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Animali marini a rischio: ecco la top 10

Tra le innumerevoli specie a rischio di estinzione ve ne sono tante che appartengono all’ambiente marino e che molto spesso vengono dimenticate.

Animali marini a rischio: ecco la top 10

I pinguini Africani (Cape Penguin) sono tra le specie che soffrono di più l’espansione brutale della civiltà. A causa dell’uomo perdono numerosi luoghi in cui nidificare, territori che da sempre sono stati rifugio diventano impraticabili e densi di minacce; le fuoriuscite di petrolio in mare causano grandi danni alla loro alimentazione, così come la pesca selvaggia e indiscriminata.

I Coralli non vengono mai menzionati tra le specie in pericolo, eppure sono animali che costituiscono un elemento fondamentale per il mantenimento dell’ecosistema marino. I coralli forniscono protezione a molti pesci e rappresentano un rifugio ideale in cui deporre le uova. Purtroppo, però, la crescente acidificazione degli oceani e la grave piaga della pesca a strascico li distrugge.

L’inquinamento dei mari e dei fiumi, causato dai grandi disastri ecologici, il riscaldamento globale e le attività di bracconaggio non rendono la vita facile nemmeno ai salmoni. Questi pesci, per vivere e riprodursi, hanno bisogno di torrenti puliti e oceani non contaminati. Il salmone Chinook, in particolare, è in pericolosa diminuzione: dall’Alaska alla California il suo numero continua a ridursi.

Anche il Golfo del Messico ospita una specie in via di estinzione: il piccolo delfino “Vaquita”, del quale si contano meno di 600 esemplari. La costruzione di numerose dighe sul fiume Colorado li aveva già messi a dura prova distruggendo parte del loro habitat, ma ora anche le reti da pesca sono divenute una minaccia: sempre più spesso vengono intrappolati involontariamente e ne rimangono uccisi.

Anche le famose tartarughe di mare Caretta Caretta sono minacciate dall’attività dell’uomo: i rifiuti in mare e i metodi illegali di pesca rappresentano grosse minacce alla loro sopravvivenza, così come i grandi cambiamenti climatici degli ultimi anni diminuiscono sempre di più gli habitat ideali per questa specie.

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Minacciata dagli stessi pericoli, anche la Foca Monaca del Mediterraneo rischia l’estinzione: un tempo abitava le coste dal Portogallo al Senegal, mentre ora si contano solo 500 esemplari divisi in gruppi isolati. Inoltre, l’esaurimento delle risorse ittiche le induce a spostarsi per non morire di fame.

Le lontre marine hanno la pelliccia più densa del pianeta, ma non avendo lo strato di grasso che solitamente isola tutti i mammiferi marini, devono mangiare molto per tenersi calde nelle gelide acque dell’oceano: ogni giorno, infatti, consumano fino a un quarto del loro peso corporeo. Le lontre marine meridionali, a differenza di quelle del Mare del Nord che prolificano al largo della costa occidentale degli Stati Uniti, sono arrivate all’esiguo numero di 3 mila: nel passato venivano sterminate per le loro pellicce, mentre ora rischiano l’estinzione per la perdita di habitat, la difficoltà di trovare cibo, le malattie, l’intrappolamento nelle reti e il conflitto con i pescatori per catturare i molluschi, di cui sono ghiotte.

Anche il Lamantino rischia di estinguersi: il gruppo più consistente di questo gigante buono è in Florida dove, però, vivono solo 3 mila esemplari. Le alghe tossiche, la perdita di habitat e le collisioni con le barche rischiano di far sparire per sempre questa specie.

Per quanto riguarda il Tonno Rosso, invece, la Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonnidi dell’Atlantico (ICCAT) stima che ne rimangano 25 mila esemplari. Il loro più grande nemico è l’overfishing,  letteralmente “sovra pesca” data da una eccessiva e non razionale attività di pesca, e la diminuzione di cibo disponibile.

E infine, la Balena grigia. Questo cetaceo di 15 metri è stato cacciato per centinaia di anni, determinando la sua scomparsa dal Nord Atlantico e la presenza di un’esigua popolazione nel Nord Pacifico. L’ultimo baluardo di quest’affascinante creatura rimane un gruppo nel nord-est del Pacifico: a quanto pare le restrizioni sulla pesca hanno permesso il loro stanziamento e riproduzione, tanto da rimuoverle dalla lista delle specie in pericolo negli Usa nel 1994.

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