Ambiente

Tritare o differenziare l’umido: cos’è meglio?

In Europa vige la buona usanza di differenziare la spazzatura. Negli Stati Uniti, invece, si utilizza da decenni un tritarifiuti integrato nel lavandino, il quale riduce gli scarti organici in una “poltiglia” molle che scivola diluita nel sistema fognario.

Tritare o differenziare l’umido: cos’è meglio?

Inventato nel 1927 dall’architetto americano John Hammes, questo strumento non ha mai riscosso grande successo nel Vecchio Continente, nonostante vi siano pareri molto favorevoli alla sua diffusione.

Per prima cosa, stiamo parlando dello smaltimento dei soli rifiuti organici, che attualmente vengono raccolti attraverso il porta a porta in oltre 3 mila comuni italiani.

I pro e i contro di entrambe le modalità sono innumerevoli e controverse: i dissipatori, altro nome per identificare i tritarifiuti, farebbero risparmiare tempo, denaro e inquinamento atmosferico perché toglierebbero dalle strade i veicoli dedicati al trasporto dell’umido.

Contemporaneamente, però, il “frullato organico” eliminato attraverso il lavandino andrebbe ad ostruire la rete fognaria e il fango di depurazione che si ottiene come prodotto finale non sarebbe adatto all’uso agricolo perché conterrebbe anche scarti industriali non organici, quali metalli pesanti.

D’altro canto, i rifiuti alimentari vegetali e animali stoccati in discarica sono tra le maggiori cause di produzione di metano, uno dei gas responsabili dell’effetto serra. Attualmente, però, questo è il miglior compost che esista ed è molto apprezzato nel settore agricolo perché completamente naturale e di qualità eccellente.

Il reale impedimento alla diffusione dei tritarifiuti nelle abitazioni degli italiani, secondo Stefano Ciafani, vice presidente di Legambiente e ingegnere esperto di rifiuti, è quello dello stato attuale delle vie fognarie: «L’organico in fognatura? Le tubature, sia degli edifici sia sotterranee, non sono attrezzate».

Si rischierebbe, quindi, il sovraccarico della rete. I casi di successo nell’utilizzo dei dissipatori sono, certamente, molteplici e di recente anche in Europa.

In Svezia la cittadina svedese Surahammar ha ottenuto una drastica riduzione di rifiuti inviati in discarica, passando da 3.600 tonnellate all’anno nel 1996 alle 1.400 del 2007.

Sono dati certamente incoraggianti ed entrambe le modalità di smaltimento dei rifiuti organici hanno sia punti a favore, che svantaggi.

Ciò che è sicuro, almeno per il momento, è il fatto che l’Italia, per la sua attuale conformazione e per la sua struttura fognaria, non sia idonea per la diffusione e l’utilizzo dei dissipatori.

In futuro, con uno studio appropriato e una reale possibilità di adeguamento dell’intero sistema, auspichiamo che si possa concretamente pensare alla loro adozione anche nel nostro paese.

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