Ambiente

Il problema delle reti da pesca abbandonate in mare

Le reti fantasma causano danni e incidenti a barche e inquinano il mare

Il problema delle reti da pesca abbandonate in mare, perse o dismesse rappresentano una minaccia per la fauna marina: infatti, anche gli animali di grossa taglia come delfini, foche, tonni e tartarughe vi rimangono spesso imprigionati.

Il problema delle reti da pesca abbandonate in mare

Le reti da pesca abbandonate — note come ‘reti fantasma’ — rappresentano una minaccia invisibile ma letale. Il problema delle reti da pesca abbandonate in mare provoca vittime tra pesci, tartarughe, coralli e mammiferi marini, causando sofferenze e impoverendo gli ecosistemi

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Cosa sono le reti fantasma

Si tratta di attrezzature da pesca perse o deliberatamente lasciate in mare, che possono trovarsi nei fondali, arrivare alle spiagge o restare in acque libere, dove continuano a intrappolare organismi marini inconsapevoli .

Il problema delle reti da pesca abbandonate nel mare

Oltre a rappresentare un forte pericolo di danni e incidenti per le imbarcazioni, le reti abbandonate rappresentano un agente fortemente inquinante in questa sorta di seconda vita, dal momento che rimangono nell’ecosistema per centinaia di anni. E quando vengono recuperate, spesso sono inviate alle discariche o semplicemente bruciate, creando ulteriore inquinamento.

I tramagli, che posti sui fondali formano dei veri e propri muri di reti verticali di grandi dimensioni, continuano a pescare per mesi, anche se persi o abbandonati, continuando a mietere vittime indifese fra gli animali marini.

Purtroppo si comportano allo stesso modo le trappole per pesci o granchi che vengono disperse, rappresentando una delle principali cause di pesca fantasma.

Si tratta di una situazione che sta peggiorando a causa dell’aumento delle operazioni di pesca e all’utilizzo di attrezzature in materiali sintetici resistenti ed estremamente durevoli.

Spesso nasse e reti non vengono abbandonate di proposito, ma sono perse durante tempeste o in presenza di forti correnti o addirittura rimangono incagliate in altre reti o trappole precedentemente poste sui fondali.

Dati e portata del fenomeno

Ogni anno, tra 500.000 e 1 milione di tonnellate di attrezzature da pesca abbandonate — reti, lenze, trappole e corde — finiscono in mare. Sono i cosiddetti ghost gear, o reti fantasma. Costituiscono una parte significativa dell’inquinamento oceanico globale.

Secondo le stime di Earth.org e Discover Wildlife, questi materiali non solo si accumulano nei fondali e tra i coralli, ma vengono trasportati dalle correnti oceaniche per migliaia di chilometri, invadendo ecosistemi remoti e fragili.

A livello globale, si calcola che le reti fantasma rappresentino circa il 10% di tutta la plastica presente negli oceani. Ma la loro pericolosità va ben oltre la semplice presenza fisica: a differenza di molti rifiuti galleggianti, queste attrezzature sono progettate per catturare. Continuano quindi a esercitare il loro lavoro anche senza controllo umano, mettendo a rischio la fauna marina.

Secondo un rapporto realizzato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il numero di reti abbandonate negli oceani si aggirerebbe intorno alle 640.000 tonnellate e rappresenta addirittura un decimo della totalità di rifiuti presenti nei mari.

Il WWF calcola che ogni anno oltre 650.000 animali marini restino vittime delle reti fantasma: tartarughe, foche, cetacei, squali e una miriade di pesci e uccelli acquatici. Le cifre sono talmente gravi che molte ONG definiscono il ghost gear come la forma più letale di rifiuto marino oggi presente negli oceani.

Effetti sull’ambiente e la fauna

Il fenomeno dei ghost fishing è devastante. Queste reti abbandonate continuano a intrappolare e uccidere animali anche per decenni.

