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Eco-mafia in Italia 2025: dati, rotte e nuovi affari criminali

Il lato oscuro dell'ambiente: discariche abusive, inquinamento di terra e acqua, traffico di specie protette e degrado ambientale

Quattro reati ambientali l’ora, un fatturato clandestino da 8,8 miliardi di euro e 97 indagini al giorno: l’eco-mafia non è più un’emergenza, ma una vera industria criminale. Il Rapporto Ecomafia 2024 di Legambiente racconta come 300 clan abbiano infiltrato edilizia, rifiuti e fauna protetta, mentre l’Unione Europea vara la direttiva 2024/1203 che impone pene più severe per chi devasta l’ambiente. Il rapporto fotografa un numero di reati riconducibili ai traffici di rifiuti e merci illegali a dir poco impressionante, che rende il business dell’eco-mafia in Italia 2025 uno dei più lucrosi. Le organizzazioni operano nell’ombra, ma i loro effetti devastanti sono sotto gli occhi di tutti: discariche abusive, inquinamento di terra e acqua, traffico di specie protette e degrado ambientale. Vediamo cosa sono davvero le eco-mafie, come operano e, soprattutto, possiamo fermarle.

Eco-mafia in Italia 2025: dati, rotte e nuovi affari criminali

Cos’è l’eco-mafia

Si tratta di organizzazioni criminali che sfruttano illecitamente l’ambiente per generare profitti, agendo lungo filiere che comprendono rifiuti, edilizia, traffico di animali e risorse naturali.

Il termine è stato coniato da Legambiente negli anni ‘90 e si riferisce principalmente alle attività legate al traffico illecito di rifiuti, ma abbraccia anche altri reati ambientali, come il bracconaggio, la deforestazione illegale e l’abusivismo edilizio.

Queste organizzazioni agiscono come multinazionali del crimine, muovendosi su scala globale e sfruttando lacune legislative, corruzione e la difficoltà di controllo su territori vasti e complessi.

I numeri 2024-25 dei reati da ecomafia

I dati che riguardano l’Italia (Fonte: Rapporto Ecomafia 2024, Legambiente) parlano di ben 35.487 reati ambientali accertati nel 2023 con un aumento del 15,6 % rispetto al 2022. Il giro d’affari illegale complessivo è di 8,8 miliardi euro.

Il ciclo del cemento si trova al primo posto, con 13.008 reati, aumentato di 6,5 %, seguono il business dei rifiuti (9.309 reati, con +66,1 %, secondo quanto dice sempre Legambiente (CS 11/7/24).

Il tutto è quanto emerso solo tra il 2023 e il 2024.

Sempre secondo Legambiente e Libera (Fonte: CS 12/5/25), dal 2015, con la nascita della legge 68/2015, sono stati portati avanti apppena 6.979 procedimenti penali per eco-reati.

All’estero, invece, gli Stati con il maggior numero di inchieste aperte sono Cina, Grecia, Albania, Nord Africa, Medio Oriente e Turchia.

I settori più redditizi dell’eco-mafia

Secondo il Rapporto Ecomafia 2024–25, Operazioni CITES 2024, direttiva UE 2024/1203, i crimini ambientali hanno preso di mira anche alcuni settori particolarmente redditizi dell’economia verde.

Fa riflettere che il 68% delle inchieste censite riguardi il mercato illegale di merci contraffatte e specie animali protette, il 23% il traffico di rifiuti pericolosi, e solo il 9% le frodi alimentari.

E la maggior parte di questo enorme giro d’affari si muoverebbe soprattutto lungo le grandi vie del mare di mezzo mondo.

Quali sono i traffici dell’eco-mafia in Italia

Nel Bel Paese, infatti, le strade maggiormente battute dalle ecomafie sono quelle dei porti e degli aeroporti. A guidare la ‘speciale’ classifica sono gli scali di Ancona, Bari, Civitavecchia, Venezia, Napoli, Taranto, Gioia Tauro, La Spezia e Salerno.

Il traffico illegale dei rifiuti, in Italia, ha il suo epicentro nella Terra dei Fuochi (tra Napoli e Caserta), uno dei casi più emblematici, dove rifiuti tossici vengono bruciati o interrati, avvelenando suolo, acqua e aria.

L’altro aspetto fondamentale in Italia delle attività illegali è l’abusivismo edilizio. Si costruisce illegalmente in aree protette o a rischio idrogeologico, spesso favorite dalla corruzione. Questo fenomeno è particolarmente diffuso nelle regioni del sud Italia, come Campania, Calabria e Sicilia.

Dalle indagini emergono anche altri settori di attività , ma meno diffusi dei rifiuti e dell’abusivismo, come quelli legati alle frodi alimentari conclamate, ed alle merci contraffatte.

Insomma, esiste una vera e proprio ‘economia parallela’ che cresce a scapito delle normative ambientali vigenti lungo tutta la filiera.

