Scoprite tutto sui solfiti, dei conservanti alimentari classificati come allergeni presenti non solo nel vino, ma in tantissimi alimenti e bevande, anche i più impensabili.
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In genere, il termine solfiti viene associato al vino e ai processi di viticoltura ma in realtà questi additivi alimentari sono ampiamente utilizzati nell’industria alimentare per conservare moltissimi tipi di alimenti e bevande.
I solfiti, infatti, hanno una duplice funzione: rallentare il deterioramento del cibo e combattere il proliferare di muffe e batteri garantendo la sicurezza.
Vediamo quello che c’è da sapere su questi additivi alimentari, cosa sono, dove vengono utilizzati, la normativa di legge in merito e come è possibile seguire una dieta per disintossicarsi da questi conservanti.
I solfiti sono degli additivi alimentari e più precisamente dei conservanti utilizzati nell’industria agroalimentare allo scopo di contrastare il deterioramento delle caratteristiche organolettiche di cibi e bevande e la proliferazione di muffe, batteri e lieviti.
L’eventuale presenza di questi conservanti e la loro quantità deve essere obbligatoriamente indicata tra gli ingredienti di alimenti o bevande.
Tra le principali tipologie di solfiti vi sono:
Questi additivi sono utilizzati nell’industria alimentare come conservanti volti a contrastare il deterioramento dei cibi, soprattutto quelli ricchi di zuccheri e lievito, e la proliferazione di microbi, muffe e batteri. L’utilizzo di questi conservanti aiuta a preservare anche l’aspetto degli alimenti evitando il fisiologico ingiallimento o imbrunimento.
In origine, questi conservanti furono introdotti nell’ambito del processo di vinificazione ma poi il loro utilizzo si è massicciamente esteso a tutto il settore alimentare.
I solfiti vengono utilizzati per conservare moltissimi cibi preservandone deterioramento organico e aspetto.
Ne consegue che questi additivi alimentari sono presenti praticamente in tutti gli alimenti conservati come marmellate, biscotti, merendine, cracker, frutta secca, frutta disidratata, sciroppi, gelatine, purea di patate, conserve di pomodoro, ma anche in molti alimenti freschi come salumi, crostacei, molluschi, salsicce e hot dog.
Tra le bevande dove vengono aggiunti solfiti si ricordano vino, birra e succhi di frutta.
I cibi che presentano un’incidenza maggiore di questi conservanti sono:
Infine, i gamberi freschi sono estremamente deperibili e, quindi, l’aggiunta di conservanti avviene per prevenire una loro veloce marcescenza.
I solfiti sono in natura presenti nel vino in quanto vengono spontaneamente prodotti durante il processo di fermentazione. La quantità di questi conservanti non è però sufficiente a garantire la sicurezza del vino, pertanto è necessario ricorrere a una loro aggiunta.
Da sempre, quindi, l’utilizzo di metabisolfito di potassio è una pratica diffusa nell’ambito del processo di vinificazione con lo scopo di prevenire il proliferare di batteri, muffe e lieviti potenzialmente dannosi per l’uomo.
II vino che contiene più solfiti è quello dolce, la presenza di zuccheri lo rende facilmente deperibile, seguito dal bianco e dal rosso.
In Italia, secondo la normativa vigente la quantità massima di solfiti che può contenere un vino è la seguente:
Non esistono vini senza solfiti, in quanto questi conservanti vengono prodotti naturalmente durante il processo di fermentazione, ma possono esistere vini senza l’aggiunta di solfiti.
Nel vino biologico i solfiti sono presenti in una quantità minore rispetto ai tradizionali vini.
Il disciplinare biologico definisce, infatti, un limite massimo di conservanti più basso rispetto alla normativa di legge:
I solfiti sono classificate come allergeni sebbene la loro ingestione non possa provocare gravi reazioni allergiche come lo shock anafilattico.
La Direttiva UE 1129/2011 stabilisce quindi un limite massimo di solfiti che può essere aggiunto ai cibi in base alla loro tipologia.
In Italia, inoltre, è obbligatorio inserire questi conservanti tra gli ingredienti di un prodotto solo se questi sono presenti in una quantità che supera i 10 mg/litro. Questo significa che una quantità esigua di solfiti può essere presente in qualunque prodotto e non è obbligatorio indicarla.
Negli individui sani e che non hanno sviluppato una particolare sensibilità ai solfiti, questi additivi chimici non creano nessun tipo di problema di salute.
È possibile però che alcune persone, soprattutto quelle allergiche all’aspirina, sviluppino una certa intolleranza che si può manifestare con:
Negli individui sani, i solfiti sono tossici ammesso non si ecceda la dose giornaliera massima accettabile stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ovvero 0,7 milligrammi per chilo di peso corporeo.
Sicuramente non è facile stabilire con sicurezza quanti solfiti si assumono in una giornata, in quanto la loro presenza non è sempre dichiarata sulle etichette dei prodotti. Il rispetto della normativa relativa al limite massimo di solfiti consentiti per i differenti cibi rende comunque altamente improbabile l’ingestione di quantità eccessive di questi conservanti.
Non è semplice disintossicarsi dai solfiti, in quanto questi conservanti sono presenti in moltissimi alimenti e bevande e l’attuale normativa di legge non obbliga a indicarli sull’etichetta ammesso non superino una determinata quantità.
Un primo passo comunque per limitare l’assunzione di questi additivi è verificare l’etichetta di cibi e bevande e non acquistare prodotti che riportino l’indicazione delle seguenti sigle E220 ed E228.
Seguire una dieta solfiti-free può essere molto difficile in quanto questi conservanti sono presenti nella maggior parte degli alimenti e delle bevande confezionate.
Se desiderate provare questo tipo di dieta è necessario evitare:
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