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Viaggio in solitaria nella Lapponia Svedese: intervista a Mirna Fornasier

Capita, qualche volta, che per trovare delle risposte ad alcune domande si intraprenda un viaggio verso mete sconosciute. Un po’ per rispondere ai quesiti che la vita pone dinanzi, appunto, e un po’ per ritrovare sé tessi in terre lontane.

Viaggio in solitaria nella Lapponia Svedese: intervista a Mirna Fornasier

Mirna Fornasier, moglie e mamma 45enne della provincia di Belluno, è andata oltre. Non solo per ritrovare una parte di lei che pensava non esistesse o rispondere a grandi e piccoli quesiti che la sua coscienza quotidianamente le presentava, ma anche per affrontare – e vincere – le paure e limiti che la mente e il fisico presentano a ognuno di noi.

Attraverso un viaggio in solitaria nel Padjelantaden National Park, sconfinata area semi disabitata nella Lapponia svedese, Mirna Fornasier ha incontrato l’anima del pianeta, ciò che lei chiama Madre Terra: una natura incontaminataspazi aperti primordiali,interminabili silenzi per un’esperienza quasi mistica con uno degli ambienti più immacolati del mondo.

Una marcia lunga 150 chilometri, fatta non solo di terra e acqua, neve e ghiaccio, ma anche di incontri con viaggiatori come lei, animali, piante e l’atavica saggezza del popolo Sami, fiero abitante di quelle terre da migliaia di anni, che tuttora mantiene un rapporto di rispetto e devozione con le proprie origini e la natura.

Da questa esperienza, Mirna Fornasier è uscita fortificata, traducendo – quando possibile – ogni sua emozione in parole e pubblicando“Nel silenzio dell’Aquila”, un libro che prima di tutto è una confessione mista a diario di viaggio, alla scoperta di uno dei luoghi più affascinanti del Vecchio Continente.

L’opera di Mirna Fornasier è anche un invito a vivere in maniera sostenibile, divenendo parte integrante del luogo che si visita e non semplicemente viaggiatori. Un’esortazione a rispettare l’ambiente praticando turismo ecologico e responsabile, in ogni luogo del pianeta.

Abbiamo posto alcune domande all’autrice, per meglio comprendere le motivazioni che sono alla base di un viaggio come quello da lei intrapreso.

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Cosa spinge una persona a compiere un viaggio in solitaria, in una terra lontana e poco abitata come il Padjelanta?

Mi ha spinto una domanda. Nove anni fa trascorsi le mie vacanze in un’area wilderness della Norvegia: rimasi affascinata dall’immensità degli spazi che mi circondavano, da quella natura selvaggia e, soprattutto, dal silenzio. Mi chiesi cosa doveva essere ritrovarsi in completa solitudine avvolti da quel silenzio assoluto che mi era entrato dentro così prepotentemente. Era un interrogativo che all’epoca era destinato a rimanere senza risposta, perchè ero capitata lì quasi “per caso”: non frequentavo la montagna, avevo paura del freddo e delle scomodità e quindi sarebbe stato impossibile per me misurami con la solitudine in un luogo così “difficile”. Al ritorno da quella vacanza ho però iniziato ad imparare a muovermi nella Natura, così, dopo qualche anno, ho pensato fosse venuto il momento di andare a cercare la risposta a quella domanda rimasta inevasa e per farlo non c’era altro modo che mettersi in viaggio. Da sola.

Quali suoni, quali odori e quali immagini del Padjelanta ti sono rimasti impressi?

L’odore è quello della neve in disgelo; ha un odore particolare la neve, quando si scioglie, si mescola con l’odore di terra e sa di “fecondità”.

L’immagine è quella, azzurra,  che mi apparve quando, assorta nei miei passi mentre attraversavo un altopiano a circa 1000 metri di quota, mi voltai all’improvviso e davanti a me apparve una miriade di laghi e laghetti di ogni dimensione; riflesse nelle loro acque immobili le montagne ancora innevate che si ergevano attorno, assieme all’azzurro del cielo che veniva assorbito anche dagli iceberg che galleggiavano in quelle acque.

Il suono è quello del silenzio, inteso come assenza dei rumori che contraddistinguono le nostra vite di oggi: un silenzio che ti lascia la possibilità di ascoltare la voce di Madre Terra, il sospiro  del vento quando sfiora leggero le foglie degli alberi o il suo ruggito quando soffia potente tra le vallate rocciose, il gorgoglio dell’acqua del torrente o l’assordante rombo della cascata. E i suoni della vita che rinasce, ad ogni nuova stagione, anche lassù, dove l’ambiente è così estremo e difficile. Così intenso. E’ lo stesso silenzio che ti dà la possibilità di sentire quella voce nascosta dentro di noi e che è così difficile da ascoltare. Ci vuole coraggio anche per quello.

Padjelanta e Dolomiti: due ambienti diversi, ma entrambi ricordano all’uomo quanto indissolubile sia il legame con la natura. Il tuo viaggio, in tal senso, può essere un ulteriore invito a vivere responsabilmente, consci del fatto che la Terra è una e va preservata prima di tutto dagli esseri umani?

Sono convinta che riallacciare il legame con la Natura, con la Terra da cui tutti noi proveniamo sia importante per re-imparare a vivere responsabilmente nei suoi confronti. Non è necessario affrontare un viaggio che a molti può sembrare troppo impegnativo, anche una semplice passeggiata nei boschi o in riva al mare può aiutare a ritrovare questo essenziale legame. L’importante è allontanarsi dal rumore, dalla cosiddetta “civiltà”. Ci sono ancora molti luoghi, anche tra le nostre Dolomiti, che hanno conservato il loro fascino selvaggio. Indispensabile è approcciarsi alla Natura con rispetto.

