Sai qual è la pianta più velenosa del mondo?
Scopriamo insieme alcune tra le piante più velenose per l'uomo e gli animali
Qual è la pianta più velenosa? Come spesso accade in natura, non c’è una risposta univoca. Sono tante infatti le piante che possono risultare pericolose, velenose e, talvolta, anche addirittura mortali. È molto importante conoscerle, saperle riconoscere e, soprattutto, non confonderle con altre varietà magari simili ma del tutto innocue. D’altra parte, si possono trovare ovunque: nel nostro giardino o durante una passeggiata in un bosco o anche semplicemente lungo i margini di una strada. Una volta che le si hanno ben note, l’importante è non ingerirne neppure una parte. Ed è altrettanto importante anche non toccarle: ci sono infatti alcune specie che sono fortemente urticanti.
Sommario
- Pianta più velenosa: belladonna
- Pianta più velenosa: oleandro
- Pianta più velenosa: cicuta maggiore
- Pianta più velenosa: stramonio
- Pianta più velenosa: mughetto
- Pianta più velenosa: dulcamara
- Pianta più velenosa: tasso
- Pianta più velenosa: veratro
- Pianta più velenosa: mancinella
- Pianta più velenosa: panace di Mantegazza
- Pianta più velenosa: aconito napello
- Pianta più velenosa: bosso
- Pianta più velenosa: vischio
- Altri approfondimenti
Pianta più velenosa: belladonna
La belladonna è un’ erbacea perenne che può crescere fino a 150 cm. Il suo nome botanico deriva dal greco Atropos che, nella mitologia greca, era una delle tre Moire (le Parche della mitologia romana), oltre a Clòto e Làchesi. La funzione di Atropo era tagliare il filo della vita.
Questa pianta spontanea contiene l’atropina, un alcaloide che va ad agire sul sistema nervoso parasimpatico. Mangiare i suoi frutti, simili ai mirtilli, è pericolosissimo. Basta che un bambino mangi 2 o 3 bacche per avere il sopraggiungere della morte; negli adulti le quantità devono salire a 10-15 bacche.
I sintomi iniziali di avvelenamento sono nausea e vomito, tachicardia, diminuzione della diuresi, ipo-salivazione e difficoltà a deglutire. Per poi peggiorare con alterazioni della vista, vertigini, delirio, convulsioni e coma. La morte può sopraggiungere nel giro di breve tempo. Ecco perché, l’ingestione dei frutti richiede il rapido intervento di un Centro Antiveleni.
Il sintomo meno importante che provoca l’atropina è la dilatazione delle pupille. Il nome comune Belladonna fa proprio riferimento al fatto che, durante il Rinascimento, le donne la utilizzavano a mo’ di collirio per ingrandire le pupille e avere così uno sguardo più languido e seducente.
In dosi terapeutiche e sotto stretto controllo medico, l’atropina viene spesso impiegata nel trattamento dei tipici sintomi del morbo di Parkinson perché riesce ad inibire alcuni centri motori che controllano i movimenti e il tono muscolare.
Pianta più velenosa: oleandro
Una delle piante ornamentali più utilizzate. La pianta di oleandro è tossica in ogni sua parte e, in genere, l’avvelenamento è provocato dall’ingestione delle foglie che vengono confuse con l’alloro.
I primi sintomi di intossicazione sono nausea, vomito e malessere generale abbinato a uno stato di confusione mentale. In seguito cominciano a insorgere altri disturbi, quali bradicardia e polso debole o non regolare.
Pianta più velenosa: cicuta maggiore
Nota per aver portato alla morte il filosofo Socrate, la cicuta maggiore è una pianta erbacea che, in passato, fu utilizzata – in dosi bassissime – anche in rimedi medicinali per svolgere un’azione analgesica e spasmolitica.
L’intera pianta è velenosa e può provocare la paralisi neuromuscolare fino alla morte.
Attualmente, la cicuta si ritrova, in dosi controllate, all’interno di alcuni farmaci antidolorifici.
Pianta più velenosa: stramonio
Pianta erbacea annuale che può crescere in altezza fino a 2 metri. Lo stramonio si trova un po’ dappertutto perché ama i climi temperati. In Italia si trova tranquillamente anche lungo i margini delle strade. In piena estate compaiono i fiori bianchi, che restano chiusi di giorno per poi aprirsi durante la notte, emanando un profumo molto intenso. Esiste anche una varietà dai fiori viola, chiamata anche “Erba del diavolo” o “Noce velenosa”.
Nei semi della Datura stramonium c’è un’alta concentrazione di atropina e scopolamina, due alcaloidi dannosi per l’organismo umano. L’ingestione di queste tossine può portare rapidamente alla paralisi respiratoria. In quantità minori provoca solo dolori addominali e un senso di forte nausea.
Pianta più velenosa: mughetto
Questa profumatissima pianta dagli incantevoli fiorellini a campanula è potenzialmente letale per via del contenuto di glucosidi cardioattivi. Somministrato in dosi adeguate e sotto rigido controllo medico, il mughetto fa bene al cuore: ne migliora la meccanica e lo rafforza, rallenta i battiti e li regolarizza.
Come già detto, l’assunzione deve essere controllata molto attentamente da un sanitario perché le dosi tossiche si avvicinano di molto a quelle terapeutiche. I battiti aumentano e, dopo alcune fasi di aritmia, il cuore smette di battere all’improvviso.
Pianta più velenosa: dulcamara
Nota anche come Morella rampicante, si tratta di una pianta della famiglia delle Solanacee che cresce nei boschi con tanta umidità e lungo i corsi d’acqua. In estate regala fioriture pendenti di un bel viola, cui seguono bacche rosso brillante.
