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Fermentazione alcolica: come funziona e a cosa serve

La fermentazione alcolica consiste in un processo di trasformazione che produce alcol etilico e anidride carbonica. Come tutte le fermentazioni innescate da lieviti, è sfruttata sia in ambito alimentare che farmaceutico. Ecco la guida completa per scoprire tutti i segreti della fermentazione alcolica e i suoi utilizzi.

Fermentazione alcolica: come funziona e a cosa serve

Dall’uva si ottiene il vino, dal malto la birra e così via. Già, ma come avvengono esattamente queste trasformazioni? Il processo chimico responsabile di tutte queste reazioni si chiama fermentazione alcolica e serve, in buona sostanza, a produrre alcol (etanolo) e anidride carbonica. Come gli altri tipi di fermentazione, anche quella alcolica è attivata microrganismi (saccaromiceti) che scompongono il glucosio in assenza di ossigeno trasformandolo in etanolo e anidride carbonica.

fermentazione alcolica

Nel caso del vino, ad esempio, questi lieviti si trovano sulla superficie dei chicchi d’uva e quando i grappoli vengono schiacciati rimangono all’interno del liquido zuccherino che si ottiene dalla spremitura. Quando l’ossigeno a disposizione finisce, i lieviti innescano la fermentazione utilizzando il glucosio a disposizione. Il risultato di questa reazione è l’alcol e a seconda della quantità si otterrà un vino dalla gradazione più o meno alta.

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Fermentazione alcolica: tipologie e usi

La fermentazione alcolica è sfruttata da secoli dall’uomo per diverse finalità. Gli impieghi più frequenti sono in ambito alimentare e farmaceutico. A differenza della fermentazione lattica, detta anche omolattica, questa fermentazione oltre all’acido lattico, anche alcool etilico e anidride carbonica. E’ per questo motivo che in ambito chimico viene definita anche fermentazione eterolattica

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Di tutte le fermentazioni, quindi, quella alcolica è la più importante e sfruttata per la produzione di vinobirra e pane. Ma mentre per il vino sono sufficienti gli zuccheri semplici, nel caso di orzo e del grano l’amido deve essere prima idrolizzato a glucosio. Per la preparazione della birra, in particolare, è il Saccharomyces cerevisiae il lievito che trasforma il malto in birra. Esso, inoltre, è determinante anche per la produzione del pane dove attiva la fermentazione sotto forma di lievito di birra.

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Attraverso l’anidride carbonica prodotta, la pasta del pane inizia a gonfiarsi e lievitando raggiunge una consistenza ideale per la cottura mentre l’alcol evapora completamente. La fermentazione alcolica è utilizzata anche per la produzione di Kumys e Kefir, un latte acido-alcolico fermentato benefico sulla flora batterica intestinale per le difese immunitarie.

Fermentazione alcolica e lievito di birra

Il lievito di birra è prodotto dall’attività di microrganismi, i Saccharomyces Cerevisiae, fatti fermentare in appositi fermentatoi, dove si moltiplicano svariate volte. Viene così definito perché consiste, di fatto, in un sottoprodotto della fermentazione della birra, anche se può trovarsi sulla buccia alcuni frutti. Dal metabolismo di questo lievito si sviluppa un gas (anidride carbonica) che rende la pasta del pane più adatta alla cottura.

Oggi il lievito di birra si ottiene per lo più dalla melassa, un sottoprodotto della barbabietola da zucchero. In commercio, il lievito si può trovare fresco, compresso in panetti o in granuli. Al suo interno si concentrano altissime quantità di proteine, minerali e aminoacidi essenziali. Non a caso, questo lievito è considerato una delle fonti più importanti di vitamine del gruppo B.

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In cucina si usa solitamente allo stato disidratato o fresco. Come agente lievitante è impiegato per far crescere di volume impasti sia salati che dolci, ai quali conferisce una consistenza soffice e morbida.

