Storia dell’ecologia, una breve guida alla sua storia e come ha portato alla green economy
Le radici del pensiero ecologico che hanno portato allo sviluppo di un nuovo modello economico
Ecco una sintetica storia della ecologia, per scoprire le radici culturali della green economy che partono dal nascere di una prima idea di ecologia e s’intrecciano poi con l’evoluzione del moderno pensiero economico.
Sommario
- La storia del pensiero ecologico
- Le critiche alla teoria della modernizzazione
- Rachel Carson ed i danni creati dall’agricoltura industriale
- Le 4 leggi dell’ecologia di Barry Commoner
- Un primo limite alla crescita è dato dal Club di Roma
- Ernst Schumacher e il ‘piccolo è bello’
- Ivan Illich ed il rapporto rispettoso con la natura
- La svolta con il rapporto Brundtland e il Futuro di noi tutti
- I summit della Terra
- I nuovi teorici dell’ecologia moderna ed il modello green economy
- La riconversione ecologica dell’economia
- Informazioni sui libri sull’ecologia e la green economy
- Altre informazioni
La storia del pensiero ecologico
Anni cinquanta lavatrici e televisioni, anni sessanta minigonne, dischi e contestazioni con il fiore in bocca, anni settanta crisi petrolifera, rivolta dura e l’idea di sviluppo illimitato che mostra crepe, anni ottanta liberismo e movimenti ambientalisti, il no nuke e il sole che ride. Ma è solo con gli anni novanta, dopo una lunga gestazione che l’ambiente entra nell’agenda politica istituzionale, merito pure dei movimenti nutriti a sviluppo sostenibile, e i principi si trasformano nelle prime norme.
Il mondo agli inizi degli anni ’30 cercava un modello economico che lo aiutasse a superare la crisi nata negli Stati Uniti nel con il crollo prima della Borsa nel ’28 e poi la politica del New Deal di Roosevelt nel ’29. Arrivò dopo la guerra a elaborare un nuovo credo economico di crescita continua, nato per riparare i danni della guerra e poi diventato il modello di riferimento. Qui la coscienza ecologica non esiste. Le risorse naturali ci sono per essere sfruttate appieno e far progredire lo sviluppo e la produzione delle merci.
Vediamo come si sviluppa questo modello economico e come spuntano i primi semi di quel sentimento di ecologia che poi porterà alla consapevolezza a livello globale che questo vecchio modello non può più continuare perché la Terra è ormai vittima dello sfruttamento forsennato delle sue risorse e rischia di implodere.
La locomotiva di Truman
Il presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman, ripresa da Wolfgang Sachs nel libro “Archeologia dello sviluppo” cita la locomotiva nel suo discorso inaugurale al Congresso nel 1949, perché ci vedeva la forza motrice a cui tutti gli altri Paesi dovevano agganciarsi, oggi il Presidente degli USA deve fare i conti con le locomotive cinesi, indiane e brasiliane.
L’orizzonte non è più l’auto di massa di Henry Ford, ma l’utilitaria elettrica, la green economy sostituisce la modernizzazione ad ogni costo e il credo nella inesauribilità delle risorse. L’ecologia si prende finalmente la scena.
La modernizzazione e l’ecologia
Dopo Truman sono arrivati, c’erano già ma hanno preso maggior voce, i teorici della modernizzazione.
Uno dei più influenti, consigliere di John F. Kennedy e Lyndon B. Johnson, è stato Walt Whitman Rostow, economista e sociologo, che ha disegnato lo sviluppo come processo a stadi che ogni società doveva attraversare in 5 fasi:
- società tradizionale
- precondizioni per il decollo industriale
- decollo industriale
- maturità e società dei consumi di massa
Questa teoria ha dirette conseguenze pratiche, che in Italia conosciamo bene grazie al piano Marshall e poi agli interventi per il mezzogiorno con la famosa ‘Cassa’.
Apparato teorico che ha giustificato i forti investimenti statali per l’industria nel Sud. Quindi le teorie del Take Off (il decollo) o del Big Push (grande spinta), i modelli di Roy Harrod e Evsey Domar, basati su risparmio e investimenti come leve dello sviluppo. Insomma, economia per l’economia.
