Ambiente

Microplastiche, una delle sei emergenze mondiali per l’ambiente

Cosa sono, come si formano, dove si trovano e perché sono così pericolose

Un’emergenza di cui si parla poco, ma che è della massima importanza è quella collegata alle microplastiche. Vediamo di cosa si tratta di preciso e come possiamo cercare di porvi rimedio.

Microplastiche, una delle sei emergenze mondiali per l’ambiente

Ogni anno vengono prodotte milioni di tonnellate di plastica. E la produzione è in continua crescita. Ma oltre alla plastica, sempre più spesso si sente parlare delle microplastiche, l’ultima minaccia per gli ecosistemi. Basti solo pensare che le Nazioni Unite le considerano una delle 6 emergenze mondiali per l’ambiente. Invisibili all’occhio umano, le microplastiche inquinano principalmente mari e oceani. Si tratta di una forma di inquinamento che non riguarda solamente il mare, ma anche le acque, il suolo, gli animali e l’uomo. Assorbite dalle acque ed ingerite dagli animali marini, le microplastiche entrano infatti nella catena alimentare e riescono ad arrivare fino all’uomo. Con conseguenze non irrilevanti.

È quindi importante capire la pericolosità delle microplastiche. Per proteggere al meglio noi stessi e il Pianeta in cui viviamo.

Cosa sono le microplastiche

Le microplastiche sono piccole particelle di plastica che inquinano i nostri mari e gli oceani. Hanno un diametro compreso tra 330 micrometri e i 5 millimetri.

Non possono essere riassorbite in modo naturale dall’ambiente ma tendono ad accumularsi, portando numerosi effetti nocivi sull’ecosistema. Diversi studi scientifici hanno infatti ormai appurato la loro pericolosità per la salute dell’uomo e dell’ambiente.

Danni ancora più gravi si registrano soprattutto negli habitat marini ed acquatici. La plastica infatti si discioglie impiegandoci diversi anni. E durante tutto questo lungo lasso di tempo può venire ingerita da molti organismi che la accumulano nel corpo e nei tessuti.

Dimensioni

Come il nome stesso suggerisce, si tratta di frammenti di plastica davvero molto piccoli. Si parla di un diametro compreso tra i 330 micrometri e i 5 millimetri. A causa di tali dimensioni non possono essere filtrate dagli impianti di depurazione delle acque ed hanno così libero accesso ai mari. Ecco perché sono particolarmente pericolose e nocive.

Tipologie di microplastiche

Possiamo distinguere tra:

  • microplastiche primarie: rilasciate direttamente nell’ambiente, rappresentano il 15-31% delle microplastiche presenti nell’oceano. Provengono principalmente dal lavaggio di capi sintetici, dall’abrasione degli pneumatici durante la guida e dalle microplastiche aggiunte intenzionalmente nei prodotti cosmetici
  • microplastiche secondarie: sono quelle prodotte dalla degradazione degli oggetti di plastica più grandi come ad esempio bottiglie, reti da pesca, buste di plastica… Rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche presenti nell’oceano

Come si creano le microplastiche

Oggigiorno, gran parte dei prodotti di largo consumo sono sintetici.

Pensiamo agli imballaggi, agli articoli tecnologici, agli indumenti, ai cosmetici… E in maniera ancor più immediata alle bottiglie, ai bicchieri, ai piatti e alle posate di plastica.

La plastica purtroppo non è né degradabile né biodegradabile. Il suo utilizzo quotidiano e l’abbandono in natura producono una lenta frantumazione da cui hanno poi origine le cosiddette microplastiche.

Tale frantumazione avviene per diversi fattori: le onde del mare, i raggi ultravioletti, il vento, i microbi, l’abrasione dei pneumatici delle auto, il lavaggio dei capi sintetici etc…

Dove troviamo le microplastiche

Quando si parla di microplastiche si pensa principalmente alle acque di mare e oceani. In realtà però le microplastiche si trovano anche altrove. Si trovano infatti ovunque venga scaricata della plastica in maniera non corretta.