Rotte e filiere dell’eco-mafia nel mondo

Le eco-mafie operano lungo rotte criminali internazionali, che hanno l’epicentro in Italia, con ramificazioni in tutto il mondo. Quando un prodotto contraffatto, un animale o i rifiuti ‘speciali’ escono dai paesi dell’area OCSE si dirigono verso quelli non OCSE seguendo delle rotte ben definite che vengono ripercorse per importare prodotti e merci analoghe:

  • Traffico di rifiuti elettronici vecchi computer, smartphone e apparecchi elettronici e altri rottami ferrosi vengono esportati da e per l’Africa illegalmente, ma in altri Paesi in via di sviluppo, dove finiscono per inquinare terreni e falde acquifere.
  • Traffico illecito di rifiuti, specialmente quelli pericolosi (Ghana, Senegal, Burkina Faso): gli scarti tossici prodotti da industrie europee vengono smaltiti in modo illegale, spesso sepolti in terreni agricoli o esportati in Africa e Asia. Le materie plastiche vanno in Cina, mentre gli pneumatici in India, Corea e Tailandia.
  • Deforestazione illegale: le eco-mafie contribuiscono alla distruzione di foreste tropicali, vendendo legname pregiato sul mercato nero. Questo fenomeno è particolarmente grave in Amazzonia, Africa centrale e Sud-est asiatico.
  • Bracconaggio e traffico di specie protette: dalle pelli di animali esotici alle pinne di squalo, le eco-mafie sfruttano il commercio illegale di fauna e flora protette. Le rotte principali collegano Asia, Africa ed Europa.

L’import, invece, riguarda principalmente alimenti contraffatti (Est Europa, Cina, Asia), animali (Africa), merci contraffate (Cina, Asia, Est Europa).

Leggi e sentenze

Questo meccanismo mette in circolazione merci meno costose ma molto pericolose per la salute dei consumatori.

E diventa un circolo vizioso che i governi e la stessa UE devono combattere attraverso lo strumento legislativo – favorendo, ad esempio, la raccolta differenziata, gli incentivi sulle rinnovabili, la tracciabilità dei prodotti e la tutela dell’ambiente – e una politica di rigore che non lasci canali di finanziamento aperti agli speculatori di turno.

Le leggi italiane contro l’eco-mafia

In Italia, questo tipo di reati è regolata da un quadro normativo specifico, che si è evoluto negli anni per rispondere all’emergenza ambientale. Tra le leggi più importanti troviamo:

  • Legge n. 68/2015: con l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice Penale, questa legge ha reso più severe le pene per reati come inquinamento ambientale, disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti
  • Legge n. 152/2006 (Testo Unico Ambientale): tratta la gestione dei rifiuti, le bonifiche e la tutela delle risorse naturali, prevedendo sanzioni per chi viola le normative ambientali
  • Legge n. 257/1992: ha messo al bando l’amianto in Italia, ma il suo smaltimento illegale resta un problema gestito dalle eco-mafie

Sentenze importanti contro le eco-mafie

Alcune sentenze hanno segnato tappe fondamentali nella lotta contro questi reati di tipo ambientale, anche se. molta strada resta da fare.

Una delle prime è la condanna per disastro ambientale dell’imprenditore Cipriano Chianese nel Processo Resit (2017), a Casal di Principe, considerato uno dei pionieri del traffico illecito di rifiuti.

Anche il lungo processo alla Eternit (2012-2021), che ha visto imputati i dirigenti delle aziende responsabili della produzione di amianto a Casale Monferrato, è da considerare una sentenza storica per questo tipo di reato.

Infine, l’Operazione internazionale Black Mountain (2018), che ha portato alla luce un traffico internazionale di rifiuti pericolosi tra l’Italia e il Nord Africa.

Chi combatte le eco-mafie?

In Italia, la lotta coinvolge diverse istituzioni:

  • Forze dell’ordine specializzate: Il NOE (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) e la Guardia di Finanza sono in prima linea contro i reati ambientali
  • Procure distrettuali antimafia (DDA): indagano sui legami tra mafie e reati ambientali
  • Legambiente: l’associazione ambientalista monitora e denuncia le attività criminali legate all’ambiente con il rapporto annuale ‘Ecomafia’

Tuttavia, la lotta è resa difficile da risorse limitate, corruzione locale e lacune nei controlli internazionali.

Come contrastarla

La battaglia non può essere vinta senza un’azione congiunta di più attori:

Innnazitutto ci vuole un inasprimento delle pene. Le leggi devono essere ulteriormente rafforzate per scoraggiare i reati ambientali.

Poi, è anche necessaria maggiore trasparenza e coordinamento dei vari sistemi di tracciabilità. Se pensiamo, ad esempio, che i sistemi di monitoraggio, come il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), non sono ancora implementati con rigore, diventa difficile sapere quali sono le vie che prendono i rifiuti..

Anche sensibilizzare i cittadini sull’importanza di segnalare attività illegali e consumare in modo responsabile è una via da percorrere, così come una maggiore collaborazione internazionale. Perché le eco-mafie operano su scala globale, e solo una cooperazione tra Stati può fermarle.

Mentre le istituzioni italiane e internazionali continuano a migliorare i loro strumenti di contrasto, spetta anche a noi cittadini agire con consapevolezza, denunciando e scegliendo comportamenti sostenibili. Saremo all’altezza della sfida?

Foto di copertina di Julia Taubitz su Unsplash

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Ultimo aggiornamento il 4 Giugno 2025 da Rossella Vignoli

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Federica Ermete

Nata a Busto Arsizio nel 1982, dopo il diploma si trasferisce a Cremona – dove vive tutt’ora – per conseguire la laurea in ambito umanistico. Sia per formazione professionale che per passione personale, i suoi ambiti di specializzazione sono l’alimentazione, la salute, il fitness di cui è appassionata anche nella vita quotidiana, ed il benessere naturale. Collabora con entusiasmo con la redazione di Tuttogreen dal giugno 2020.

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