I critici del modello economico dominante
La risposta alla modellistica da aeroporto è arrivata dal Sud del mondo, con teorie contrarie ma uguali. I teorici della dipendenza (questa la scuola), del Desarrollismo hanno puntato più sui limiti alla distribuzione, alla dicotomia centro-periferia che alla critica delle fondamenta del paradigma della modernizzazione.
Quindi Raul Prebisch (direttore del CEPAL), Samir Amin (marxista egiziano), P. Baran. A.G. Frank e pure Fernando Henrique Cardoso, il sociologo che una volta diventato Presidente del Brasile, prima dell’era Lula, è diventato paradossalmente bersaglio dei movimenti per una distribuzione più equa dello sviluppo.
In ogni modo queste pensatori non mettevano e non volevano mettere in crisi il modello di sviluppo basato sull’industria, ma correggerlo o rivoluzionarlo per una più equa distribuzione della ricchezza.
Anni sessanta, la svolta
Una svolta significativa nella storia dell’ecologia arriva negli anni sessanta. Solo all’inizio degli anni sessanta ci sono le prime crepe nell’avvenire glorioso di fabbriche, merci e consumi. A buttare fango, per primi, i poeti della beat generation, il movimento hippie, i giovani, quello che diventerà il movimento conosciuto come flower power.
Le prime opere e teorie green (o pre green) arriveranno dopo la metà degli anni sessanta. In questo contesto, non a caso nella mecca del consumismo, nasce l’ambientalismo, inteso come presa di coscienza collettiva e come parziale rifiuto del modello della società dei consumi e delle sue contraddizioni.
Le critiche alla teoria della modernizzazione
La risposta alla teoria della modernizzazione, come abbiamo visto nella prima parte del nostro viaggio alle radici culturali della green economy e più in generale dello sviluppo sostenibile, non ha messo sotto accusa il paradigma della crescita illimitata e del rispetto degli equilibri naturali.
Le critiche hanno interessato più la sostenibilità sociale (la redistribuzione della ricchezza prodotta), culturale (il rispetto delle culture autoctone), territoriale (l’equilibrio tra centro e periferia) che quella ambientale.
Rachel Carson ed i danni creati dall’agricoltura industriale
Il primo germoglio della via ambientalista allo sviluppo spunterà nel 1962 con “Primavera silenziosa” di Rachel Carson. Un’opera ancora attuale in cui per la prima volta denunciò i danni creati dalla rivoluzione agricola industriale dove la chimica si sostituisce al sapere millenario dei contadini.
Una supremazia che, per la Carson, con abile metafora, ha silenziato la primavera cioè la natura stessa. Un atto d’accusa, ben documentato, sull’uso spregiudicato dei pesticidi, portò poi a vietare l’uso del DDT nei campi, e degli insetticidi.
La Carson non costruì una vera e propria teoria ecologica, l’ecologia in sè non è il suo focus, ma per prima s’interrogò (con dati scientifici) sull’inquinamento delle acque, sugli effetti perversi delle monoculture agricole (e la riduzione della bio diversità), sui danni creati agli animali e agli uomini.
Le reazioni delle industrie chimiche furono violentissime e la biologa marina fu accusata di essere un isterica estremista. Purtroppo ebbe poco tempo per organizzare la sua battaglia: due anni dopo la pubblicazione del libro morì per un tumore al seno.
Le 4 leggi dell’ecologia di Barry Commoner
Pioniere dell’ecologismo, disse: Io credo che il continuo inquinamento della terra, se incontrollato, finirà per annullare l’idoneità di questo pianeta quale sede di vita umana, è il biologo statunitense Barry Commoner ,che con il suo testo più conosciuto, Il cerchio da chiudere, del 1971, ha dato un forte contributo alla battaglia per un mondo più sano e meno inquinato.
