Agricoltura biologica

Cosa sono gli allevamenti intensivi

La storia e come sono organizzati questi allevamenti che consento di vendere la carne ad un prezzo sempre più basso

È ormai sempre più difficile ignorare la realtà nascosta degli allevamenti intensivi industriali. Ma come sono nati? Conosciamo meglio questa realtà produttiva, che parte da una scoperta casuale, ed ha trovato spazio in un sistema improntato a massimizzare il guadagno.

Cosa sono gli allevamenti intensivi

Cos’è un allevamento intensivo

Noto anche come allevamento industriale, è una forma di allevamento di animali destinati all’alimentazione umana che sfrutta tecniche industriali e scientifiche al fine di ottenere una quantità massima di prodotto a fronte di costi minimi e usando spazi estremamente ridotti.

Questo metodo è diffusissima nei Paesi sviluppati. Basti pensare che la maggior parte della carne e delle uova che abitualmente acquistiamo al supermercato è prodotta proprio in questo modo. Ed è anche la ragione per cui è possibile mantenere dei prezzi accettabili per una categoria di alimenti che tradizionalmente è sempre stata costosa.

Come funziona l’allevamento intensivo

Questa pratica ha come scopo quello di soddisfare la richiesta di alimenti di origine animale, abbattendone i costi.

La maggior parte degli allevamenti industriali presentano le seguenti caratteristiche:

  • vengono allevati numerosi animali
  • gli animali sono costretti in spazi molto ridotti per massimizzare l’utilizzo dello spazio e per semplificare le operazioni di nutrimento
  • lo stato di salute degli animali è tenuto sotto controllo attraverso specifiche misure igieniche ed eventualmente anche per mezzo di farmaci, soprattutto antibiotici, per combattere infezioni
  • alimentazione controllata in funzione del prodotto finale da ottenere

Allevamento intensivo delle mucche

Di solito, le mucche vengono macellate a soli 3-4 anni di età, dopo aver partorito il terzo vitellino. Dopo neanche 24 ore dalla nascita, i vitellini vengono allontananti dalla madre e chiusi all’interno di box singoli per abbattere la loro naturale attitudine sociale.
Allevamenti intensivi

Ricordiamo che, allo stato naturale, le mucche potrebbero vivere fino a 20 anni!

Allevamento intensivo dei maiali

All’interno degli allevamenti le scrofe vengono ingravidate in maniera artificiale per tutta la loro vita. Partoriscono in gabbie minuscole dove non riescono neppure a girarsi, men che meno a prendersi cura dei cuccioli, da cui vengono subito separate.

Allevamento intensivo delle galline

Sono stipate in lunghe gabbie orizzontali su più piani, in cui depongono continuamente uova che rotolano in una canalina. Hanno poca acqua e cibo, e le galline vengono esposte a cambi di luce frequenti per indurle in uno stato confusionale che le rende più produttive. Per il troppo stress, il 5-10% delle galline muore anzitempo.

Come vengono nutriti gli animali negli allevamenti intensivi

Gli animali allevati coi metodi intensivi vivono ammassati in capannoni e costretti in piccole gabbie. A polli, galline e tacchini, di solito vien e rimosso il becco per evitare che i volatili si provochino ferite l’un con l’altro a causa della eccessiva vicinanza, spesso mostrano atteggiamnti violenti l’uno con l’altro per la stretta vicinanza.

Gli animali vengono nutriti con grano, mais e soia, sempre coltivati in maniera intensiva e con l’impiego di grandi quantità di pesticidi che possono rimanere nelle carni degli animali, passando poi nell’uomo che se ne nutre.

Va sottolineato che gli animali sono nutriti con un mix di alimenti a base di cereali per cui non sono abituati dall’evoluzione. Il doppio stomaco delle mucche serve per la lunga digestione dell’erba e del fieno e non certo per i cereali e la soia. Questi ultimi provocano forti flatulenze e infiammazioni intestinali alle mucche proprio perché il loro processo digestivo naturale è alterato e costretto a ingerire ciò che non sono capaci completamente di digerire.

Come uccidono gli animali negli allevamenti intensivi

Gli animali vengono uccisi con vari metodi:

  • pistola o fucile a proiettile libero
  • uso di gas
  • folgorazione
  • decapitazione
  • dissanguamento
  • dislocazione del collo
  • impiego del ‘cassone a vuoto’, metodo solitamente usato per la selvaggina che viene inserita in una scatola a tenuta stagna, il vuoto ne provoca la morte

La LAV – Lega Anti Vivisezione – si oppone a queste macellazioni cruente e si batte per l’obbligo di stordimento preventivo per tutti gli animali in Italia, come già accade in altri Paesi, come Svezia, Svizzera, Norvegia, Malesia e alcuni Land austriaci.