Molte sono le proprietà benefiche per il nostro organismo collegate al consumo di lievito di birra. Nello specifico, aiuta e rinforza pelleunghie capelli e contribuisce a contrastare l’acne. Grazie alle funzioni probiotiche, mostra efficacia nel garantire il corretto funzionamento dell’apparato gastro-enterico e rafforza il sistema immunitario. Inoltre, svolge un ruolo protettivo nei confronti del sistema nervoso, facilitando la riduzione del senso di stanchezza e affaticamento.

Fermentazione alcolica del vino

Come abbiamo anticipato, la fermentazione alcolica è quel processo naturale che consente di trasformare il liquido ottenuto dalla pigiatura delle uve in mosto e poi in vino. Essa è detta anche fermentazione ‘primaria’ ed è a tutti gli effetti una reazione chimica che innesca delle reazioni a catena che conducono alla conversione degli enzimi in alcol e anidride carbonica.

A seconda del tipo di lieviti coinvolti, è possibile ottenere diverse gradazioni alcoliche. Mediamente, si ottiene circa il 50% di alcol, 45% di anidride carbonica, 3% di glicerolo e 2% di altri sottoprodotti. Il tipo di lievito più comunemente utilizzato in enologia è il Saccharomyces Cerevisiae, lo stesso impiegato per la fermentazione della birra e per la lievitazione del pane.

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I “sottoprodotti” di questo complesso processo chimico sono acetaldeide, acido acetico, acetato d’etile, glicerolo e altri tipi di alcol. Questi prodotti “secondari” sono infatti essenziali allo sviluppo delle qualità aromatiche di ogni vino e, dipendentemente da come è stata svolta la fermentazione alcolica, gli aromi possono affinarsi oppure deteriorarsi.

Anche la fermentazione alcolica si volge in assenza di ossigeno. Nelle fasi iniziali, infatti, i lieviti utilizzano l’ossigeno presente nel mosto e trasformano gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Esaurito l’ossigeno, inizia la fermentazione vera e propria durante la quale l’energia prodotta attraverso l’ossidazione degli zuccheri trasforma questi ultimi in alcol etilico, anidride carbonica e altri sottoprodotti.

Fermentazione alcolica della birra

Come per il vino, la fermentazione alcolica per la produzione della birra è ottenuta lasciando fermentare il mosto in appositi recipienti. Anche in questo caso, i lieviti trasformano gli zuccheri in alcol e anidride carbonica. Le due tipologie di lieviti utilizzate  a questo scopo sono il Saccaromyces Cerevisiae e il Saccaromyces Carlsbergensis.

Unica eccezione a questo processo convenzionale è rappresentato da alcune birre prodotte in alcune località del Belgio che fermentano spontaneamente sfruttando un lievito presente nell’aria di quella zona.

In generale le birre si classificano in:

  • birre ad alta fermentazione indotta
  • birre a bassa fermentazione indotta
  • birre a fermentazione spontanea

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Il Saccaromyces Cerevisiae è usato per produrre le birre ad alta fermentazione e agisce a temperature elevate (16-23 gradi). Il Saccaromyces Carsbergensis, invece, viene utilizzato per produrre birre a bassa fermentazione e agisce a bassa temperatura (5-8 gradi).

Il metodo dell’alta fermentazione restituisce birre dal gusto intenso e aromatico, mentre la bassa fermentazione dà vita a birre più leggere e neutre.

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Erika Facciolla

Giornalista pubblicista e web editor free lance. Nata a Cosenza il 25 febbraio 1980, all'età di 4 anni si trasferisce dalla città alla campagna, dove trascorre un'infanzia felice a contatto con la natura: un piccolo orticello, un giardino, campi incolti in cui giocare e amici a 4 zampe sullo sfondo. Assieme a lattughe, broccoli e zucchine coltiva anche la passione per la scrittura e la letteratura. Frequenta il liceo classico della città natale e dopo la maturità si trasferisce a Bologna dove si laurea in Scienze della Comunicazione. Dal 2005 è pubblicista e cura una serie di collaborazioni con redazioni locali, uffici stampa e agenzie editoriali del bolognese. Nel 2011 approda alla redazione di TuttoGreen con grande carica ed entusiasmo. Determinata, volitiva, idealista e sognatrice, spera che un giorno il Pianeta Terra possa tornare ad essere un bel posto in cui vivere.

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