Quali sono i motivi per cui il pesce costa tanto? E perché anche i crostacei e i molluschi marini sono così cari?
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In questo articolo ci occupiamo di pesce, ed andremo a rispondere ad una domanda abbastanza fondamentale: ma perché il pesce costa tanto? Più caro della carne, per esempio?
Sappiamo che fa bene, che è nutriente, che è ricco di acidi grassi e minerali utili alla salute, eppure non si può mangiare più di un paio di volte a settimana perché, molto semplicemente, il budget per la spesa di casa non è illimitato.
Eppure sembrerebbe che sia addirittura più economico produrlo, perché mentre gli animali e le piante coltivate o allevate hanno comunque un costo (in acqua, in mangime, in concimi, in cure veterinarie e via dicendo) quelle pescate sembrerebbero non avere di questi problemi: sono già pronti, lì in mezzo al mare, si pesca e si tira su un alimento pronto per essere mangiato.
Ovviamente, le cose non sono così semplici. Ci mancherebbe.
LO SAI? Come riconoscere il pesce fresco
Per prima cosa dobbiamo fare una distinzione: esiste del pesce allevato e del pesce pescato. E le differenze tra pesce di mare e di allevamento non sono poche.
Il pesce allevato, al contrario di quanto potrebbe sembrare, è più economico rispetto a quello pescato, perché i pesci hanno un altissimo tasso di riproduzione (da un pesce possono nascere anche 500 figli vitali) che crescono in condizioni comunque molto controllate, e questo porta ad un quantitativo, in peso, molto più alto rispetto alla spesa in confronto al pescato.
Ovviamente l’allevato ha un sapore peggiore, i pesci sono più piccoli e, soprattutto, alcuni animali non si allevano. Alcuni pesci, non si capisce perché, in cattività non si riproducono, così come i molluschi: finora nessuno è riuscito ad allevare polpi, nonostante ci siano tantissimi allevatori che ci provano. Ogni polpo che mangiamo, quindi, è pescato.
Ma dove sta la spesa del pesce che viene pescato dai pescherecci? Fondamentalmente, nel carburante per muovere le barche. Un peschereccio è una barca piuttosto grande, e ci vuole molto carburante per farla andare piuttosto al largo, per una spesa non indifferente.
E poi anche i pescatori devono vivere, stanno lavorando. Il problema è che, rispetto a fare l’impiegato, ci sono giorni in cui il mare è troppo mosso e la guardia costiera impedisce alle barche di andare a pescare. Un giorno di lavoro perso per cause di forza maggiore che, a volte, diventa anche una settimana.
Non solo: quando si pesca? Non è detto di uscire e trovare il pesce, a volte si torna a mani vuote, o quasi, e allora è una giornata di lavoro e carburante persi, ricarico che ovviamente viene aggiunto al prezzo del pesce, quando disponibile.
Inoltre, non tutto il pesce che si tira su si può tenere: al di là delle specie che non possono essere pescate, magari per problemi di ripopolamento dei mari, ci sono anche i cosiddetti pesci sotto misura. Ogni specie ittica ha, per decisione europea, una misura minima sotto la quale non può essere venduta. Per esempio, le sardine e le triglie non possono essere più piccole di 11 cm, l’orata di 20 cm, in lunghezza. Se viene pescato un pesce del genere i pescatori devono gettarlo immediatamente in mare, perché è troppo piccolo.
Per chi pesca nell’Oceano Atlantico questo problema è meno sentito perché il pesce è più grande, ma nel mediterraneo si buttano di nuovo in mare molti chili di pesce tirato su in ogni sessione: una bella perdita.
In più, per un paio di mesi all’anno c’è il fermo pesca: se il pesce costa tanto è anche perché le autorità regionali o nazionali impediscono di pescare per favorire il ripopolamento del mare. E i pescatori vanno in cassa integrazione, in questo periodo.
Insomma, pescare non è semplicemente andare al mare, prendere un po’ di pesce e tornare: è un lavoro che ha sempre più problemi, che vanno da quelli naturali a quelli legali ed economici. E le conseguenze, purtroppo, le paga poi il consumatore: questi sono i motivi per cui quando andiamo al supermercato a comprare il pesce questo è così costoso…
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