Il mio viaggio è stato uno stimolo soprattutto per me, imparare ad accontentarsi del poco che ci si può portare sulla schiena mi ha fatto pensare a quanto consumiamo senza che ve ne sia la necessità, e quindi a quanto tutti noi possiamo fare, nel quotidiano, per preservare quella che è la nostra unica Casa. Si tratta di un cambio di mentalità che ci permette poi di operare delle scelte anche politiche.

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Nel libro viene spesso citato il popolo dei Sami: ci puoi dire cosa ti ha trasmesso la vicinanza a una popolazione così fortemente legata alla propria terra e cosa potrebbe insegnare la cultura Sami al mondo?

Ritrovarsi nei territori abitati per millenni dai Sami ti fa capire quanto possa essere difficile vivere in luoghi così estremi; nonostante ciò questo popolo ha saputo prosperare. Come tutti coloro che vivono a stretto contatto con la Natura, anche i Sami erano attenti a non sprecare nulla di ciò che la Terra offriva loro e a rispettare il delicato equilibrio esistente tra tutti gli elementi naturali.

E questo è un insegnamento di cui dovremmo fare tesoro, noi che viviamo “staccati” dalla Terra, con la presunzione che la nostra intelligenza scientifica possa sempre riparare i danni che noi stessi causiamo all’ambiente.

Il tuo viaggio promuove un modo di fare turismo che non è solo ecosostenibile e responsabile, ma anche primordiale. Potremmo definirlo come un ritorno a casa, un balzo indietro nel tempo, alla scoperta del bagaglio di esperienze e sentimenti che hanno fatto di noi esseri umani quello che oggi siamo. Il Padjelanta, in tal senso, ti ha aiutata a ritrovare la tua vera essenza?

Viaggiare in questo modo è un ritrovare quelle che sono le nostre capacità ancestrali che fanno parte del nostro bagaglio di essere umani, ma che sono sepolte e dimenticate dentro di noi. Troppo spesso ci viene inculcato che per fare qualsiasi cosa abbiamo bisogno dell’aiuto dei cosiddetti “esperti”, ma non c’è bisogno di qualcuno che ci insegni a camminare. Certo, ogni cosa va fatta gradualmente, imparando dagli altri, ma poi dobbiamo prendere in mano la nostra vita e cercare di mettere in pratica quello che sappiamo fare. In questo senso il Padjelanta è stato per me un “maestro di vita” perchè, andando da sola, non ho più avuto la possibilità di appoggiarmi a chi era più bravo di me ed ho dovuto arrangiarmi. Ho scoperto anche quanto poco usiamo i nostri sensi nella vita comune, abituati a mettere le nostre vite nelle mani degli altri. Mentre attraversavo quei territori distanti giorni di cammino dalla prima strada e senza possibilità di usare il cellulare, i miei sensi erano davvero al 100%: ogni passo era calcolato, ogni mia azione richiedeva la massima attenzione perchè non dovevo sbagliare, non dovevo farmi male, e ciò avveniva senza bisogno di pensarci perchè l’istinto aveva il sopravvento. E tutto questo mi ha aiutata a capire che siamo molto di più di quello che esprimiamo nel quotidiano, e quindi, sì, a ritrovare la mia vera essenza, o, quanto meno, a darmi la forza per continuare a cercarla.

Per maggiori informazioni:

Nel silenzio dell’Aquila

  • Di Mirna Fornasier
  • Gingko Edizioni
  • Pagg. 120
  • ISBN: 978-88-95288-16-1
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Nel libro, parli spesso della Madre Terra con il rispetto che si porta alle divinità in generale, quasi identificando tutte le religioni del mondo in unica grande fede: la natura. L’intimismo di un viaggio in terre sconfinate e quasi disabitate ti ha spinto a porti domande sull’origine del mondo?

Diciamo che è forse vero il contrario: la ricerca spirituale fa parte della mia vita da quando ero bambina ed è forse questo che mi ha spinto ad intraprendere questo viaggio.

Non mi sono mai adeguata ai dogmi e alla religiosità imposta dalla fede ufficiale prima, e dalle dottrine new-age poi; intuivo che c’era qualcos’altro e questo qualcos’altro l’ho trovato nelle manifestazioni della Natura; sento la divinità nel soffio del vento, nel cielo che si illumina nei colori dell’alba o del tramonto, nella neve che scende ad imbiancare i prati e riconosco la divinità nella nostra perenne ricerca di Dio, che credo ci accomuni tutti.

Attraversare poi queste terre infinite e selvagge è stato per me come trovarmi all’interno di un Tempio. Dove continuare a pormi domande.

A chi consiglieresti un viaggio simile a quello che hai fatto tu?

Il mio viaggio è relativamente semplice; non ci sono difficoltà tecniche da superare, per cui chiunque abbia una minima esperienza di trekking può intraprenderlo. Naturalmente necessita di un po’ di spirito di adattamento, ma io continuo a ripetere che se ce l’ho fatta io, che non possiedo particolari doti fisiche, allora lo possono fare tutti.

Ma quello che mi preme trasmettere è quanto importante sia riallacciare il legame con il territorio naturale e permettere anche ai nostri figli di farlo. Non servono grandi cose, basta una passeggiata nel bosco o una camminata in montagna per poter sentire la voce di Madre Terra. Basta rimanere in ascolto.

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Luca Vivan

Scrittore e ricercatore, blogger, storyteller e sognatore. Essenzialmente uno scrittore che viaggia e ricerca. Ama scoprire e condividere. E' un acerrimo ottimista: le crisi sono opportunità per evolvere. Scrive per ViaggioVero, Tuttogreen, minube.it e altri siti, blog, progetti e fantasie. Cerca di essere presente laddove finiscono le parole.

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