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6 frutti dimenticati da riscoprire: sapori antichi e tante proprietà utili per la salute

Dimenticati, snobbati, sottovalutati, disprezzati o perfino sconosciuti: quanti aggettivi negativi hanno collezionato col passare del tempo alcuni prodotti della terra e quanta ‘memoria’, quante ‘tradizioni’, quanti valori e quanti sapori di una volta sono spariti con loro? Il caso di alcuni frutti dimenticati, retaggio del passato, è proprio questo.

6 frutti dimenticati da riscoprire: sapori antichi e tante proprietà utili per la salute

La domanda a cui cercheremo di rispondere in questo breve viaggio alla ricerca dei ‘frutti perduti’ è proprio questa. Già, perché i tempi cambiano e con essi gli stili di vita e le abitudini alimentari delle persone, sempre più condizionate dalle mode culinarie del momento, dal consumo di massa e da una scarsa conoscenza delle antiche tradizioni contadine.

Spariti sia dalle nostre memorie che dalle tavole, alcuni frutti oggi considerati ‘minori’ in un tempo non lontanissimo erano preziosi perché garantivano un’ottima riserva (gratuita) di cibo e perché crescevano spontaneamente nelle campagne, nelle radure boschive e nei prati, regalando raccolti floridi e abbondanti

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Senza neanche saperlo, molti di voi potrebbero abitare nei pressi di un bell’alberello di pere o mele cotogne, o di azzeruole, oppure di corniole o ancora di giuggiole o corbezzoli. Ancora oggi queste piante antiche rappresentano un patrimonio inestimabile per la biodiversità che vale la pena tutelarle e ricominciare ad apprezzare, quando si vanno a scovare frutti esotici provenienti da paesi lontani, estranei alla nostra tradizione, magari pagandole a caro prezzo.

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Pensate che nel piccolo comune di Casola Valsenio (RA)  ogni anno, in ottobre, si celebra la Festa dei frutti dimenticati, una manifestazione unica nel suo genere che è valsa a questo paesino sperduto tra gli Appennini del ravennate il titolo di ‘Paese delle erbe e dei frutti dimenticati’.

Il contributo che iniziative di questo genere possono apportare al recupero delle antiche piante da frutto, e con esse di tutte quelle tradizioni che rischiano di sparire per sempre, è enorme: basti pensare che ogni anno l’evento di Casola è salutato da oltre 10.000 visitatori provenienti da tutta Italia.

Frutti dimenticati: sapori del passato da riscoprire

Ma torniamo ai nostri frutti dimenticati e cerchiamo di conoscere meglio alcuni di quelli ad oggi più ignoti o comunque spariti dai banchi della frutta dei supermercati e dei mercati ortofrutticoli.

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Il sorbo

E’ uno dei frutti antichi  più ricco di proprietà benefiche, ottimo per confezionare marmellate o per la preparazione di un sidro molto apprezzato in alcune regioni della Francia e della Germania. L’albero della sorba (sorbus domestica) è originario dell’Europa Meridionale ed è facile trovarlo selvatico nei boschi di latifoglie sotto gli 800 metri.

La bellezza della pianta, del suo fogliame e dei fiori, ha fatto sì che con gli anni venisse usata nei giardini come pianta ornamentale ma la bontà dei frutti giunti a maturazione meriterebbe altre glorie… magari le stesse che gli riservavano gli antichi romani che già nel 400 a.c. ne esaltavano le proprietà benefiche sull’intestino derivate dall’alta concentrazione di tannini, flavonoidi e vitamina C.

Ancora oggi le sorbe si utilizzano in erboristeria come rimedio per la dissenteria e per la cura di varie patologie a carico del sistema circolatorio.
La leggenda: nella cultura europea il sorbo serviva a tenere lontani gli spiriti maligni dalle case. In dialetto bolognese, poi, l’esclamazione ‘sorbole!’ indica stupore e meraviglia.

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Le giuggiole

Chi di noi non ricorda il detto ‘andare in un brodo di giuggiole‘? Dette anche ‘datteri cinesi’, derivano dalla pianta che ha il curiosissimo nome botoanico di Ziziphus zizyphus.

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Giuggiole: tra i frutti dimenticati da riscoprire

La provenienza è ancora incerta ma qualunque sia la sua origine, il giuggiolo può essere coltivato sia in pianura che in montagna, per via della sua spiccata resistenza al freddo. Le giuggiole si raccolgono in tarda estate, meglio quando il colore della buccia diventa rosso intenso poiché la polpa raggiunge la completa maturazione, che gli conferisce il caratteristico sapore dolciastro e zuccherino. Oltre al più famoso brodo di giuggiole, questi frutti possono essere utilizzati per preparare sciroppi, marmellate e liquori.