Quali sono i problemi degli allevamenti intensivi

Questa forma di allevamento costituisce una grave minaccia per il pianeta e i suoi abitanti.

Ecco qui di seguito i problemi che causano gli allevamenti intensivi:

  • produzione di agenti contaminanti, agenti patogeni, metalli pesanti e pesticidi che rappresentano una potenziale minaccia per la salute di noi uomini
  • emissioni di gas serra (secondo i dati della FAO il 14,5% delle emissioni globali)
  • deforestazione per creare zone di coltivazione destinate all’alimentazione degli animali allevati
  • liberazione di gas precedentemente stoccati nel suolo e nella vegetazione
  • fabbricazione di fertilizzanti di sintesi per le colture intensive per l’alimentazione animale
  • liberazione di metano e di protossido di azoto attraverso le deiezioni animali, la fermentazione prodotta dai ruminanti in fase digestiva e l’uso di fertilizzanti
  • perdita di biodiversità globale
  • aumento del rischio di malattie fra gli stessi animali che poi possono passare agli umani
  • sviluppo della resistenza antimicrobica col conseguente rischio di sviluppare nuovi virus resistenti agli antibiotici
  • eccessivo consumo di acqua
  • danni provocati agli ecosistemi acquatici e marini

Perché gli allevamenti intensivi inquinano

Ogni giorno, gli animali allevati intensivamente producono enormi quantità di rifiuti biologici ricchi di azoto e fosforo in zone ristrette. Se tali rifiuti non vengono eliminati prontamente e in maniera corretta, finiscono nell’ambiente.

Le deiezioni animali causano la produzione di gas serra, come ammoniaca e metano, che sono ben più pericolosi dell’anidride carbonica, perché persistono più a lungo nell’atmosfera ed hanno una maggiore capacità di alterare il clima.

Fosforo e azoto, dal canto loro, possono causare gravi problemi. Percolando nei corsi d’acqua, ad esempio, causano una massiccia proliferazione di alghe, che vanno a monopolizzare l’ossigeno presente e lasciano così poche possibilità di sopravvivenza a piante ed animali.

L’inquinamento dell’atmosfera causato dalle emissioni di gas serra provoca vari fenomeni che mettono a rischio il Pianeta e la vita sulla Terra. In particolare, ci riferiamo al cambiamento climatico e al riscaldamento globale.

Quanto inquinano gli allevamenti intensivi

Inquinano più dei trasporti. È stato stimato che la zootecnia europea emette ogni anno l’equivalente di 502 milioni di tonnellate di CO2.

Secondo i dati dell’Ispra, gli allevamenti intensivi producono il 75% delle emissioni di ammoniaca in Italia. Sulla base di un rapporto di FAIRR, gli allevamenti genererebbero il 44% delle emissioni globali di metano.

Nel complesso, gli allevamenti causano il 79% delle emissioni di gas serra nel settore dell’agricoltura, di cui il 47% deriva dalla fermentazione enterica, il 18,8% dalla gestione delle deiezioni e il 27,6% dai suoli agricoli per le coltivazioni.

Qual è il Paese con più allevamenti intensivi

Il più grande allevamento intensivo del mondo si trova in Cina. Si tratta di un grattacielo costituito da 26 piani, interamente destinato ai maiali, dove i suini sono stipati in gabbie così tanto piccole da non riuscire né a muoversi né ad interagire fra loro.

Quali sono gli allevamenti intensivi in Italia

Sulla base della Banca dati nazionale dell’anagrafe zootecnica, in Italia gli allevamenti intensivi sono quasi 400mila, concentrati soprattutto al Nord, e più precisamente in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna.

In questo contesto, la regione Lombardia detiene due tristi primati: è infatti la regione che conta il maggior numero di bovini (15mila aziende e 1,5 milioni di animali circa) e di maiali (più di 4milioni).

Non è dunque casuale il fatto che la Pianura Padana sia l’area più inquinata d’Europa. Ogni anno, gli allevamenti intensivi italiani ricevono milioni di euro in sussidi PAC, i finanziamenti della Politica agricola comune europea.

Cosa si può fare per combattere gli allevamenti intensivi

Nel nostro piccolo, possiamo contribuire a ridurre l’inquinamento diminuendo il consumo di carne e di prodotti di origine animale all’interno della nostra dieta.

Sulla base di un recente studio, un cambiamento nell’alimentazione di tutti potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di agricoltura ed allevamento comprese fra il 25% e il 40%.

Non per forza si deve adottare un regime alimentare vegetariano o vegano, ma scegliere di portare in tavola più cereali, legumi e ortaggi, e carne da allevamenti biologici o all’aperto vuol dire pensare all’ambiente, agli animali e alla propria salute.

