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Water Footprint ovvero quanta acqua consumiamo al giorno: quasi 4000 litri a persona!

Avete mai pensato a quanta acqua consuma ognuno di noi quotidianamente per le proprie necessità? A quanta ne consumano le industrie e le aziende? A quanta ne serve per produrre i beni di consumo utilizzati ogni giorno?
La comunità scientifica internazionale ha suggerito l’utilizzo del Water Footprint (WF).

Water Footprint ovvero quanta acqua consumiamo al giorno: quasi 4000 litri a persona!

L’impronta idrica (water footprint) è l’indicatore che viene utilizzato per quantificare il volume di acqua dolce necessario per la produzione dei beni e dei servizi consumati da un individuo, una collettività, un paese o nel mondo, con specifico riferimento alla localizzazione geografica di indagine come vi avevamo scritto nel nostro glossario:

Water Footprint che cos’è?

Le risorse di acqua dolce della Terra sono soggette a una crescente pressione a causa dei consumi e dell’inquinamento.

Fino a poco tempo fa, i problemi di disponibilità, utilizzo e gestione dell’acqua dolce venivano trattati su scala locale, nazionale e di bacino idrografico.

La prova che le risorse di acqua dolce subiscano cambiamenti a livello globale, ha portato un certo numero di ricercatori a sostenere l’importanza di porre i problemi relativi alla gestione dell’acqua dolce in un contesto complessivo, soprattutto perché molti paesi hanno modificato il loro consumo medio idrico risparmiando, grazie all’importazione di prodotti i cui cicli di lavorazione prevedono un uso intensivo dell’acqua.

Due ricercatori del Dipartimento di ingegneria e gestione delle acque dell’Università di Twente a Enschede, nei Paesi Bassi, hanno realizzato uno studio che mappa con elevata risoluzione spaziale l’impronta idrica (o WF, water footprint) dell’umanità e i flussi “nascosti” fra le varie nazioni.

Nello studio, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori hanno dapprima realizzato una stima quantitativa del consumo di acqua di ciascuna nazione distinguendo fra acqua piovana (“WF verde”), acque sotterranee e superficiali (“WF blu”) e volumi di acqua inquinata (“WF grigia”) generata.

Successivamente hanno stimato i flussi internazionali di acqua sulla base degli scambi di prodotti agricoli e industriali. Risulta che l’impronta idrica globale media annua nel periodo 1996-2005 è stata di 9087 gigametricubi all’anno (74% verde, 11% blu, 15% grigio), alla quale la produzione agricola contribuisce per ben il 92%.

Dallo studio emerge che il consumo idrico varia notevolmente da Paese a Paese. L’impronta idrica del consumatore medio globale è di1385 mc. Il consumatore medio negli Stati Uniti ha un’impronta idrica di 2842 metri cubi, mentre in Cina e India questa è pari rispettivamente a 1071 e 1089 mc.

Il maggior contributo all’impronta idrica del consumatore medio viene dai prodotti cerealicoli (27%), seguiti dalla carne (22%) e dai prodotti lattiero-caseari (7%). Il volume e la struttura dei consumi e l’impronta idrica per tonnellata di prodotto dei prodotti consumati sono i fattori principali che determinano l’impronta idrica di un consumatore.

Il peso dei flussi di esportazione di questa acqua virtuale risulta il dato più impressionante: nel periodo considerato il volume totale dei flussi internazionali virtuali di acqua relativi agli scambi di prodotti agricoli e industriali è stato infatti di 2320 gigametri cubi (68% verde, 13 % blu, 19% grigia).

I maggiori importatori di acqua virtuale sono gli Stati Uniti, (234 giga-mc all’anno), il Giappone (127), la Germania (125), la Cina (121), l’Italia (101), il Messico (92), la Francia (78 ), il Regno Unito (77) e i Paesi Bassi (71). Mentre i maggiori esportatori sono Stati Uniti (314), Cina (143), India (125), Brasile (112), Argentina (98), Canada (91), Australia (89), Indonesia (72), Francia (65) e Germania (64).

“Per alcuni paesi europei, come Italia, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi – osservano i ricercatori – l’impronta idrica esterna contribuisce dal 60 al 95 per cento dell’impronta idrica totale. D’altra parte alcuni paesi come Ciad, Etiopia, India, Niger, Repubblica democratica del Congo, Mali, Argentina e Sudan hanno un’impronta idrica esterna molto limitata, inferiore al 4 per cento del totale.”

“Conoscere la dipendenza dalle risorse idriche situate altrove – concludono gli autori – è rilevante per un governo non solo allo scopo di valutare la propria politica ambientale, ma anche nel momento in cui si valuta la sicurezza alimentare nazionale.”

Lo studio dovrebbe fornire e far riflettere chi di dovere sull’importanza del potenziamento e della salvaguardia delle risorse idriche del pianeta nei prossimi anni, dato che la scarsità di risorse di acqua dolce cresce esponenzialmente.

Leggi anche: Una ricerca su Google “costa” mezzo millilitro di acqua

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Un commento

  1. Pingback: Quanta acqua consumiamo al giorno? Ecco le statistiche – grafico | FiascoJob Blog

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