La leggenda: si pensa che una specie affine al giuggiolo sia una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù. Per i Romani, invece,  il giuggiolo simboleggiava il silenzio e per questo motivo era utilizzato per adornare i templi della dea Prudenza. In Romagna e in generale nelle case coloniche la pianta del giuggiolo veniva piantata vicino l’uscio, nella zona più esposta al sole, poiché ritenuta un portafortuna.

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Il corbezzolo

Molti di voi forse non l’avranno mai assaggiato, ma il corbezzolo (Arbutus Unedo) è il frutto di uno splendido arbusto sempre verde che durante la fioritura offre una cascata di fiorellini bianchi a campanella che sbocciano durante l’autunno e che nell’anno successivo si trasformano in coloratissimi frutti a bacca rosso vivo dalla polpa fresca e dolcissima.

Originario del Mediterraneo Occidentale e delle coste meridionali dell’Irlanda, un tempo il corbezzolo era utilizzato per preparare un ottimo aceto aromatizzato che serviva per condire insalate e pietanze. Un altro impiego possibile è farne marmellate, decotti e infusi utili a disintossicare reni, fegato e vie urinarie e a combattere stati febbrili e diarree per le proprietà antisettiche e astringenti.

La leggenda: i Latini erano attribuivano al corbezzolo poteri magici e secondo la testimonianza di Virgilio riportata nell’Eneide, sulle tombe dei defunti venivano lasciati dei ramoscelli di corbezzolo a simbolo della stima nutrita nei confronti del defunto.

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Mele e pere cotogne

Sono frutti appartenenti all’omonima pianta, il cotogno (Cydonia oblonga), forse la più antica fra quelle conosciute. Già nel 2.000 a.C., infatti, i Babilonesi si dedicavano alla sua coltivazione, mentre greci e romani la consideravano una pianta sacra. I meli e i peri cotogni, di forma più allungata, sono utilizzati per la preparazione di marmellate, gelatine, mostarde, distillati e liquori e per la famosa ‘cotognata’, una gelatina semi-solida in pezzi tipica del ragusano.

Vista la loro aromaticità, i frutti del cotogno venivano utilizzati anche come profuma biancheria per armadi. Fino agli anni Sessanta la produzione del cotogno in Italia era florida e abbondante ma la minor richiesta del mercato ha indotto una netta contrazione della lavorazione a livello industriale tanto che il suo seme è oggetto di salvaguardia da parte dei Seed Saver.

La leggenda: nell’antica città di Cydon (Creta), i meli e peri cotogni erano soprannominati ‘pomi d’oro’ e offerti in dono agli Dei. Fino al XVII secolo, questi frutti furono considerati un toccasana per l’azione astringente e come antidoto contro i veleni. Veniva inoltre somministrato per la cura dei mal di stomaco, in caso di inappetenze e per migliorare il funzionamento delle vie biliari.

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Le corniole

Sono simili ad olive he durante la maturazione cambiano frequentemente colore passando dal verde al giallo, dall’arancio al rosso accesso fino ad acquisire una colorazione ‘vinaccia’ quando è il momento di raccoglierle.

Il corniolo (Cornus Mas) deve il suo nome alla durezza del legno che caratterizza la corteccia (= Cornus, corno) ed è molto diffuso nei boschi a latifoglie e nelle radure pianeggianti. Caduta in disuso come pianta da frutto, oggi è molto diffuso nei giardini come specie ornamentale.

Nonostante questo la corniola è un frutto leggermente acidulo ma zuccherino al punto giusto, estremamente dissetante e ottimo per preparare delle marmellate e salse. Nella campagna emiliana e romagnola, i frutti del corniolo venivano utilizzati per produrre aceti, liquori, gelatine e dolci.

L’azione tonico-astringente rende il frutto un ottimo rimedio per curare dermatiti, dolori articolari e disturbi del metabolismo.

La leggenda: la tradizione narra che il Cavallo di Troia fu costruito proprio con il legno di corniolo, così come il giavellotto con il quale Romolo tracciò i confini di Roma.

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Erika Facciolla

Giornalista pubblicista e web editor free lance. Nata nel 1980, si trasferisce a Bologna dove si laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 è pubblicista e cura una serie di collaborazioni con redazioni locali, uffici stampa e agenzie editoriali. Nel 2011 approda alla redazione di tuttogreen.it per occuparsi di bellezza e cosmetica naturale, fonti rinnovabili e medicine dolci.

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