Certificazione di un negozio biologico: come funziona e come si ottiene
Ecco come funziona la certificazione negozio biologico in Italia: i passaggi e se vale veramente la pena ottenerla.
Diverse persone hanno pensato, in varie parti d’italia, di aprire un negozio che vendesse solamente prodotti biologici. Una scelta sempre più diffusa nel nostro Paese, visto l’interesse sempre crescente dei consumatori, che vede però contrapporsi due realtà distinte: le grandi catene che aprono negozi in tutta Italia, e i piccoli negozi che hanno solamente una filiale, non particolarmente grande. Si tratta di un Davide contro Golia, anche se questo non significa necessariamente che i piccoli negozi siano destinati alla chiusura fin dal primo momento, anzi. Tuttavia, per fornire garanzie ulteriori ai propri clienti mi è stato chiesto di spiegare come funziona la certificazione negozio biologico,e reduce da ricerche e studi specifici sull’argomento, ecco la risposta.
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Certificazione biologica: come funziona
Per fare una panoramica sul mondo delle certificazioni biologiche in generale, è bene sapere che fino a qualche anno fa i magazzini e in generale chi si occupava di vendita non era contemplato nell’obbligo della certificazione che, invece, si fermava solamente alla produzione primaria. Oggi le cose non sono più così, e sono contemplate dalla certificazione bio produttori di alimenti di origine vegetale, produttori di alimenti di origine animale, industrie di lavorazione e trasformazione, importatori, esportatori e strutture di vendita.
Per chi lo avesse dimenticato, gli alimenti che possono essere biologici sono prodotti vegetali, prodotti animali (esclusa cacciagione), prodotti dell’acquacoltura (pesca esclusa), prodotti alimentari lavorati, vino, lieviti ed alghe Marine.
La certificazione biologica avviene per prima cosa in un negozio che sia già in regola con tutte le questioni legali che riguardano un qualsiasi negozio che vende prodotti alimentari: per cui richieste edilizie del Comune, richieste sanitarie della ASL, rispetto del sistema di autocontrollo (l’HACCP, per intenderci), iscrizione alla Camera di Commercio e così via, insomma tutti gli obblighi di legge che deve seguire anche il negozio non biologico, devono essere regolari prima di partire con la certificazione.
In Italia, la certificazione per il biologico funziona in questo modo.
Gli enti che certificano sono enti di terze parti, per cui non sono mai statali e non ci sono obblighi di legge verso di loro (come ci sono, ad esempio, per la ASL o per l’agenzia delle entrate). Questi enti, a loro volta, devono essere certificati da Accredia, che è l’ente statale unico che si occupa delle certificazioni.
L’ente certificatore quindi deve fornire per prima cosa il proprio certificato di accreditamento Accredia, altrimenti potrebbe essere falso (è rarissimo che succeda, ma succede).
Il negozio, a questo punto, deve richiedere la certificazione biologica ad uno degli enti certificatori di terze parti presenti in Italia. Sono una ventina, quindi non tantissimi, e devono operare nel rispetto del Reg. CE 834/2007, che avrete sicuramente sentito nominare a proposito del biologico, è il regolamento unico europeo ancora in vigore.
Delle questioni documentali, quindi, se ne occuperà l’ente, che informerà lo stato per i controlli (che poi lo stato non farà, ma comunque), l’Autorità competente, dell’inizio del processo di certificazione biologica. A questo punto si sottoscrive il contratto con l’organismo scelto e inizieranno i controlli, che seguiranno una normativa standard (ISO) ben precisa, nella loro attuazione, evidenziando tutte le criticità presenti che dovranno essere corrette prima del rilascio del certificato di conformità, che è il documento che certifica effettivamente il negozio biologico.
A questo punto, in pratica, il negozio è certificato, e questo significa che…
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Negozio biologico certificato: cosa significa e quanto costa
A mio avviso, molti di coloro che vogliono avere un negozio biologico certificato non hanno ben chiare le implicazioni della certificazione negozio biologico.
In pratica, per un esercizio di immagazzinamento o vendita, essere certificati per il biologico significa solamente che viene rispettata la natura biologica del prodotto, insomma esattamente come succede per un produttore primario. Ma se un agricoltore ne ha bisogno per dare garanzie su mangimi, medicinali e produzioni, un negoziante ne ha bisogno solo per certificare che i prodotti biologici non vengono in contatto con i prodotti non biologici, che quel negoziante comunque può sempre vendere. Insomma non serve a dire che “questo negozio vende solo prodotti bio”, anche perché basterebbe mettere dell’acqua, che biologica non può essere, per perdere una certificazione biologica che fatta in questo modo sarebbe assurda.
Insomma, questa certificazione può avere un senso per un grande magazzino che vende prodotti ortofrutticoli sfusi, dove il biologico non si deve mescolare al non biologico ma i rischi ci sono; un negozio che compra solamente prodotti biologici e li vende, a loro volta certificati e tutti confezionati, non ha bisogno di una certificazione del genere (anche perché dove la mette, poi? Non produce nulla, la certificazione di solito si mette in etichetta, è quella verde con la foglia e le stelline).
Non ne ha bisogno e non è detto nemmeno che ne abbia le possibilità economiche: una certificazione è molto costosa, sia inizialmente (possono variare dai 5.000 alle 10.000 euro e anche più) che nel proseguire, con i costi delle analisi di laboratorio (un’analisi per i pesticidi costa 200 euro). E nella certificazione le analisi ci vogliono, altrimenti che certificazione è?
Insomma, intraprendere un processo di certificazione non ha molto senso in talune realtà, come quelle piccole. Può farlo una grande catena di distribuzioneper certificare i magazzini, così che i prodotti bio non vengano in contatto con quelli non bio, ma ha le possibilità economiche per farlo; per un piccolo negozio, che oltretutto non ha rapporti commerciali (in uscita) con realtà che richiedono questo tipo di certificazione, risulta un onere inutile e difficilmente sostenibile, probabilmente.
Insomma, se volete contattare un ente certificatore per provare ad intraprendere questo percorso potete farlo, ma chiedete per prima cosa i costi di un’operazione del genere: purtroppo il mondo delle certificazioni è qualcosa di molto complesso, e anche di costoso, che è fuori dalla portata del piccolo commerciante.
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Ultimo aggiornamento il 18 Giugno 2024 da Rossella Vignoli
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