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Ricavare corrente elettrica dall’anidride carbonica

Nel Mondo si emettono ogni anno ben 12 miliardi di tonnellate di anidride carbonica a causa dell’utilizzo di carbone, petrolio o gas naturale quali fonti energetiche per la produzione industriale; a queste vanno aggiunti altre 11 miliardi di tonnellate per il riscaldamento, sia domestico che aziendale.

Ricavare corrente elettrica dall’anidride carbonica

Ecco che un team di ricercatori olandesi – il professor Bert Hamelers con i suoi colleghi dell’Università di Wageningen, in sinergia con alcune aziende – ha pensato bene di ricavarne energia elettrica.

In che modo? Secondo il professor Hamelers le centrali elettriche potrebbero pompare anidride carbonica veicolata attraverso l’acqua o altri liquidi, per produrre così un flusso di elettroni. Basterebbe questo, a loro detta, per creare 1.750 terawatt ora di energia elettrica in più ogni anno – circa 400 volte la potenza prodotta dalla diga di Hoover in Nevada, e tutto senza aggiungere anidride carbonica nell’atmosfera.

Inoltre suggeriscono di usare anche gli stessi gas di scarico che fuoriusciscono da questo innovativo ciclo di produzione, per produrre ancora più elettricità.

Quella che sembra un’idea nuova – pubblicata sulla rivista Environmental Science and Technology Letters – in realtà ha già 200 anni. Fu introdotta infatti a inizio ‘800 da Sir Humphry Davy e Michael Faraday. Il loro principio si chiamava elettrolisi.

Il principio da cui si parte è l’assunto che quasi sempre una reazione chimica prevede uno scambio energetico. Anche in una soluzione, dove in particolare sono gli elettroni ad essere coinvolti, ioni che migrano in cationi o anioni.  Quando le soluzioni ad essere coinvolte sono due, ecco che la quantità di energia finale è inferiore alla somma dell’energia di partenza delle due componenti, ed è questa differenza che può essere sfruttata, dato che l’energia non può essere distrutta nè creata.

Il team olandese ha lavorato su elettrodi di materiale poroso, ottenendo della corrente tramite gas mischiato ad acqua, il gas reagendo si è trasformato in acido carbonico, che nell’elettrolisi si trasforma in ioni di idrogeno positivi e ioni di bicarbonato negativi. Inoltre, se il ph della soluzione è alto, il bicarbonato diventa un semplice carbonato e si può aumentare la concentrazione degli ioni nella soluzione semplicemente alzando la pressione di CO2.

I ricercatori olandesi durante i loro esperimenti, hanno scoperto che, mentre mettevano in contatto il loro elettrolita acquoso alternativamente con aria e con CO2, tra gli elettrodi cominciava a crearsi un flusso di energia elettrica. E dal momento che i fumi di gas combusti delle centrali elettriche a combustibili fossili costituiscono fino al 20% delle emissioni di CO2 totali, anche  queste emissioni rappresentano un potenziale da sfruttare.

Oggi questa tecniche è in via di sperimentazione e costa molto riprodurla, come da prassi per tutte le nuove scoperte. Ma confidiamo che anch’essa diventi presto accessibile su larga scala.

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Luca Scialò

Nato a Napoli nel 1981 e laureato in Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazione, scrive per TuttoGreen da maggio 2011. Collabora anche per altri portali, come articolista, ghost writer e come copywriter. Ha pubblicato alcuni libri per case editrici online e, per non farsi mancare niente, ha anche un suo blog: Le voci di dentro. Oltre alla scrittura e al cinema, altre sue grandi passioni sono viaggiare, il buon cibo e l’Inter. Quest’ultima, per la città in cui vive, gli ha comportato non pochi problemi. Ma è una "croce" che porta con orgoglio e piacere.

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