Sulla scia di Carson ha denunciato l’inquinamento del Pianeta, ed è stato tra i primi ad aprire la riflessione sulla finitezza delle risorse naturali energetiche. Quindi l’esaurimento delle risorse fossili e la necessità di sviluppare le fonti energetiche rinnovabili. Nella sua opera più conosciuta Commoner presentò le 4 leggi fondamentali dell’ecologia:
- Ogni cosa è connessa con qualsiasi altra
- Ogni cosa deve finire da qualche parte
- La natura è l’unica a sapere il fatto suo
- Non si distribuiscono pasti gratis
Una rivalutazione delle leggi naturali contro la dittatura della tecnocrazia scientifica che non prende in considerazione gli effetti perversi dell’industrializzazione della vita produttiva.
Commoner propone un nuovo patto Uomo-Natura per ristabilire un equilibrio che tuteli l’eco sistema. Un apporto non solo filosofico che si è sviluppato fino ad oggi con le analisi sull’inquinamento creato dalle emissioni inquinanti, i danni provocati dagli inceneritori, la necessità della valutazione ambientale e l’etichettatura sociale dei prodotti.
Un primo limite alla crescita è dato dal Club di Roma
Il Club di Roma. Un gruppo di scienziati, intellettuali, premi nobel e imprenditori guidati dal manager anti fascista Aurelio Peccei elaborarono uno studio, commissionato al MIT di Boston, che diede un forte colpo al mito dello sviluppo illimitato.
L’opera, resa nota nel 1972 a pochi mesi dalla prima crisi petrolifera, ebbe un forte impatto sul’opinione pubblica. Prese il nome di Rapporto sui limiti della crescita o Rapporto Meadows, dal nome di Donella Meadows che ne curò la simulazione al computer. Questo rapporto sparse dei semi di una prima coscienza ecologista nel mondo economico.
Gli scienziati per la prima volta sottolinearono la probabilità di un esaurimento delle materie prima e di una decadenza con esiti drammatici della capacità di carico del pianeta. Il concetto di limite per la prima volta entra con forza nel dibattito sullo sviluppo. Tuttavia, si è capito poi, non è tanto la carenza di materie prime, come credevano i teorici del Club di Roma, ad aver innestato la ‘rivoluzione verde’ ma la corsa all’accaparramento di oro, petrolio e mirra di cinesi e altre economie emergenti. Al di là delle interpretazioni, è un dato che milioni di cittadini, per necessità o per scelta, stanno modificando i loro stili di consumo.
Negli anni il rapporto è stato aggiornato: nel 1992 con ‘Oltre i limiti’ (Beyond the Limits) e nel 2004 con Limits to Growth: The 30-Year Update.
Il rapporto in questi ultimi 40 anni è stato criticato, avversato e i suoi sostenitori accusati di superficialità e approssimazione (vedere in particolare ‘L’impostura del Club di Roma’ di Philippe Braillard). Ma, a prescindere dallo scarto tra previsioni e stato attuale delle condizioni ambientali del nostro Pianeta, ha avuto il forte merito di mettere in primo piano l’inquinamento dell’eco sistema, la scarsità ed esauribilità delle materie prime, la necessità di un uso più appropriato delle risorse energetiche.
Seppure i calcoli, in particolare per il petrolio, non si sono dimostrati precisi, grazie al Club di Roma e al Rapporto Meadows il concetto di limite ha permesso l’avvio di politiche produttive orientate al risparmio, alla lotta contro l’inquinamento e al perseguimento di una migliore qualità della vita ambientale.
Ernst Schumacher e il ‘piccolo è bello’
Un altro degli autori che negli anni settanta ha criticato il sistema economico basato sulla produzione a grande scala, in pratica il fordismo, e sull’industrializzazione spinta è l’economista Ernst Schumacher che coniò uno slogan di grande successo per uno dei primi bestseller, anno 1973, ecologisti: Small is Beautiful, cioè ‘piccolo è bello’.
Per la prima volta si ragiona in termini umani e con l’obiettivo di disegnare il sistema produttivo su basi decentrate.
Schumacher non critica la tecnologia in quanto tale ma nella sua dimensione ideologica, nel dominio della tecnica che seppellisce gli aspetti umani. Una soluzione dell’economista e filosofo tedesco risiede nella localizzazione ottimale delle strutture produttive, per un decentramento che permetta un maggior controllo sociale della tecnologia. A misura d’uomo. Infatti ‘solo quando riusciamo a vedere il mondo come una scala, e quando riusciamo a vedere la posizione dell’uomo sulla scala, siamo in grado di riconoscere alla vita dell’uomo sulla terra un compito significativo.