Facciamo qualche esempio:

  • il lavaggio di capi sintetici produce il 35% circa di microplastiche
  • l’abrasione degli pneumatici durante la guida il 28%
  • l’industria cosmetica rappresenta il 15-31% del totale presente negli oceani

Microplastiche nel mare

Solo nel Mediterraneo, ben 134 specie di essere viventi ogni giorno si trovano a lottare contro i rifiuti di plastica.

Le microplastiche funzionano come spugne e possono essere ingerite da pesci, tartarughe e mammiferi marini; ma anche molluschi e crostacei, piante selvatiche e uccelli marini.

L’accumulo delle microplastiche nell’apparato digerente è quasi sempre mortale in quanto comporta l’assunzione di virus, batteri e agenti patogeni.

In tal maniera le microplastiche entrano ufficialmente a far parte della catena alimentare.

Un recente rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), ha stimato che ogni chilometro quadrato di oceano contiene, di media, 63.320 particelle di microplastica, con differenze significative a livello regionale.

Il Mediterraneo è uno dei mari più inquinati al mondo, dov’è concentrato il 7% delle microplastiche a livello globale.

L’Unep ha fatto rientrare il problema della plastica nei mari e negli oceani tra le 6 emergenze ambientali più gravi. Entro il 2050, nei nostri mari, ci sarà più plastica che pesce!

Microplastiche nell’aria

Le microplastiche sono presenti anche nell’aria e tramite il vento vanno quindi poi a finire in acqua.

Per cosa vengono utilizzate le microplastiche?

Quando si parla di microplastiche, la mente va immediatamente alle bottiglie di plastica e ai bicchieri e posate usa e getta. Niente di più vero. Ma il problema non si limita solo a questo!

Troviamo microplastiche ad esempio anche nelle fibre dei tessuti sintetici. Poliestere, acrilico e poliammide vengono “distrutti” attraverso i lavaggi in macchina e poi drenati nei sistemi idrici. La Norwegian environment agency ha rilevato che, ad ogni lavaggio, ogni singolo indumento rilascia fino a 1.900 fibre sintetiche.

Ed ancora, la parte esterna degli pneumatici è costituita da polimeri sintetici mischiati a gomma e altri additivi. Un buon numero di microplastiche deriva quindi dallo sfregamento degli pneumatici sull’asfalto durante la guida. Anche gli stessi cartelli stradali, realizzati in termoplastica, rilasciano piccole particelle per via degli agenti atmosferici come pioggia e vento.

Microplastiche e cosmetici

Sembra impossibile da pensare, ma le microplastiche provengono anche dal mondo della cosmesi.

Negli anni Novanta, i produttori di prodotti per il make-up hanno cominciato a inserire “microsfere” nei detergenti per la pelle, nei dentifrici, negli scrub e nelle creme da barba. Le microplastiche rappresentano dall’1 al 90 per cento del peso del prodotto stesso. E la quasi totalità dei residui va poi a finire in mare, e di conseguenza nei pesci. Anche in quelli che portiamo in tavola!

Nel 2013, solo per i prodotti di bellezza, sono state utilizzate quasi 5.000 tonnellate di microplastiche.

Perché sono così pericolose?

Circa il 2-5% di tutta la plastica prodotta finisce in fiumi, mari e oceani. Si tratta di circa 8.000 tonnellate di materiale plastico all’anno. Le microplastiche contaminano l’acqua e vengono ingerite da pesci, crostacei e molluschi. Entrando così a far parte della catena alimentare.

Microplastiche e danni per l’uomo

Ogni anno ingeriamo involontariamente grandi quantità di microplastiche. Da uno studio pubblicato sulla rivista “Environmental Science and Technology” emerge che, attraverso l’alimentazione, noi esseri umani ingeriamo all’incirca 50.000 microparticelle di plastica l’anno. Dato che pare aumentare se consideriamo anche l’eccessivo consumo di acqua in bottiglia di plastica che ne contiene fino a 22 volte di più rispetto a quella del rubinetto!

Nello specifico, possiamo ingerire fino a 100 frammenti di microplastiche a pasto e 250 frammenti al giorno soltanto bevendo acqua.

Le microplastiche possono risultare molto dannose per il nostro corpo poiché possono andare ad interferire con il sistema endocrino umano al punto tale da creare alterazioni genetiche.

