Agricoltura biologica

Il Museo dell’Agricoltura esiste ed è a Latina

Correva l’anno 1924 e il Fascismo aveva preso il potere da due anni, quando si decise di rivalutare una vasta area del Lazio, l’Agro Pontino, una zona di 20.000 ettari prevalentemente paludosa, chiusa tra il Mar Tirreno ed i monti Lepini ed Ausoni, percorsa dal fiume Astura e dai Colli Albani, di proprietà della famiglia Caetani, ma da sempre abbandonata a se stessa.

Il Museo dell’Agricoltura esiste ed è a Latina

Iniziò una bonifica che vide impegnati dal 1926 al 1937 ben 50.000 operai. Oltre al prosciugamento delle paludi e la costruzione dei canali, ci fu il disboscamento delle foreste e la costruzione di nuovi centri; sorsero così non solo terreni agricoli, ma anche nuove città come Latina (col nome di Littoria), Sabaudia, San Felice Circeo e Terracina.

Questi terreni agricoli vennero poi ‘forzosamente’ popolati da migliaia di contadini soprattutto veneti, fuggiti dalla povertà e dalla mezzadria,  per coltivare da coloni finalmente una terra libera e di cui essere padroni.

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Ed è proprio a Latina che alla fine degli anni ’90 è nato il Museo dell’Agricoltura, voluto da un imprenditore agricolo Mariano De Pasquale, che ospita decine di capannoni concepiti come set cinematografici, che riproducono fedelmente la vita e gli strumenti di lavoro degli agricoltori dell’Agro Pontino. Parte del percorso è dedicato anche alla Seconda Guerra Mondiale, con cimeli di aerei e treni interi. Qualcuno l’ha definito la Disneyland dei contadini, ma forse è più paragonabile al Museo di Cinecittà.

Il museo dell’Agricoltura ospita un interessante retrospettiva sulle attività agricole dei primi anni del ‘900, partendo dalla bonifica del territorio pontino, soffermandosi sulla sua colonizzazione e mostrando “in diretta” il modo di produrre e consumare dell’Italia prima della straordinaria trasformazione del nostro Paese fra gli anni ’50 e ’60.

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Molto ricca è la sezione sui mezzi agricoli d’epoca che vanno dalle prime locomobili a vapore ai trattori con motori a petrolio, di tutte le marche (Fordson, Fiat, Bubba, Bulldog, Ferguson, Landini, John Deere, Pavesi Toltoti, Fotomeccanica, OM, Orsi). A questi si affiancano carretti, autocarri, motocarri, motociclette e autobus, oltre a diversi macchinari utilizzati per le attività nei campi (erpici, seminatrici, imballatrici, trinciaforaggi e trebbiatrici).

E’ rappresentato il mondo delle tradizioni e della cultura della civiltà contadina: come si faceva una volta il vino, l’olio, il pane e il formaggio, come funzionava una carbonaia o come si trebbiava il grano. L’era della plastica non era iniziata e ogni oggetto aveva una sua funzione e, se si rompeva, andava riparato.

Interessante la parte sul giocattolo d’epoca, che ripercorre i primi sessant’anni del Novecento mostrando le auto-giocattolo, gli aerei, le navi, gli automi, gli arredi delle case di bambola, i robot e le astronavi, il fermodellismo, i mezzi militari, le auto della polizia e dei pompieri, i soldatini.

Un luogo da visitare con i bambini, questo Museo dell’Agricoltura, per far loro scoprire oggetti e modi di vivere lontani dalla nostra quotidianità, e visitare un mondo, quello contadino, da cui quasi tutti veniamo, sebbene oggi se ne sia perso il ricordo, tutti presi come siamo dai nostri ‘giocattoli’ tecnologici e da una vita lontana da quella dei nostri nonni.

Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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