A cosa servono i solfiti nel vino e perché nel biologico si cerca di farne a meno
Oggi affrontiamo il tema dei solfiti nel vino. Negli ultimi anni il dibattito sull’impiego dell’anidride solforosa e dei solfiti chimici nella pratica enologica si è infatti riacceso grazie al debutto di una nuova categoria di vini, quelli biologici biologici, che anche l’Unione Europea ha certificato con un marchio di qualità.
Sommario
- Solfiti nel vino: cosa dice la legge
- I solfiti possono essere eliminati del tutto nel vino?
- Solfiti nel vino: come ridurli al minimo
- Interventi sul vigneto
- Raccolta delle uve
- Selezione e qualità delle uve
- Aggiunta di anidride solforosa al mosto come antisettico
- Quali alternative all’anidride solforosa?
- Scelta e uso dei lieviti
- Ossigenazione dei mosti
- Impiego di prodotti utili per ridurre le quantità di So2
- Impiego di gas inerti
- Igiene in cantina
I solfiti nel vino sono un aspetto specifico di un discorso più ampio. Come abbiamo già avuto modo di vedere, una delle peculiarità distintive di questi vini rispetto ai prodotti industriali o realizzati con tecniche tradizionali, è quella di abbattere quanto più possibile l’uso della chimica sia in cantina che in vigna.
In particolare, viene drasticamente ridotta la quantità di solfiti utilizzati da sempre come conservanti e antisettici da tutti i paesi produttori.
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Solfiti nel vino: cosa dice la legge
Nonostante la legge non proibisca l’uso dei solfiti nel vino, infatti, è noto che l’anidride solforosa ha effetti tossici e allergenici sull’organismo umano, tanto che l’OMS ha fissato un limite di assunzione giornaliero pari a 0,7 mg/kg di peso corporeo. In virtù di questo, dal 2005 i paesi dell’Unione Europea hanno dovuto recepire una Direttiva Europea riguardante l’obbligo di riportare in etichetta la presenza di solfiti o anidride solforosa nel vino e negli alimenti quando le concentrazioni superano il tetto dei 10 mg/litro.
Il Regolamento Europeo approvato nel febbraio 2012, inoltre, ha fissato i limiti massimi di solfiti nel vino impiegabili come conservanti nei processi di vinificazione biologica (160 mg/litro per i rossi e di 210 mg/litro per i bianchi, con deroghe che permettono allo Stato membro di elevare il valore massimo di 40 mg/litro in annate sfavorevoli).
Il ridotto contenuto di SO2 (anidride solforosa) nel vino biologico è un requisito ‘chiave’ nell’identificazione e nella valorizzazione di questo prodotto.
Da una parte si promuovono le pratiche di enologia biologica focalizzate sulla ‘genuinità’ del prodotto e sul legame ‘vitigno-terroir’. Dall’altra si incoraggia una filosofia vinicola orientata agli aspetti salutistici dell’alimentazione e alla tutela del consumatore finale.
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I solfiti possono essere eliminati del tutto nel vino?
Premesso ciò, è bene ricordare che – pur in minima parte – la presenza di solfiti nel vino ‘bio’ non è del tutto alienabile. Una piccola percentuale è prodotta in modo naturale durante il processo di fermentazione.
Ottenere una vinificazione totalmente esente dall’utilizzo di SO2 è quindi un’idea pressoché utopistica. Bisogna quindi porre l’attenzione sulle tecniche adottate durante tutta la filiera produttiva e in fase di vinificazione, nonché sull’uso razionale e pianificato delle materie prime.
Il contenimento dei livelli di anidride solforosa più avvenire, infatti, in diversi passaggi della vinificazione e addirittura prima che questa abbia inizio.
In particolare, l’impiego di uve sane, abbinato ad un immediato inizio del processo di fermentazione alcolica, è uno dei modi più efficaci per abbattere la presenza di solfiti e non compromettere la qualità del vino.
Solfiti nel vino: come ridurli al minimo
Schematicamente possiamo riassumere gli interventi nel seguente modo:
Interventi sul vigneto
Consiste nella cura dello stato di salute del vigneto, attuabile attraverso la difesa fitosanitaria nel periodo che precede la vendemmia. Vanno altresì applicate opportune tecniche agronomiche che consentono, ad esempio, di scegliere le uve naturalmente più resistenti all’attacco parassitario e al marciume.
Raccolta delle uve
Altro punto fondamentale. Si tratta essenzialmente di raccogliere le uve ad un grado di maturazione tale da mantenere nel mosto un Ph sufficientemente basso che prevenga così la formazione di microflora eterolattica.
Selezione e qualità delle uve
Visto che è proprio nella prime fasi di vinificazione che è possibile tagliare drasticamente le quantità di anidride solforosa, le uve che giungono in cantina devono essere opportunamente selezionate. In particolare, vanno destinati ad altro uso i grappoli danneggiati o ammuffiti.
Aggiunta di anidride solforosa al mosto come antisettico
La fermentazione in assenza di SO2 deve basarsi sul monitoraggio continuo dello stato sanitario delle uve e sull’adozione di tecniche alternative all’azione antisettica dell’anidride solforosa che viene aggiunta al mosto per combattere la formazione di cariche batteriche o lieviti nocivi.
Quali alternative all’anidride solforosa?
Per prevenire la fermentazione malo-lattica, pare che il lisozima (potente enzima antibatterico) sia una valida alternativa alla SO2 per evitare l’avvio della fermentazione malo-lattica nei vini bianchi.
Scelta e uso dei lieviti
Altro espediente per contenere l’utilizzo di SO2 e innescare più precocemente possibile il processo di fermentazione alcolica nelle uve attraverso l’uso di lieviti selezionati. Detti lieviti fungono da veri e propri ‘starter’. Quando possibile, è bene scegliere lieviti che producano poca anidride solforosa.
Ossigenazione dei mosti
In caso di uve danneggiate, può essere utile procedere con l’arieggiamento del mosto in pre-fermentazione per ossidare i composti instabili.
Impiego di prodotti utili per ridurre le quantità di So2
Il metodo biologico ammette l’utilizzo di alcuni antiossidanti in sostituzione della SO2. Acido ascorbico e acido citrico, ad esempio, rappresentano due valide alternative naturali per l’azione antiossidante dimostrata anche durante il processo di imbottigliamento e per la catalizzazione delle reazioni ossidative.
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Impiego di gas inerti
La riduzione dell’impiego di anidride solforosa passa anche attraverso la protezione del vino dal rischio di ossidazione chimica o microbiologica. Per questo motivo è opportuno limitare il contatto con l’ossigeno dell’aria (conservando il vino in recipienti sempre colmi). Bisogna usare attrezzature che non prevedano il contatto del vino con l’aria durante il trattamento e impiegare gas inerti per la conservazione e per le successive e delicatissime fasi di travaso e imbottigliamento.
Esempi di gas inerti utilizzabili in tal senso sono l’anidride carbonica, l’azoto e, con alcune limitazioni specifiche, l’argon.
Igiene in cantina
Infine, un punto che sembra scontato, ma che non lo è. La cura dello stato igienico-sanitario della cantina durante tutte le fasi della vinificazione è essenziale per limitare la proliferazione di microrganismi dannosi e batteri.
Vi siete fatti un’idea della questione, al di là dell’aspetto tecnico? Quando vedrete l’etichetta ‘senza solfiti aggiunti’ saprete che è vino biologico o biodinamico.
Ultimo aggiornamento il 18 Settembre 2024 da Rossella Vignoli