Ivan Illich ed il rapporto rispettoso con la natura
Non si può parlare di sviluppo senza citare Ivan Illich. Intellettuale eretico, eclettico e dai molteplici interessi, dalla medicina alla religione, che ha improntato la sua critica alla modernizzazione con l’esaltazione della società conviviale.
Come per Schumacher, è il dominio della macchina a creare problemi ad un armonico sviluppo della società. Che Illich immagina “conviviale” incentrato su un rapporto rispettoso con la natura e la tecnologia intesa in senso sociale, non come strumento per accumulare prodotti e ricchezze ma per risolvere i problemi dei cittadini.
La sua critica interessa anche la medicina dove sottolinea la necessità di riscoprire i rimedi naturali e contrasta la spersonalizzazione del rapporto medico paziente. Tra le sue opere ricordiamo L’elogio della bicicletta; poi Per una storia dei bisogni, e infine Descolarizzare la società.
Oltre l’attività teorica gli insegnamenti di Illich hanno influenzato molti gruppi di azione, presenti anche in Italia, che cercano di tradurre nella realtà il suo pensiero. Le sue teorie pur privilegiando un approccio olistico non costruiscono un vero e proprio paradigma.
La svolta con il rapporto Brundtland e il Futuro di noi tutti
La vera svolta nelle teorie dello sviluppo arriva nel 1987 con il Rapporto Brundtland della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo, che per la prima volta parla di sviluppo sostenibile.
Il gruppo di lavoro, coordinato dal Presidente Gro Harlem Brundtland, definisce per primo il concetto di uno sviluppo sostenibile come sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.
Si introduce uno sviluppo che segua il principio della solidarietà intergenerazionale, verso le generazioni future.
Una posizione etica che avrà un forte successo nella elaborazione teorica successiva e nelle politiche pubbliche (almeno a livello di enunciazione ma con forti scarti nella realtà) che troveranno una prima assunzione nella Conferenza sull’Ambiente di Rio de Janeiro del 1992 dove i governi prendono degli impegni per la tutela dell’ambiente.
E si impegnano con Agenda 21, a sviluppare una strategia fatta di leggi e progetti da realizzare sul territorio. Una prima traduzione pratica per le differenti teorie che disegnavano uno sviluppo sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale, culturale e geografico.
I summit della Terra
A Rio de Janeiro, i summit della terra, si scrive l’agenda del XXI secolo. Lotta all’inquinamento con approccio glocal (mix tra globale e locale) ed ecologia, dove alle azioni degli Stati nazionali si associano migliaia di progetti su scala micro. A livello macro nel 1997 si siglano gli accordi del protocollo di Kyoto, un patto per limitare le emissioni inquinanti. Dieci anni dopo Rio arriva il summit mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg per verificare la progressione negli impegni presi nel 1992.
I nuovi teorici dell’ecologia moderna ed il modello green economy
I traguardi raggiunti sono minimi e c’è ancora tanto da fare ma il tema ambientale acquista centralità nell’agenda istituzionale. Se a livello globale si susseguono incontri vertici, accordi e patti negli anni novanta e i primi anni 2000 si affermano nuovi movimenti.
Dalla Francia (i no global guidati da Joseph Bovè, che smonta un Mc Donald) al Brasile (i sem terra) sostenuti anche da intellettuali come Jeremy Rifkin (da Ecocidio, ascesa e caduta della cultura della carne, a Economia all’idrogeno, la creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra).
A fine millennio, l’opera che maggiormente cattura l’immaginazione collettiva è comunque scritto da una ragazza canadese, Noemi Klein (No Logo il suo libro guida)
Intanto in Italia si afferma l’associazione Slow Food fondata da Carlo Petrini, che riscopre le produzioni alimentari non industriali e sul campo salva con le sue azioni specie rare e in via d’estinzione. Sul campo della sostenibilità sociale si affermano i progetti di Muhammad Yunus, il banchiere dei poveri. Con la Grameen Bank (banca del villaggio) il credito da credito anche ai più poveri.