Non si tratta di un semplice ingombro, ma di una vera e propria trappola mortale. Pesci, granchi, tartarughe e mammiferi marini vi restano incastrati, morendo lentamente per soffocamento, fame o ferite.

Il problema non si limita agli animali: le reti galleggianti danneggiano le barriere coralline, graffiando e lacerando strutture vive costruite in centinaia di anni. Questo porta alla perdita irreversibile di habitat marini fondamentali per la biodiversità. Fonti come Reuters e WorldAtlas confermano che queste abrasioni compromettono interi ecosistemi tropicali, già sotto pressione per il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani.

Inoltre, le reti possono rappresentare un serio pericolo anche per la navigazione. Le eliche delle barche o delle imbarcazioni da pesca possono impigliarsi nei filamenti, causando incidenti, ritardi o danni meccanici costosi. In aree turistiche o costiere, questo fenomeno ha un impatto anche economico e sulla sicurezza umana.

Perché te ne deve importare

Ogni rete fantasma compromette habitat vitali e favorisce microplastiche. Proteggerli significa anche tutelare la nostra catena alimentare e la sicurezza in mare.

Le reti fantasma costituiscono una catastrofe silenziosa, e solo una strategia integrata fatta di tecnologia, politiche ad hoc, sensibilizzazione dei pescatori, potrà salvare i nostri mari.

Le soluzioni al problema delle attrezzature da pesca abbandonate

Le strategie per affrontare il problema dovrebbero riguardare misure preventive e di manutenzione e cura delle attrezzature per la pesca. Il rapporto internazionale FAO – UNEP propone incentivi finanziari per spingere i pescatori a denunciare la perdita delle attrezzature e recuperare le reti danneggiate. Altre soluzioni vertono sulla possibilità di contrassegnare le reti, per capire anche come le attrezzature sono andate perdute, e sull’impiego di tecnologie all’avanguardia per analizzare i fondali marini, migliorare le previsioni meteorologiche e realizzare attrezzature in materiali biodegradabili.

Per scoraggiare l’abbandono delle reti da pesca e facilitarne una gestione responsabile per il recupero e la rigenerazione è necessario un dialogo con le istituzioni dei diversi Paesi, e la volontà di fornire proposte e soluzioni concrete. Inoltre, è necessario il coinvolgimento delle comunità locali con la promozione di incontri formativi sul tema, in special modo ai giovani.

In sintesi, è fondamentale l’azione congiunta di varie iniziative:

  • Prevenzione e tracciabilità delle reti marcate che devono esser dotate di GPS/GSM
  • Uso di materiali biodegradabili per le reti, come coir o nylon degradabile
  • Rimozione e riciclo delle reti con iniziative come Fishing for Litter, Healthy Seas, Net‑works, Carpentaria Program, che si pongono l’obiettivo di eliminare tutte le reti che vengono trovate
  • Politiche d’incentivazione economica per il recupero delle reti e spinta alla raccolta differenziata da parte di pescatori

Casi reali e iniziative efficaci

Esistono però anche esempi virtuosi di risposta al problema. A Phuket, in Thailandia, un gruppo di sub volontari ha raccolto oltre 130 t di reti fantasma nei fondali del mar delle Andamane. Il risultato? Un incremento del 30% della fauna marina osservata nelle aree ripulite, secondo i dati raccolti da Oceans Plastic Cleanup e Treehugger.

Anche in Germania, il WWF ha lanciato un progetto innovativo chiamato GhostNetZero. Utilizzando intelligenza artificiale, droni e sonar a scansione laterale, il programma è in grado di individuare le reti sommerse e organizzarne il recupero in modo mirato, risparmiando tempo e risorse.

Si tratta di esempi concreti che dimostrano come, con l’aiuto della tecnologia e della collaborazione internazionale, il problema possa essere affrontato e arginato.

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Ultimo aggiornamento il 25 Giugno 2025 da Rossella Vignoli

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