A tal proposito, grande preoccupazione destano le elevate concentrazioni di agenti come gli inquinanti organici persistenti (Pop), tra i quali rientrano i policlorobifenili (Pcb) e il diclorodifeniltricloroetano (ddt).

Ma oltre al fattore alimentazione, non dobbiamo dimenticare di conteggiare anche le polveri di plastica provenienti da mobili e tessuti.

Microplastiche e alimenti

È stato ormai dimostrato che l’inquinamento delle microplastiche ha raggiunto anche la nostra catena alimentare e le nostre tavole. Alcuni dati dimostrano che nel 15% del cibo ingerito da un individuo sono presenti microplastiche.

L’esposizione dell’uomo alle microplastiche può avvenire attraverso 2 modi: la dieta e l’inalazione.

Ecco qui di seguito quali sono le principali fonti di microplastiche che riguardano la dieta:

  • pesci, molluschi, crostacei e altri organismi marini
  • acqua potabile e minerale
  • pollame e carne suina in quanto gli animali stessi vengono nutriti anche con farine ricavate da piccoli pesci che possono essere contaminati

Il primato per la maggior concentrazione di microplastiche va all’acqua del rubinetto e a quella confezionata.

Sono state infine rilevate tracce anche in generi alimentari insospettabili come sale, birra, zucchero, miele e alcool. In questi casi, alcuni sostengono l’ipotesi che la contaminazione derivi dal processo produttivo; altri, invece, sostengono ritengono che i prodotti inquinanti siano già presenti nelle materie prime pervenute dal vento o dall’acqua piovana.

Val la pena fare una precisazione per i pesci che mangiamo. Le microplastiche ingerite dal pesce non arrivano a noi poiché ne scartiamo l’intestino, parte del corpo dove le microparticelle si accumulano. Il problema è invece presente e ben più grave nel caso di crostacei e molluschi come le cozze, che consumiamo per intero, e quindi compreso anche l’intestino.

microplastiche
Non tutti sanno ancora che le microplastiche sono destinate a tornare a noi, con gravi conseguenze di salute, attraverso la catena alimentare.

Come difenderci

Il problema delle microplastiche è assai complesso. E come tale, una ipotetica risoluzione è a sua volta complessa e richiede il coinvolgimento di svariati enti e settori quali:

  • la ricerca
  • l’industria
  • la consapevolezza e il coinvolgimento dei singoli cittadini

Di certo sono fondamentali dei divieti globali tesi a ridurre la produzione di microplastiche nell’industria cosmetica e a diminuire l’utilizzo di plastica non riciclabile.

Nel proprio piccolo, anche il singolo può però fare la differenza. Ad esempio dicendo “no” in generale alla plastica. Cosa che si traduce in una particolare attenzione in tanti piccoli gesti della vita quotidiana. Durante gli acquisti, ad esempio, è bene privilegiare l’utilizzo di borse in tessuto, evitare l’acquisto di bottiglie di plastica e stoviglie monouso. Ed ancora, verificare se i prodotti cosmetici che utilizziamo contengono o meno microsfere e optare per quelli che ne sono privi.
Nel caso degli abiti in fibre artificiali, per il lavaggio in lavatrice, effettuare cicli brevi.

microplastiche
Dove finirà tutta la plastica che viene rilasciata nei mari? La risposta è facile

Microplastiche e normativa

Nel settembre 2018, gli eurodeputati hanno approvato una strategia contro le plastiche volta ad aumentare i tassi di riciclaggio dei rifiuti di plastica nell’Unione europea.

Inoltre, l’agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), ha emanato una normativa restrittiva in merito alle microplastiche aggiunte intenzionalmente in qualsiasi tipo di prodotti (cosmetici ad azione esfoliante, detergenti, detersivi, dentifrici, vernici, prodotti industriali abrasivi, fertilizzanti…).

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Federica Ermete

Nata a Busto Arsizio nel 1982, dopo il diploma si trasferisce a Cremona – dove vive tutt’ora – per conseguire la laurea in ambito umanistico. Sia per formazione professionale che per passione personale, i suoi ambiti di specializzazione sono l’alimentazione, la salute, il fitness di cui è appassionata anche nella vita quotidiana, ed il benessere naturale. Collabora con entusiasmo con la redazione di Tuttogreen dal giugno 2020.

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