Come capire se la carne proviene da allevamenti intensivi

Sulle confezioni delle uova abbiamo indicazioni chiare e precise sul tipo di allevamento delle galline. Sulla provenienza della carne, però, in Italia non ci sono regole chiare e specifiche riportate sull’etichettatura.

Allevamenti intensivi

Per la carne di pollo esiste un sistema di etichettatura volontaria, in cui è possibile trovare le seguenti informazioni:

  • polli da allevamento rurale
  • polli da allevamento in libertà
  • polli da allevamento all’aperto
  • pollo allevato al coperto con metodo estensivo
  • polli allevati con maggior spazio rispetto ai limiti di legge

Per quanto invece riguarda, invece, la carne di manzo e bovino, la cosiddetta carne rossa, è importante imparare ad osservarla per carpine la provenienza. Le carni degli animali allevati con sistema intensivo presentano le seguenti caratteristiche:

  • carni più tenere che hanno bisogno di una minore frollatura
  • maggiori quantità di grasso (dal 25 al 50% in più rispetto agli animali che pascolano liberamente)
  • grasso di colore bianco, mentre il grasso degli animali allevati in libertà tende più al giallo e scurisce durante la cottura
  • maggiore quantità di acqua interna (lo si capisce da quanto la carne si riduce in cottura) perché essendo allevati al chiuso e avendo poco spazio per potersi muovere, questi animali trattengono i liquidi
  • sapore delicato, mentre il gusto della carne di animali allevati all’aperto è più sapido e più intenso

La storia degli allevamenti intensivi

Per rintracciare la loro nascita dobbiamo tornare ai primi anni del ‘900. Per la precisione nel 1926, sulla costa orientale degli USA, quando un piccolo allevatore ricevette per errore un carico di circa 450 pulcini. Invece di reclamare per la consegna indesiderata, decise di tenere questi animali nella sua fattoria, nonostante gli spazi ridotti a disposizione.

I pulcini, pur se in precarie condizioni, sopravvissero e si riprodussero in tempi brevi, aumentando in modo esponenziale il numero di esemplari. In meno di 10 anni arrivò a contarne circa 250 mila.

Dopo questo esordio fortuito, tuttavia, occorre attendere gli anni ’60 per osservare il radicamento della realtà degli allevamenti industriali in varie parti del mondo. In quest’epoca la diffusione dei farmaci, in particolare di antibiotici, utilizzabili sui capi di bestiame, rese possibile preservare gli animali dalle patologie.

Molti esemplari, infatti, iniziavano ad ammalarsi a causa delle malsane condizioni di vita dovute a spazi ridotti, sovraffollamento, scarsi standard igienici.

Il successo economico di questo tipo di produzione spinge ad estendere la sperimentazione anche ad altri tipi di animali.

Non solo polli, allora, ma anche suini e poi bovini, da carne e dal latte, vengono sottoposti a questo sistema industriale di produzione. È il momento della massima diffusione degli allevamenti industriali in tutto il mondo, con caratteristiche simili a quelle odierne.

Confronto degli allevamenti di ieri e oggi

Nonostante le caratteristiche degli allevamenti industriali siano rimaste simili a quelle attuali, è variata la mole di animali coinvolti. Ogni anno vengono infatti allevati circa 70 miliardi di animali, destinati al consumo umano. Nel tempo si è appurato come questa realtà produttiva stia lasciando un’impronta importante sul nostro Pianeta.

La deforestazione, l’inquinamento delle falde acquifere e il consumo idrico ed il surriscaldamento globale sono solo alcune delle conseguenze.

Si può dire che il successo di questo modello zootecnico sia da attribuirsi anche alle vicende storiche. A partire dal secondo dopoguerra, il boom economico ha spinto ad una maggiore richiesta di prodotti di origine animale a basso costo, prima poco consumati.

Oggi non si può più tollerare questo modello, decisamente poco sostenibile per la salute nostra e dell’ambiente. Una piccola rivoluzione quotidiana, quindi, può partire dalle nostre giornaliere scelte consapevoli come consumatori.

Ultimo aggiornamento il 5 Luglio 2024 da Rossella Vignoli

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Rossella Vignoli

Fondatrice e responsabile editoriale, è esperta di bioedilizia, design sostenibile e sistemi di efficienza energetica, essendo un architetto e da sempre interessata al tema della sostenibilità. Pratica con passione Hatha yoga, ed ha approfondito vari aspetti dello yoga. Inoltre, è appassionata di medicina dolce e terapie alternative. Dopo la nascita dei figli ha sentito l’esigenza di un sito come tuttogreen.it per dare delle risposte alla domanda “Che mondo stiamo lasciando ai nostri figli?”. Si occupa anche del sito in francese toutvert.fr, e di designandmore.it, un magazine di stile e design internazionale.

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