Ne è passato di tempo da quando i nostri antenati erano costretti ad utilizzare panni di lino per i propri bébé per poi riutilizzarli ogni volta. Nell’era del consumismo e dell’uso e getta sfrenato del boom economico arrivarono i pannolini assorbenti usa e getta, che hanno dominato per decenni. E sono ancora utilizzati. Poi però, un po’ la recessione e un po’ la crescita della consapevolezza ecosostenibile, hanno portato all’invenzione di pannolini riutilizzabili o dai quali si può ricavare altro.
Del resto pannolini e pannoloni, anche da donna, occupano una fetta importante dei rifiuti solidi urbani, ossia il 3%, giacché mediamente se ne producono 800.000 tonnellate all’anno solo in Italia. Una quantità superiore anche a quella delle bottiglie di plastica. Ecco perché sono allo studio delle tecnologie che consentano il riciclo dei pannolini in plastica, cellulosa e polimeri super-assorbenti, consentendo anche la produzione di fertilizzanti e prodotti chimici ad alto valore aggiunto.
I pannolini sono peraltro un rifiuto speciale, perché i componenti sono materie prime di alto standard qualitativo (costano infatti parecchio) che possono essere ricollocati sul mercato, se solo venissero raccolti, lavati, sterilizzati e separati: si tratta infatti di cellulosa pura e di materie plastiche.
Un primo impianto di riciclo dei pannolini si trova in Veneto. Ma ci sono già molti Comuni – circa 400 in Italia – che attuano la raccolta differenziata dei pannolini usati. Prevalentemente in Toscana, Veneto, Marche e Lombardia, dove recentemente è nato il consorzio Embraced, per il riciclo degli assorbenti usati.
Lo schema per la raccolta differenziata e il riciclo dei prodotti sanitari assorbenti usati, in particolari i pannolini per bambini, avviene in tre passi: si parte dalla raccolta differenziata di pannolini e pannoloni; una volta che sono sanitizzati, si passa alla separazione meccanica delle frazioni riciclabili (sono due, la frazione plastica e la frazione cellulosica mista a sorbente), che avviene in autoclave; infine ecco il riciclo vero e proprio delle parti recuperate, che si trasformano in un granulato di plastica mista poliolefinica e in fibra di cellulosa.
La fase sperimentale già evidenzia come il tasso di recupero delle frazioni teoricamente valorizzabili sia praticamente totale e un tasso di impiego effettivo nel riciclo (dedotti gli scarti) sia pari all’84%. Numeri straordinari, che ci fanno capire come questo tipo di rifiuto non debba finire semplicemente in discarica.
Il riciclo dei pannolini avviene attraverso un trattamento in autoclave, che sterilizza e separa per effetto di vapore e della pressione il materiale e recupera le materie plastiche (un mix di polipropilene e polietilene), sia le fibre cellulose e il materiale assorbente. Si scartano poi le acque reflue.
Speriamo dunque che si arrivi presto alla realizzazione e alla diffusione di questi impianti che, anche se costosi, permettono di recuperare plastica e cellulosa per altri utilizzi, riciclando tonnellate di un prodotto altrimenti gettato in discarica e poi nell’inceneritore, destinato così a inquinare ancora.
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