Il nome botanico Solanum dulcamara si riferisce al fatto che le foglie, se tenute in bocca, hanno un sapore inizialmente amaro che poi diviene dolciastro.
L’intera pianta è tossica, soprattutto le bacche che contengono la più alta concentrazione di tossine prima della avvenuta maturazione. Se le si ingerisce, provocano nausea, diarrea e allucinazioni. Nei casi più gravi, l’intossicazione può causare convulsioni, paralisi respiratoria e coma.
Pianta più velenosa: tasso
Il tasso è un albero sempreverde molto ornamentale che può superare i 15 metri di altezza. La sua tossicità era nota fin dai tempi antichi. L’intera pianta contiene principi attivi tossici.
Le sue bellissime bacche rosse, molto decorative possono avere effetto paralizzante sugli animali domestici a seguito di ingestione. Gli uccelli che abitualmente si nutrono della polpa di queste bacche risultano immuni alle tossine.
Per gli altri animali e l’uomo, invece, si rivelano assai pericolose. In caso di intossicazione grave, presentano vomito e diarrea, tremori, vertigini, calo della pressione, sbalzi d’umore, bradicardia, fino ad arrivare a convulsioni, coma e collasso. L’esito fatale può sopraggiungere nel giro di mezz’ora dalla comparsa dei primi sintomi.
Pianta più velenosa: veratro
In passato, il veratro veniva impiegato per il trattamento dell’ipertensione. Attualmente, però, questa pratica non viene più eseguita per via dell’alto grado di pericolosità della pianta stessa. L’intera pianta è tossica, in special modo nelle radici.
In caso di intossicazione, si manifestano sintomi come vomito, diarrea, bruciore di labbra e bocca, iper-salivazione, senso di vertigine, disturbi della vista, rallentamento del battito cardiaco, difficoltà a respirare, rischio di collasso.
La dose letale è di appena 2 grammi.
Il veratro viene spesso confuso con la genziana maggiore. Per distinguerli, basta ricordare che il veratro ha foglie alterne, mentre la genziana presenta foglie opposte a 2 a 2.
Pianta più velenosa: mancinella
L’Hippomane mancinella è una pianta tropicale diffusa in Florida e ai Caraibi. Il nome deriva dal greco Hippos, ovvero “cavallo” e Mania, che sta per “follia”. Si dice infatti che i cavalli che se ne nutrivano impazzissero.
Il nome comune “Mancinella”, invece, è di origine spagnola e vuol dire “piccola mela”, per la sua somiglianza sia con il frutto che con le foglie del melo.
Le foglie e i fusti di questa pianta contengono alte percentuali di “hippomane”, una tossina molto potente. Anche solo il contatto con la sua resina biancastra può causare irritazioni. Mangiare i suoi frutti può provocare gonfiore a livello della gola e problemi sia respiratori che gastrointestinali. Inoltre, i fumi della sua corteccia bruciata, rilasciano sostanze nocive che possono causare una perdita della vista momentanea.
Non è quindi casuale il fatto che, in Spagna, questa pianta venga chiamata “Manzanilla de la muerte”, ovvero “mela della morte”.
Pianta più velenosa: panace di Mantegazza
Erbacea la cui pericolosità ha indotto alcune Regioni a diramare dei veri e propri allarmi. Alta dai 2 ai 5 metri di altezza, presenta grandi foglie con tanti aculei e bianche infiorescenze a ombrello, larghe fino a 50 cm. L’intera pianta è tossica e la sua linfa provoca ustioni sulla pelle anche gravi. A contatto con gli occhi può rendere ciechi. Si tratta di una pianta velenosa piuttosto subdola perché di solito i sintomi si presentano dopo circa 24 ore.
Pianta più velenosa: aconito napello
Molto diffuso nelle zone alpine, l’Aconito napello viene spesso coltivato anche nei giardini per i suoi meravigliosi fiori: spighe alte fino a 150 cm costituite da numerosi fiori blu-violetto.
Questa pianta contiene aconitina, un veleno molto potente che, anche in piccole dosi, riesce ad agire molto rapidamente. Si tratta di una tra le specie più velenose in Europa. Sono sufficienti appena 5 milligrammi per raggiungere la dose fatale. Dopo l’ingestione, i sintomi, come formicolio a mani e piedi, brividi, sudorazione e secchezza delle fauci, compaiono nel giro di un quarto d’ora. In caso di avvelenamento grave, questa tossina porta al coma, fino alla morte. Tra l’altro, è bene sapere che l’aconitina si assorbe anche attraverso la pelle.
Pianta più velenosa: bosso
La tipica pianta onnipresente nel giardino all’italiana, bassa, squadrata, spesso utilizzata per formare bordure, siepi e labirinti è tossica in tutte le sue parti. Gli alcaloidi che si trovano all’interno del bosso, concentrati soprattutto nelle foglie e nella corteccia, sono pericolosi sia per gli uomini che gli animali. Nei casi lievi, questi alcaloidi possono provocare disturbi all’apparato digerente e dermatiti. Più grave invece l’ingestione delle fogli da parte degli animali. La bruxina, infatti, può provocare sintomi muscolari e neurologici, paralisi respiratoria e addirittura anche la morte.
Pianta più velenosa: vischio
Piccolo arbusto sempreverde tipico delle festività di fine anno. Simbolo di buon augurio, si ritiene sia in grado di tenere lontane malanni e disgrazie.
In primavera compaiono fiori poco appariscenti, a cui poi seguono bacche tonde di colore biancastro. Sono proprio queste bacche la parte più velenosa del vischio in quanto contengono una elevata concentrazione di velenosissime lecitine e tossine peptidiche. L’ingestione di appena un paio di queste bacche può essere letale per un bambino.
Altri approfondimenti
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Ultimo aggiornamento il 2 Dicembre 2022 da Rossella Vignoli
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