La finanza etica che con il micro credito sbarca in Europa e sostiene in particolare progetti ad alto tasso di sostenibilità. Si diffondono i GAS, gruppi d’acquisto solidale, che puntano alla valorizzazione dei prodotti a km zero (altro concetto e pratica sostenibile) e a filiera corta (dal produttore al consumatore). Anche nei piccoli paesi s’installano i distributori di latte fresco, negli ipermercati si montano gli scaffali con i prodotti biologici, a Bologna e poi altrove nasce il Last Minute Market che combatte la cultura dello spreco.
Rispetto ai pionieri dello sviluppo sostenibile si ha un approccio pragmatico, basato sul fare e non solo sulla teoria. Il rivoluzionario smette l’eskimo e sposta la lotta nel carrello della spesa. Tanti affluenti che alimenteranno il fiume della green economy.
La riconversione ecologica dell’economia
Il passo finale è quello dove si tenta una riconversione ecologica dell’economia. Una parola che assume toni quasi magici, spesso tinteggiatura lessicale per speculatori di mestiere, grazie al piano di comunicazione di Barack Obama, che riesce, ma il suo successo politico oggi è fortemente messo in discussione, a inserire la Green Economy al centro del dibattito politico.
Partono grandi piani d’investimento verdi che tentano di cambiare l’organizzazione economica della nostra società. Rispetto al passato (recente) alla volontà di singoli, intellettuali, gruppi di pressione ed associazioni civiche si affianca l’impegno della politica e del mondo dell’economia. Le finalità restano, beninteso, commerciali e sono dettate dalla necessità nella competizione globale di costruire un nuovo mercato, vista la concorrenza dei mercati emergenti.
L’obiettivo non può che essere condiviso. Al momento però, nonostante migliaia di programmi istituzionali, infiniti progetti imprenditoriali, la Green Economy resta ancora una sfida ma rispetto ai tempi della Primavera Silenziosa della Carson milioni di persone hanno capito che cambiare si può.
Una frase racchiude il tutto: non è la fine del percorso, questo è solo l’inizio di un cammino. Barack Obama, 18 dicembre 2009 ,Copenhagen.
Informazioni sui libri sull’ecologia e la green economy
Ecco una bibliografia essenziale ed i nostri consigli di lettura per approfondire il tema dell’ecologia, lo sviluppo sostenibile e della green economy:
- P.W. Preston, Development theory: an introduction, Blackwell, Cambridge, 1996
- Raul Prebisch, Theoretical and Practical Problems of Economic Growth, 1950
- Raul Prebisch, The Economic Development of Latin America and its Principal Problems,Lake Success, New York, United Nations, United Nations Publications
- Rachel Carson, Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano, 1999
- Barry Commoner, Il cerchio da chiudere, Garzanti, fuori edizione
- Ernst Schumacher, Piccolo è bello, Edizioni Slow Food, Alba, 2010
- Deléage Jean-Paul, Storia dell’ecologia. Una scienza dell’uomo e della natura (CUEN, 1994)
- Wolfgang Sachs, (a cura di Alberto Tarozzi), Dizionario dello sviluppo, Torino, Gruppo Abele, 1998
- Wolfgang Sachs, Sviluppo e impatto sociale, Bologna, EMI, 1992
- Wolfgang Sachs, Quale sociologia dello sviluppo, Sassari, Iniziative culturali, 1992
- Gianfranco Bottazzi, Manuale Sociologia dello Sviluppo, Bari, Laterza 2009
- Carlo Trigilia, Sociologia economica, Il mulino, Bologn,a 2008
- Giuseppe Scidà, Avventure e disavventure della sociologia dello sviluppo, Franco Angeli, Milano 2007
- Hirsh F. I limiti sociali allo sviluppo, Bompiani, Milano, 1981
- Vandana Shiva, Il bene comune della terra, Feltrinelli, Milano, 2006
- Vandana Shiva, Ritorno alla Terra, La fine dell’ecoimperialismo, Fazi, Milano, 2009
- Guandalini Maurizio e Uckmar Victor, Green economy. Idee, energia e dintorni, Milano, Mondadori, 2009
Altre informazioni
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Ultimo aggiornamento il 19 Settembre 2024 da Rossella Vignoli