa sino a ricomprendere tutto il delta storico del fiume Po e le foci di alcuni fiumi appenninici e zone umide salmastre site lungo la costa adriatica e nell’immediato entroterra quali la Sacca di Goro, le Valli di Comacchio, le Piallasse Ravennati, le Saline di Cervia, le zone umide interne di acqua dolce delle Valli di Campotto, boschi e pinete come il Bosco della Mesola e la Pineta di San Vitale. Ricchissima è anche la dotazione di importanti monumenti: l’Abbazia di Pomposa, S. Apollinare in Classe, gli stessi centri storici di Mesola, Comacchio, Ravenna e Cervia. Anni di polemiche e di diatribe hanno impedito alle due amministrazioni regionali e alle amministrazioni provinciali e comunali coinvolte di raggiungere un accordo circa la gestione congiunta dell’area protetta.
  • Parco delle Alpi Apuane. La zona è ostaggio delle cave. Istituito con la legge regionale n.5 del 21.1.1985, esteso su 20.598 ettari, comprende due Provincie, Massa Carrara e Lucca, 5 comunità montane e 16 comuni. Tuttavia solo con la legge del 21 luglio 1997 l’Ente di gestione è entrato (parzialmente) in funzione; infatti a tutt’oggi la Regione Toscana non ha ancora approvato il Piano del Parco. L’escavazione del marmo, grazie all’utilizzo di macchine sempre più perfezionate, consente una capacità estrattiva centuplicata rispetto al periodo prebellico. Inoltre, da qualche decennio il marmo non viene più usato per fare manufatti artistici e di pregio ma, sminuzzato e ridotto in polvere; un cattivo uso questo che impoverisce tutta la collettività anche perché il marmo è un bene in esaurimento e non riproducibile. Va poi aggiunta una escavazione selvaggia e, in molti casi abusiva, che rimane impunita, nonostante leggi nazionali che la regolamentano.
Di Sandra Ross - Opera propria, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=64565971
Alpi apuane al tramonto, Foto di Sandra Ross – CC BY 4.0

 

  • Comprensorio archeologico dell’Appia Antica. Questo territorio pregiatissimo, da corrispondere nei fatti alla definizione che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio dà di un parco archeologico, è un esempio della trascuratezza che nemmeno risponde al regime di protezione assicurato ad esempio, dai parchi nazionali naturali. Tutto il Parco dell’Appia Antica è continuamente minacciato dall’abusivismo e dal degrado.
  • Parchi della Calabria. L’istituzione di un Parco nazionale non è stata misura sufficiente a garantire la protezione e la conservazione dell’ecosistema e della biodiversità all’interno dei 3 parchi nazionali presenti tra Calabria e Basilicata – Sila, Pollino, Val D’Agri. In assenza di un piano nazionale condiviso localmente si rischia di snaturare i principi e le azioni delle leggi nazionali di tutela ambientale. Inoltre nel parco della Val d’Agri la Regione Basilicata ha concesso più di 60 permessi per le trivellazioni petrolifere in un territorio piuttosto limitato e ricco di sorgenti d’acqua.
  • Parchi geo-minerari della Sardegna. Primo esempio emblematico della “Rete mondiale dei geo-siti e geo-parchi” riconosciuti dall’Unesco, il Parco Geo-minerario della Sardegna è stato istituito il 16 ottobre 2001 con decreto del Ministero dell’Ambiente. Purtroppo, ancora non è operativo e ha deluso le aspettative che in esso erano state riposte. Al contrario di altri meravigliosi parchi nazionali che si trovano in Sardegna, come il Parco nazionale dell’Alta Murgia ed il Parco dell’Asinara, queste aree geo-minerarie si trovano nella zona di Iglesias, una zona meno conosciuta.
  • Riserva naturale sughereta di Niscemi in Sicilia. La Riserva naturale della sughereta di Niscemi, nella Sicilia centro meridionale in provincia di Caltanissetta, è il residuo una vasta area boschiva che copre le ultime propaggini collinari dei monti Iblei, degradanti verso la costa della piana di Gela. All’interno della riserva, istituita nel 1997 ed affidata in gestione all’Azienda Regionale Foreste Demaniali, in località Valle dell’Ulmo si presenta oggi un paesaggio da incubo. La collina sventrata, voragini ampie come i crateri di un vulcano, il terreno lacerato dal transito dei mezzi pesanti, ruspe, betoniere, camion. Recinzioni di filo spinato, tralicci di acciaio. Una selva di antenne, terrazzamenti, gli uni sugli altri, per centinaia e centinaia di metri. Inoltre non conoscono soste i lavori di realizzazione, all’interno della Riserva naturale “Sughereta” di Niscemi, del terminale terrestre del MUOS (Mobile User Object System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare USA.

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Foto di Dallin Holding su Unsplash

 

 

Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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